Che per l'ultimo tratto della vita di Bach sia divenuto normale, ancorché falso, parlare di un 'vinto', lo si deve all'errata lettura di quella che fu una polemica estetica innescata da un giovane musicista, un tal Johann Adolph Scheibe, figlio del miglior organaro di Lipsia. Il 14 maggio del 1737 l'allora ventinovenne Scheibe pubblicò un articolo su un periodico da lui fondato e diretto (Der Critische Musicus, pubblicato ad Amburgo), nel quale, dopo aver lodato il virtuoso Bach (ma senza farne mai il nome), sosteneva (cito da Buscaroli, p. 955):
Quasi tutte le biografie si fermano qui, per lasciare (ma perché, poi?) nel lettore l'immagine di un Bach criticato e isolato: in particolare è da queste false letture che continua a rimbalzare l'opinione che vede Bach osannato come virtuoso ma sottovalutato come compositore. Ma non ci si può fermare qui! La polemica con Scheibe continua fino al 1745, anno che vede la completa ritirata di Scheibe su
tutti i punti che nel 1737 aveva criticato! Isolato si ritrovò lui, dopo l'articolo del 1737: "Non aveva calcolato, il giovane critico, che quell'articolo, se gli aveva dato la sospirata notorietà, avrebbe completamente rovinato la sua reputazione futura e velato anche i suoi veri meriti. Anche dopo che riuscì a farsi una mediocre nominanza come Capellmeister, prima a Berlino, e poi a Copenaghen, non si liberò mai del suono, 'particolarmente odioso', che il suo nome aveva 'assunto presso molte persone [...] a causa delle sue aspre satire contro persone ragguardevoli, e specialmente contro il grande Bach', scrisse, nel 1756, il Capellmeister Johann Wilhelm Hertel" (Buscaroli, p. 953).
Particolarmente preziosa in questa polemica è la prima risposta che Bach fece preparare da un professore di retorica di Lipsia, Johann Abraham Birnbaum: vi si legge, mentre vengono smontate tutte le critiche dello Scheibe, che c'è
un solo Bach al mondo, frase che in bocca al (preteso) umile Cantor sembra fuori luogo, ma che invece, nero su bianco, dà la misura dell'altissima considerazione che il regio compositore Bach possedeva di se stesso.
E non si deve credere che la sua fosse un'opinione non condivisa: "'Giorno felice, nel quale Dio ti donò a noi', salutavano un compleanno di Bach, forse il cinquantesimo, alcuni versi che furono trovati tra le lettere di
Walther. 'Caro Bach! ringraziamo il Signore in te, perché di rado sarà dato al mondo un dono simile'. Ignorare o svalutare simili documenti non è lecito, perché si tratta di espressioni assolutamente non comuni, né generiche, che rivelano nei contemporanei che se ne servivano, e le facevano incidere persino su boccali di cristallo, la tranquilla consapevolezza di una condizione di 'unicità' che stava diventando opinione" (Buscaroli, p. 958). Nel 1741 un giovane letterato di Lipsia "nominava Bach come 'il celebre uomo che nella nostra città è la più grande gloria della musica e la meraviglia degl'intenditori'. Ben diverso da quanto appare oggi a assonnati ammiratori, il Signor Hof Compositeur [compositore di corte] non ci faceva la figura di un isolato o di un vinto. Meno che mai agli occhi di Scheibe, che continuava a scrivere articoli, senza trovare un posto. Nessuno voleva tra i piedi l'offensore di Bach. Continuò a ceder terreno, a rettificare, a mitigare, parlò di Bach tutte le volte che potè. Nel gennaio del 1740, discorrendo della matematica, la cui conoscenza giudicava inutile per l'arte della composizione, si chiedeva quale potesse essere il
parere 'di quel grande Bach, padrone completo di tutti i segreti dell'arte, e le cui opere sbalorditive non si possono leggere e udire senza stupefazione'" (Buscaroli, p. 978). Nel 1745 Scheibe giunse perfino ad affermare che nell'articolo del 1737 non aveva nemmeno inteso parlare di Bach... Chi è il 'vinto' qui? Il piccolo Scheibe o, come ci vogliono raccontare i 'musicologi', Bach? È proprio vero: come riportavo nell'introduzione a queste pagine 'il più grande dei compositori è il peggio servito di tutti'. Le parole di padre Florand del 1947 sono ancora vere, alla lettera.
Bene, il 'vinto' ha vinto. Ora che questo importante punto è stato chiarito, torniamo al nostro racconto. Bisogna ammettere che non restano molte opere assegnabili agli ultimi quindici anni di vita di Bach: è del 1737 un Dramma per Musica dedicato a un ministro sassone,
Angenehmes Wiederau, freue dich (BWV 30a) che, sia in questo coro
che in questa curiosa aria per alto, dalla quale ascoltiamo solo parte dell'introduzione
, denuncia fin troppo chiaramente la sua ispirazione profana; l'anno seguente verrà comunque utilizzato anche in chiesa. A proposito, sembra sempre più che a Bach la chiesa interessi molto poco: nel 1739 reagisce alla proibizione di eseguire quell'anno una Passione affermando che "non gliene importava nulla, ci rimettevano loro: per lui questa faccenda delle Passioni era un peso (
onus), di cui si sarebbe liberato volentieri. Oltre a tutto, non ci guadagnava nulla: un argomento decisivo, come sa chi lo conosca da vicino" (Buscaroli, p. 32).
Sempre del 1739 è un'interessante testimonianza, che mette a posto un'altra frottola che si continua a raccontare sulla pretesa modestia di Bach. È vero che sono di Bach le parole "dove sono arrivato io, a forza di studio e di esercizio, chiunque altro può arrivare" ma sentiamo come queste parole venivano interpretate dai contemporanei, qui
Mattheson (citato da Buscaroli, p. 976): "Ho appena letto un bel colpo da maestro, che dice: 'Dove sono arrivato io, a forza di studio e di esercizio, chiunque altro può arrivare, pur che possieda un briciolo di attitudine e di talento'. E allora ho pensato: se questo è vero, come può essere, un simile maestro, il solo nel mondo, senza che nessuno possa paragonarsi a lui?".
Il solo nel mondo, appunto. Lo si dice e ripete dal 1739, e la prima volta fu lo stesso Bach a mettere in giro la voce, nel 1737, come abbiamo appena
visto. Bella modestia! Ha un'unica attenuante: aveva perfettamente ragione!
Nel novembre del 1739 esce la terza parte della Clavier Übung (BWV 669-689, 802-805 e 552), questa volta per organo: una raccolta di elaborazioni su Corale, per i quali diventa sempre più difficile accontentarsi della comoda etichetta 'musica sacra'
, con l'aggiunta di quattro duetti e incorniciata tra un Preludio
e una tripla Fuga tra i più poderosi mai scritti da Bach. In questi anni, fino al 1741, sono documentati anche alcuni Drammi per Musica composti per la famiglia reale di Sassonia e di Polonia (che nel 1736 aveva concesso a Bach il titolo di compositore di corte, come abbiamo visto
poco fa), ma purtroppo sono tutti perduti. Dopo il 1741 Bach non compone più nulla neanche per la corte di Sassonia. È interessante osservare che nell'agosto del 1741 Bach visita a Berlino suo figlio Carl Philipp Emanuel che, dal 1738, è clavicembalista presso quel Federico che dal 1740 diverrà Re di Prussia e che passerà alla storia come Federico il Grande. Forse Bach intende spostare i propri interessi verso la Prussia, che di lì a poco diventerà una grande potenza, e il cui re è amante della musica e buon flautista. In quel periodo, però, Federico è impegnato nella prima guerra di Slesia contro Maria Teresa d'Austria e Bach non può incontrarlo: dovrà attendere fino al 1747 per poterne fare la conoscenza.
Nel novembre di questo stesso 1741 lo troviamo a Dresda, ospite per quasi tre settimane dell'ambasciatore di Russia conte von Keyserling, suo grande ammiratore. Si ritiene che in quell'occasione gli sia stata commissionata quella che diverrà la quarta parte della Clavier Übung, nota come
Variazioni Goldberg (BWV 988)
, dal nome dell'allievo di Bach che era clavicembalista presso il conte. Si tratta di una straordinaria raccolta dove alcune variazioni fondono le più ardite tecniche contrappuntistiche con un senso del 'moderno', della 'galanteria', che ne maschera completamente, all'ascolto, le difficoltà. Alzi la mano chi, senza lo spartito davanti, si è accorto che nel brano appena ascoltato le due voci superiori fanno
esattamente le stesse note, a distanza di una battuta! Io non posso alzarla... Queste variazioni verranno pubblicate nel 1742, anno nel quale vede anche la luce l'ultima delle cantate profane,
Mer hahn en neue Oberkeet (BWV 212), altro deciso accostamento all'opera buffa: sentiamo questo recitativo seguito da un'aria per soprano
e il coro finale
.
In questi anni Bach inoltre approfondisce il suo studio dello
stile antico, e sono addirittura testimoniate sue esecuzioni, dopo il 1742, di musiche cattoliche (di Palestrina, di Bassani, di Pergolesi) nelle chiese di Lipsia.
È datata 1744 la stesura definitiva del secondo libro del Clavicembalo ben Temperato (BWV 870-893)
, ma tutti questi Preludi e Fughe sono rielaborazioni di opere precedenti.
Durante la seconda guerra di Slesia, che vede la Sassonia alleata all'Austria, l'esercito prussiano assedia Lipsia il 20 novembre del 1745 e il 30 la invade; la città resterà per un mese in mano prussiana, fino alla pace di Dresda, nel Natale del 1745, quando Maria Teresa d'Austria
cede la Slesia a Federico. Il conte von Keyserling, già ambasciatore dell'Impero Russo in Sassonia, fu mandato nel 1746 a Berlino, in Prussia, da Federico II, dove non avrà mancato di parlare in toni entusiastici del compositore delle 'sue' variazioni. Presso Federico II lavorava già dal 1738 Carl Philipp Emanuel, che senz'altro avrà raccontato mirabilia del padre. Ora c'è anche l'intervento di Keyserling ed evidentemente Federico II, grande appassionato di musica e
musicista egli stesso, sente crescere l'interesse per questo mostro di bravura. I due si conosceranno infine nel maggio del 1747, a Potsdam, vicino a Berlino, durante quello che probabilmente fu l'ultimo viaggio del "famoso Capellmeister di Lipsia" come leggiamo nella gazzetta ufficiale di Berlino. Durante le due serate trascorse con il re, Bach, oltre che su tutti gli organi reperibili a Potsdam (tre), suonò anche i nuovi pianoforti che il grande organaro Silbermann costruiva e che Federico aveva comprato in blocco. In questa occasione Federico propose un
tema sul quale Bach dovette improvvisare una fuga a sei voci. Il tema regio diverrà poi la base di un grande lavoro contrappuntistico, l'
Offerta Musicale (BWV 1079), che Bach dedicherà al sovrano il 7 luglio 1747. Qui sentiamo il Canone 1 a 2, cancrizzante
. Se volete sapere cosa significa
cancrizzante, leggete
questa nota, mi pare interessante.
La visita di Bach dovette restare impressa nella memoria di Federico, se ancora nel 1774, in occasione di un concerto d'organo di uno dei figli di Bach, Wilhelm Friedmann, ne parlò all'ambasciatore d'Austria, il barone Van Swieten. Così il barone ricorda le parole del Re (riporto da Buscaroli, p. 1063): "'Fra l'altro mi parlò di musica e di un grande organista chiamato Bach, che è stato recentemente a Berlino, un artista dotato di un talento superiore a quello di chiunque io possa aver udito [...] eppure, l'opinione del Re è che quelli che hanno conosciuto suo padre non hanno trovato più chi lo eguagli, e per provarmelo cantò ad alta voce un soggetto di Fuga cromatica, che aveva dato a questo vecchio Bach...'. Ne converrete, è una delle grandi scene dell'umana cultura. Ventiquattro anni dopo la morte di questo 'vecchio Bach', ventisette dopo la comparsa alla sua corte, Federico il Grande, passata la sessantina, chiusa da più d'un decennio la tremenda serie di guerre che gli era costato strappare la Slesia a Maria Teresa, trovandosi in vena d'amabilità con l'Ambasciatore dell'Imperatrice, lo intrattenne sull'incontro con quel mai dimenticato maestro. La rivelazione trasformò il quarantunenne barone in un missionario. Si fece il suo
Apparat bachiano [raccolta di musiche] e, finito nel 1777 il servizio a Berlino, se lo portò a Vienna, dove i concerti che organizzava nella Biblioteca Imperiale, di cui era diventato Prefetto, propagarono il culto. Proprio a Van Swieten, Forkel dedicò la sua biografia di Bach" e proprio a Van Swieten Beethoven suonerà le Fughe di Bach, l'abbiamo
visto.
Nello stesso 1747 vedono la luce le
Variazioni canoniche su un corale natalizio,
Vom Himmel hoch (BWV 769), ancora un'opera della più grande maestria contrappuntistica. È in quest'opera, prima ancora che nell'incompiuta ultima fuga dell'
Arte della fuga, che compare la 'firma' musicale
BACH, dove le lettere del nome si trasformano in note (si bemolle, la, do, si naturale): "quel solitario, che pigri e inetti seguitano a figurare come un vinto, il maestro all'antica, ancora costretto al 'servizio' mentre i colleghi alla moda scrivono per il 'mercato', li ha scavalcati di decenni, di generazioni. Mentre i colleghi seguitano a servire il pubblico dei teatri e delle chiese, Bach 'segue soltanto il suo ideale artistico' (non diceva a caso Forkel) e dedica le sue composizioni a se stesso, alla ricreazione
notturna di un competente, raffinato gran signore e gran diplomatico, e le trasmette nelle mani del Capo dello Stato prussiano, la nuova Germania" (Buscaroli, p. 1087).
In questi ultimi anni completa la
Messa in si minore (BWV 232) e l'
Arte della fuga (BWV 1080)
, formidabile raccolta di contrappunti su di un unico
tema.
Tra la fine del 1748 e i primi del 1749 si manifestò una brutta malattia agli occhi che venne (purtroppo) 'curata' nella primavera del 1750 con due operazioni condotte da un
ciarlatano. Lo strapazzo causato da queste due disastrose operazioni lo condusse alla morte, il 28 luglio del 1750. Se i consiglieri di Lipsia non persero l'occasione di affermare che "il Signor Bach sarà stato senz'altro un grande
Musicus, ma non fu affatto un uomo di Scuola, mentre per questo servizio di
Cantor della
Thomas Schule bisognava scegliere una persona adatta a tutte e due le funzioni", non bisognerà aspettare molto perché chi di musica se ne intende rimetta le cose a posto:
nel 1751 scriverà W. F. Marpurg, teorico e compositore berlinese (citato da Buscaroli, p. 1116): "Come la Grecia ebbe un solo Omero, e Roma un solo Virgilio, così la Germania ha avuto un solo Bach, che, sia nell'arte della composizione che nell'interpretazione, sull'organo o sul cembalo, non ha avuto uguali nell'Europa intera, e non sarà mai superato da alcuno in futuro. Tutta la famosa armonia e l'arte di Pater Martini, lo spirito e l'invenzione di un Marcello, la melodia e il gusto di un Geminiani, l'abilità di un Alessandro [Scarlatti?], messi insieme, non riusciranno mai a fare un solo Bach". Con buona pace di chi vuole Bach dimenticato dopo la morte.
Il 'Pater Martini' citato dal Marpurg è Giovanni Battista Martini, noto come padre Martini (Bologna 1706-1784). Fu il maggior teorico musicale europeo della seconda metà del 1700, stimato anche da Mozart. In questi stessi anni Martini scriveva, da Bologna: "Stimo superfluo il voler descrivere il merito singolare del Sig. Bach, perché è troppo cognito e ammirato non solo nella Germania, ma in tutta la nostra Italia, solamente dico che stimo difficile trovare un Professore che lo superi, perché oggi giorno egli può giustamente vantarsi di essere uno de' primi che corrano per l'Europa". Con buona pace di chi vuole Bach conosciuto solo nell'orticello di casa sua.
Il monogramma di Johann Sebastian Bach