80. 27 Novembre 1971




I.: L'autorealizzazione è solo questione di tempo, o dipende da altri fattori?
M.: Ogni attesa è futile. Affidarsi al tempo per risolvere i nostri problemi, è un auto-inganno. Il futuro, lasciato a se stesso, si limita a ripetere il passato. I cambiamenti avvengono solo al presente(1).
I.: Che cosa fa cambiare?
M.: La persuasione cristallina della necessità di cambiare, nient'altro. E poi, devi essere stanco di aspettare.
I.: L'autorealizzazione avviene nella materia o al di là? Non ha, forse, bisogno della mente e del corpo?
M.: L'esperienza è un'illusione nello spazio e nel tempo. Non farci assegnamento. La realizzazione di per sé non è un'esperienza, benché preluda a una nuova dimensione di esperienze; peraltro non più reali di quelle già vissute. Decisamente, la realizzazione non è una esperienza nuova. È piuttosto la scoperta del fattore intemporale, inerente in ogni esperienza. È la consapevolezza, che l'attua. Come la luce è il comune denominatore nei colori, così la consapevolezza è presente in ogni esperienza, benché non vi coincida.
I.: Ma se non è un'esperienza, come la si ottiene?
M.: Non occorre ottenere quello che c'è già. Apri le finestre della mente, la luce la inonderà.
I.: Che cos'è la materia?
M.: L'incomprensibile.
I.: Ma la scienza la comprende.
M.: La scienza non fa che spingere indietro le frontiere della nostra ignoranza.
I.: E che cos'è la natura?
M.: La totalità delle esperienze coscienti. Con la coscienza, appartieni alla natura. Con la consapevolezza, sei al di là. La consapevolezza è vedere la natura come mera coscienza.
I.: La consapevolezza ha molti livelli.
M.: La coscienza sì, non la consapevolezza, che è un solo blocco. Il suo riflesso nella mente è l'amore e la comprensione. Ci sono gradi di chiarezza nella comprensione e d'intensità nell'amore, ma non alla fonte, che è semplice e unica; benché i doni che dispensa siano infiniti. Non scambiare i doni per la fonte. Realizzati come fonte, non come fiume; tutto qui.
I.: Ma sono anche il fiume.
M.: Naturalmente. L'"io sono" in te è il fiume, che scorre tra le rive del corpo. Ma tu sei anche la fonte, l'oceano e le nubi nel cielo. Ovunque siano vita e coscienza, tu sei, più piccolo del minimo, più grande del massimo, sei, mentre tutto il resto appare.
I.: Il senso dell'essere e il sentirsi vivi, sono la stessa cosa o no?
M.: L'identità nello spazio crea l'uno, la continuità nel tempo l'altro.
I.: Una volta diceste che l'osservatore, l'atto di osservare e l'osservato sono una cosa sola, non tre. Per me sono tre, e separati. Non metto in dubbio le vostre parole, ma non le capisco.
M.: Se guardi attentamente, scopri che l'osservatore e l'osservato spuntano solo nell'atto di osservare: sono infatti i suoi attributi. Quando dici "io vedo questo", "io" e "questo" affiorano con la visione, non prima. Non può esserci né un "questo" non visto, né un "io" che non vede.
I.: Però posso dire "io non vedo".
M.: In questo caso "io vedo questo" è diventato "vedo che non vedo", o "vedo buio". Il vedere resta. Nella triade: conoscitore, conoscenza e conosciuto, solo il termine medio è un dato di fatto. L'"io" e il "questo" sono ipotetici. Chi conosce? Che cosa è conosciuto? L'unica cosa certa è che c'è in atto un conoscere.
I.: Perché sono sicuro della conoscenza e non del conoscitore?
M.: La conoscenza, come l'essere e l'amore, è un riflesso della tua vera natura. Il conoscitore e il conosciuto li aggiunge la mente. È nella natura della mente creare una dualità di soggetto-oggetto dove non c'è.
I.: Che cosa causa il desiderio e la paura?
M.: Ovviamente, il ricordo di dolori e piaceri passati. Il conflitto sorge solo quando desiderio e paura si appuntano sullo stesso oggetto.
I.: Si può eliminare la memoria?
M.: Non è necessario, e comunque non si può. Tutto avviene nella coscienza, e tu ne sei la radice, la fonte, il sostegno. Il mondo è un succedersi di esperienze che tu rendi coscienti, benché tu sia al di là di ogni esperienza. È come il calore, il fuoco e il legno che brucia. Il calore mantiene il fuoco che consuma il legno. Senza calore non esisterebbero né la fiamma, né il combustibile. Così, senza la consapevolezza, non esisterebbero né la coscienza, né la vita, che trasforma la materia in un veicolo della coscienza.
I.: Sostenete che senza di me il mondo non esisterebbe, e che il mondo e la conoscenza che ne ho, sono tutt'uno. La scienza è arrivata alla conclusione opposta: il mondo esiste come una cosa concreta e continua, mentre io sono un sottoprodotto dell'evoluzione biologica del sistema nervoso, il quale, prima che una sede di coscienza, è un meccanismo di sopravvivenza per l'individuo e la specie. La vostra è una visione soggettiva, mentre la scienza tenta di descrivere oggettivamente. È inevitabile questa contraddizione?
M.: La confusione è apparente e solo verbale. Ciò che è, è, né soggettivo né oggettivo. La materia e la mente non sono che due aspetti della medesima energia. Se vedi la mente come una funzione della materia, avrai la scienza; se vedi la materia come un prodotto della mente, avrai la religione.
I.: Ma qual è la verità? Che cosa viene prima, la mente o la materia?
M.: Né l'una né l'altra, perché nessuna appare da sola. La materia è la forma, la mente il nome. Insieme, fanno il mondo. Onnipervasiva e trascendente è la realtà, puro essere-conoscenza-beatitudine: la tua stessa essenza.
I.: Io conosco solo il fluire della coscienza, una successione di eventi senza fine. Il tempo scorre come un fiume, che trascina senza posa. La trasformazione del futuro in passato è ininterrotta.
M.: Non sei vittima di ciò che dici? Parli del fluire del tempo come se fossi immobile. Ma gli eventi di cui sei stato testimone ieri, qualcun altro può vederli domani. In movimento sei tu, non il tempo. Smetti di muoverti, e il tempo finirà.
I.: Che significa "il tempo finirà"?
M.: Il passato e il futuro confluiranno nell'eterno ora(2).
I.: Che significa dal punto di vista dell'esperienza concreta? Come fate a sapere che il tempo per voi è cessato?
M.: Può essere che il passato e il futuro non importino più. O che tutto ciò che è avvenuto e avverrà, diventi un libro aperto da leggersi a volontà(3).
I.: Posso immaginare una specie di memoria cosmica, che si sviluppa con un allenamento appropriato. Ma come si può conoscere il futuro? L'inatteso è inevitabile.
M.: Ciò che è inaspettato a un livello, può essere previsto con certezza su uno più alto. Dopotutto, siamo confinati nei limiti della mente. In realtà non accade nulla, passato e futuro non esistono(4); tutto appare, niente è.
I.: Che vuoi dire "niente è"? Che fate il vuoto o vi addormentate? Oppure dissolvete il mondo e ci tenete in sospeso finché un lampo del vostro pensiero ci riporta alla vita?
M.: No, non è così tremendo! La mente e la materia, il mondo dei nomi e delle forme, continuano, ma non mi toccano. È come la mia ombra, mi segue senza intralciarmi. Resta un mondo di esperienze, ma non di nomi e forme legati a me dai desideri e dalle paure. Le esperienze sono senza qualità, puro esperire, se così posso esprimermi. Le chiamo esperienze perché non ho una parola migliore. Sono onnipresenti come le onde sulla superficie dell'oceano, senza turbare la sua pacifica energia.
I.: Può esserci allora un'esperienza senza nome e senza forma, indefinita?
M.: All'inizio ogni esperienza è così. Poi subentrano il desiderio e la paura, nati dalla memoria, che impongono all'esperienza un nome e una forma, separandola dalle altre. Non è un'esperienza cosciente, perché non si oppone alle altre, tuttavia è un'esperienza a tutti gli effetti.
I.: Se non è cosciente, perché parlarne?
M.: La maggior parte delle tue esperienze non lo è. Quelle coscienti sono pochissime, ma non lo sai, perché per te contano solo loro. Diventa consapevole dell'inconscio!
I.: E come si fa?
M.: Il desiderio e la paura sono i fattori che oscurano e distorcono. Quando la mente se ne libera, l'inconscio diviene accessibile.
I.: Cioè cosciente?
M.: Al contrario. È il conscio che diviene tutt'uno con l'inconscio. La distinzione cessa, da ovunque la guardi.
I.: Non mi raccapezzo. Come si può essere consapevoli e inconsapevoli allo stesso tempo?
M.: La consapevolezza non si limita alla coscienza. Riguarda tutto ciò che esiste. La coscienza è della dualità, che nella consapevolezza è assente. La consapevolezza è un unico blocco di apprendimento allo stato puro: così come puoi parlare di un essere e di una creazione assolutamente puri: senza nome, né forma, né suono, e tuttavia realissimi, potenti, efficaci. L'indescrivibilità non li influenza. Benché non coscienti, sono essenziali. Ciò che è conscio non può cambiare sostanzialmente, può solo modificarsi. Ogni cosa, per mutare, deve passare attraverso la morte, l'oscurità e la dissoluzione. I gioielli d'oro vanno fusi prima di essere rimodellati. Ciò che si rifiuta di morire non può rinascere.
I.: A parte la morte del corpo, in che modo si muore?
M.: Ritrarsi, sparire, abbandonarsi, è morire. Per vivere pienamente devi morire; ogni fine produce un nuovo inizio. D'altra parte, solo i morti muoiono, non i vivi. Ciò che vive in te, è immortale(5).
I.: Da dove trae la sua forza il desiderio?
M.: Il nome e la forma li prende dalla memoria. L'energia sgorga dalla fonte.
I.: Alcuni desideri sono sbagliati. Come possono provenire da una fonte giusta?
M.: La fonte non è né giusta né sbagliata, né lo è il desiderio, che è solo una ricerca di felicità. Poiché ti sei identificato con quel puntino che è il corpo, ti senti perduto e insegui invano una pienezza e una completezza che chiami felicità.
I.: L'ho mai persa? Non l'ho mai avuta.
M.: Prima di svegliarti stamattina, l'avevi. Oltrepassa la coscienza e la troverai.
I.: Come faccio a oltrepassarla?
M.: Lo sai già: fàllo.
I.: Lo dite voi che lo so. È mica vero.
M.: E invece lo ripeto: lo sai già. Fàllo. Va' oltre, torna al tuo stato normale, naturale, supremo.
I.: Non capisco,
M.: Una macchiolina nell'occhio ti fa credere di essere cieco. Lavala via, e guarda.
I.: Sto guardando! Vedo buio.
M.: Invece vedi. Lava la macchia, e gli occhi ti saranno inondati di luce. La luce è lì: ti aspetta. Anche gli occhi sono pronti. Il buio che vedi non è se non l'ombra della macchiolina(6). Lìberatene, e torna al tuo stato naturale.



Tratto da Io sono Quello
Rizzoli Editore - Milano 1981, 82
Introdotto, curato e tradotto da Grazia Marchianò
Riprodotto su autorizzazione

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