A Weimar, come sappiamo, Bach aveva già brevemente soggiornato nel 1703 e conosceva la situazione: Drese, il Capellmeister ducale, e l'organista titolare, Effer, nel 1708 avevano 64 e 70 anni rispettivamente; lui si considerava, ed era, un mostro di bravura di 23 anni. Chiaro il suo progetto: alla prossima dipartita dell'organista prima e del Capellmeister poi, avrebbe preso il loro posto. È un buon piano che, vedremo, gli riuscirà a metà. Per intanto viene assunto come organista di camera e corte, al servizio del duca Wilhelm Ernst, con stipendio doppio di quello, già alto, di Mühlhausen. Sa perfettamente di non dover comporre opere vocali per la chiesa, dove invece dovrà suonare l'organo. Con questo strumento comporrà anche molte opere profane, poiché il duca è un grande amante di questo strumento. In questo senso il nostro si troverà particolarmente bene a Weimar, ambiente ideale per sviluppare le sue capacità; nelle parole del figlio C. P. Emanuel: "il piacere che provava a dominare agilmente il suono, lo indusse a sforzarsi per padroneggiare in ogni possibile modo l'arte dell'organo".
In questi anni, diciamo fino al 1714, è quindi l'organo il principale strumento di Bach, mentre è il concerto italiano, in particolare quello di Vivaldi, il genere più udito e studiato, soprattutto per la predilezione che per il concerto dimostrava il giovane duca, e dotato musicista, Johann Ernst III, nipote di Wilhelm Ernst, alle cui dipendenze lavorava Bach. È questo il periodo in cui Bach trascrive per tastiera alcuni concerti italiani, principalmente di Vivaldi. Si compie così, con un'assimilazione non superficiale quale quella implicata nel lavoro di trascrizione, l'innesto tra lo stile severo tedesco e quello concertistico italiano, innesto che in Bach darà frutti spettacolari, e non solo nel concerto vero e proprio. In questo innesto operato da Bach ritroviamo nientemeno che "l'origine del tema 'sinfonico' del classicismo viennese, sia in senso tecnico che spirituale" (Besseler, citato da Buscaroli, p. 354). Con Bach nasce, si sviluppa e trova il suo compimento proprio nella forma più arcaica e severa di tutte, nella fuga, il tema come viene inteso in senso classico: "Col Barocco, passa l'età delle Fughe, ma il tema fondato da Bach rimane [... e attraverso i suoi figli] la potente tematica passa a Haydn e Mozart e [...] raggiunge Beethoven, che è il solo e vero destinatario ed erede del salvataggio che Bach ha operato della Fuga" (Buscaroli, p. 354). Grande eredità quella lasciata dal Bach di Weimar.
Probabilmente però, dopo sette anni consacrati all'organo, questo strumento comincia a stare stretto a Bach: ha fatto praticamente tutto quello che sentiva di dover fare e addirittura, appunto tra il 1713 e il 1714, rinuncia al posto di organista ad Halle, città molto più importante di Weimar, dove gli offrono il posto anche senza concorso, tanto grande è la sua fama. Ma si direbbe che Bach voglia star lontano dalle chiese, e soprattutto dalle chiese che pagano poco (oltretutto lui si è pure abituato fin troppo bene a stipendi superiori alla norma...). Tanto mi piace la lettera un po' arrabbiata che Bach spedisce ad Halle per chiarire che non ha alcuna intenzione di andare da loro a fare l'organista, che ne riproduco qui l'inizio, a testimonianza di un caratterino non proprio mite:
Nobilissimo, distintissimo e coltissimo, onorevolissimo Signore: che il mio rifiuto all'ambìto (così Lei lo chiama) posto di organista stupisca l'illustre Collegium della Chiesa, non stupisce affatto me se considero con quanta leggerezza avete trattato la cosa. Lei sostiene che io ho sollecitato il menzionato impiego di organista, il che è proprio il contrario di quel che risulta a me. Per quanto ne so io, appena mi presentai fu l'illustre Collegium a sollecitare me: dopo essermi presentato, io sarei subito ripartito, se il comando, e la cortese insistenza del Sig. D. Heineccius non mi avessero costretto a comporre e dirigere la nota Cantata. Per di più, non si può pretendere che uno scelga di assumere un impiego dove è trattato peggio. |
Mica male, no? Intanto, a Weimar, Bach scalpita per quel posto di Capellmeister che l'ormai settantenne Drese non regge più, tanto che proprio in questo 1714, il 2 marzo, Bach viene promosso Concertmeister, con il compito aggiuntivo di comporre una cantata al mese. Bach accetta, probabilmente considerando questa promozione come un passo avanti verso la carica di Capellmeister ma, purtroppo per lui, c'è da ritenere che il duca sia troppo contento del suo organista (e lo credo bene!) per promuoverlo a Capellmeister, ruolo nel quale dovrebbe occuparsi di più dell'orchestra e della musica sacra vocale. Bach continua quindi il suo impegno come organista e da Concertmeister fornisce una cantata al mese fino alla morte di Drese, avvenuta nel dicembre del 1716, data alla quale smette di comporne. Basta cantate: se il duca le vuole, lo promuova a Capellmeister, sembra di poter interpretare. Ma no, il duca vuole tenersi Bach come organista: invita come Capellmeister Telemann, che rifiuta, e infine, dopo circa un anno, promuove il figlio di Drese. E Bach se ne va. O almeno ci prova, e dobbiamo immaginare che richieda le dimissioni con tale veemenza da indurre il duca, adirato, a sbatterlo addirittura in prigione per un mese, dal 6 novembre al 2 dicembre del 1717! Bach però non è un improvvido: quando richiede, e c'è da presumere in modo un po' troppo arrogante, le dimissioni, ha già in tasca il nuovo posto: da Capellmeister, finalmente! In un'altra piccola corte, a Cöthen, a un centinaio di chilometri a nord-est di Weimar, dove il reggente, il giovane Leopold, lo aveva assunto già dall'agosto di quell'anno, versandogli già da quel mese - e a fondo perduto! - lo stipendio, naturalmente più che una volta e mezzo superiore di quello che Bach aveva a Weimar...
Sarà di Weissenfels la sua seconda moglie, Anna Magdalena Wilckens.
Sarà questa corte a concedere a Bach, già a Lipsia, il titolo di Capellmeister, dopo la morte di Leopold di Cöthen (19 novembre 1728).
Inoltre è importante per noi, che così possiamo affermare con quasi assoluta certezza che se Bach fosse stato interessato a comporre opere, qui ne avrebbe avuto l'occasione. Non lo fece, evidentemente la cosa non gli interessava. Che ne fosse in grado direi che è evidente, anche solo dall'assaggio di aria che abbiamo appena ascoltato.
Le opere - Weimar (1708-1717)
Sempre agli anni di Weimar si deve la raccolta erroneamente nota come I 18 corali di Lipsia (BWV 651-668), composizioni queste molto più vaste delle precedenti. Ascoltiamo da questa raccolta l'inizio di due Preludi allo stesso Corale, Nun komm, der Heiden Heiland, dove nel primo (BWV 659)
la melodia del corale si riconosce sin dall'inizio, in quello che sarebbe un 'accompagnamento', per poi librarsi, ornata, al soprano mentre nel secondo (BWV 661)
la melodia rimbomba al pedale, dopo più di mezzo minuto di festosa introduzione. Tra poco udremo come Bach tratta questo Corale in una Cantata.
Di fronte a esiti come questi viene di nuovo naturale chiedersi se siamo di fronte a musica sacra: "Il Corale abbandona la liturgia e le volte della chiesa, di ogni chiesa, per volare ai cieli della musica assoluta" (Buscaroli, p. 403).
Qui Bach è quasi più italiano degli italiani, e lo dimostrerà ancora in certi sublimi momenti orchestrali, anche nelle cantate sacre, come sentiremo tra poco. Ma Bach si ferma. È importante questo. Non vuole fare l'italiano: torna alla grande tradizione del suo paese e si volge da una parte al corale, e dall'altra alla fuga, il procedimento più arcaico di tutti, e lo rivitalizza, originando quel tema di cui abbiamo già parlato. Sentiamo il soggetto (che è il nome tecnico corretto per il tema della fuga) e l'inizio dell'esposizione (in cui le voci -solitamente 4- fanno il loro ingresso una dopo l'altra) di alcune fughe di Bach: in la minore (BWV 543)
, in do minore (BWV 537)
, in mi minore (BWV 548)
(in quest'ultima fuga, senz'altro rimaneggiata in seguito, durante gli anni di Lipsia, Bach utilizza addirittura la forma col da capo dell'opera italiana!).
Non posso lasciare l'opera per organo di Weimar senza parlare di quello che è per me il capolavoro assoluto del Bach compositore per organo: la Passacaglia in do minore (BWV 582). Si tratta di un tema, affidato ai pedali, e venti variazioni seguite da una fuga sulla parte iniziale del tema. Non ho parole. Sentiamo l'inizio di questo capolavoro tra capolavori in una interpretazione un po' eretica, ma che a me piace molto, dove il tema e le prime variazioni vengono eseguite col Tutti dell'organo
. Vi sono poi alcune variazioni in pianissimo, dove il tema è 'nascosto' ma senz'altro sempre presente
seguite da un finale ancora col Tutti. Risentiamo dunque in questa interpretazione un po' eretica la forma tripartita del concerto, motivo forse della scelta dell'organista. Più normalmente (e anche in modo più rispettoso della struttura del pezzo, direi) la Passacaglia viene eseguita suddivisa in quattro parti, con l'inizio affidato ai soli Fondi e ai Flauti
.
Possiamo considerare come 'sunto' di quanto appreso sia dagli italiani che dai francesi il Concerto italiano (BWV 971)
e l'Ouverture francese (BWV 831)
per clavicembalo, opere senz'altro rimaneggiate in seguito ma assai probabilmente concepite a Weimar. Di questo stesso periodo anche le cosiddette Suites Inglesi (BWV 806-811), che di 'inglese' non hanno proprio niente...
.
Va citata anche la formidabile Fantasia cromatica e fuga in re minore (BWV 903)
.
Il Preludio e fuga in la minore (BWV 894)
diventerà, ai tempi di Lipsia, un concerto per flauto, violino, cembalo ed archi (BWV 1044)
.
Va anche detto che molti dei concerti solitamente assegnati all'epoca di Cöthen vengono concepiti qui, comprese parti dei cosiddetti Brandenburghesi. Ne parleremo quando saremo a Cöthen.
Per concludere, vorrei citare anche la Suite in mi minore per liuto (BWV 996), la cui Bourrée
è diventata notissima da quando Ian Anderson dei Jethro Tull la trascrisse ed arrangiò per flauto (devo dire in modo formidabile; la linea del basso è da sentire! La si trova in Stand Up del 1969 e mi pare anche in Living In The Past, del 1972).
Come la precedente, anche la Cantata Nach dir, Herr, verlanget mich (BWV 150)
appartiene ai primi anni di Weimar, o forse anche prima.
Abbiamo incontrato la Cantata Ich hatte viel Bekümmernis (BWV 21) come probabile pezzo di prova per Halle. Ascoltiamo la Sinfonia iniziale
, dove l'oboe ha imparato tutto quello che doveva imparare dagli italiani, Alessandro Marcello compreso, che Bach appunto trascrive in questo periodo.
La cantata termina con un coro che sfocia subito in un fugato festoso, la testa del cui soggetto è data dalle sole note dell'accordo di do maggiore
. Come si sente, basta poco a Bach...
Sentiamo ora l'inizio di tre cantate, dove è chiaramente avvertibile l'influsso del concerto nelle prime due e quello dell'ouverture francese (con le sue note puntate) nella terza: Christen, ätzet diesen Tag (BWV 63)
, Wachet! betet! betet! wachet! (BWV 70)
e infine Nun komm, der Heiden Heiland (BWV 61, riconoscete la melodia del corale che abbiamo appena sentito in due corali per organo?)
. Sempre da quest'ultima cantata sentiamo questo recitativo
, nel quale si misura l'abisso che già separa il giovane Bach dai modelli italiani.
Per finire, il brano che conosciamo come conclusione della prima parte della Passione secondo S. Matteo (BWV 244), la Fantasia sul corale 'O Mensch, bewein dein Sünde groß'
è ancora di questi anni di Weimar. Apparteneva (probabilmente) ad una Passione della quale non resta nulla. Questa Fantasia venne anche utilizzata nel 1724 come primo pezzo della Passione secondo S. Giovanni.
Alla fine del 1717 Bach è dunque a Cöthen, al servizio del principe Leopold, appassionato di musica. Bach conosceva il principe perché la sorella di questi aveva sposato nel gennaio del 1716 un nipote del duca presso cui prestava servizio a Weimar. Il giovane principe (ai tempi era sulla ventina) era un valente musicista e stipendiava una bella orchestra, considerato che Cöthen era un principato assai piccolo. Bach trovava quindi l'ambiente che desiderava e che a Weimar il duca si ostinava a negargli: un'orchestra di buona qualità e il titolo di Capellmeister. E l'amata (?) musica da chiesa? Niente, zero assoluto: la corte era calvinista, musica da chiesa praticamente vietata: una sola cantata all'anno. Evidentemente a Bach la faccenda impensierisce poco, lui che ci vogliono convincere (ma perché, poi?) che fosse un luterano di ferro: lo impensierisce tanto poco che il primo figlio nato a Cöthen verrà battezzato nella chiesa del castello, da un ministro calvinista; tanto poco si preoccupa di cose di chiesa e tanto bene si adatta ai calvinisti che sono di questi anni i più smaglianti capolavori del Bach strumentale, dai concerti alle opere da camera ai lavori per clavicembalo.
In questi anni il rapporto tra Bach ed il giovane principe Leopold si intuisce stretto e caratterizzato da reciproca stima, forse si può parlare perfino di amicizia: almeno due volte, ma probabilmente ogni anno, il principe, insieme a Bach e ad alcuni musici dell'orchestra, trascorreva la villeggiatura estiva nella cittadina termale di Carlsbad e qui, o forse a Berlino, dove si era recato nel 1719 per l'acquisto di un clavicembalo, Bach conobbe il margravio Christian Ludwig del Brandeburgo, cui dedicò i famosi Concerti Brandenburghesi, come li chiamiamo adesso.
Fu proprio al ritorno da una di queste villeggiature, nel luglio del 1720, che Bach ebbe la brutta notizia della morte di Maria Barbara, che gli lasciò quattro figli. Era naturale allora risposarsi in fretta, di solito con una vedova esperta in questioni domestiche. Bach invece attende ben 17 mesi prima di risposarsi, e non con una vedova, ma con una donna più giovane di lui di ben 16 anni: nel dicembre del 1721 sposa la ventenne Anna Magdalena Wilckens, giovane e dotata cantante di Weissenfels. Il principe Leopold volle naturalmente partecipare alla cerimonia ma, essendo lui calvinista, il matrimonio non si potè celebrare nella chiesa luterana. Bach si sposò quindi a casa sua, con ministro e rito calvinista, a ennesima riprova della sua totale indifferenza a questioni chiesastiche.
Poco dopo il matrimonio del suo Capellmeister anche il principe Leopold si sposerà e purtroppo, presumibilmente forzato sia dai desideri della giovane sposa che dalle limitate possibilità di spesa del piccolo principato, abbandonerà il suo fino a quel momento prevalente interesse per la musica. Bach, allora trentasettenne, dovette sentire come molto precaria la sua vita professionale in un piccolo principato e si decise, pur con qualche esitazione, a concorrere per il posto di Cantor di una grande città, Lipsia, soluzione che avrebbe garantito anche l'istruzione universitaria ai figli.
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