In hoc apparuit caritas dei in nobis



L'amore di Dio per noi si è manifestato e ci è divenuto visibile perché Dio ha inviato il suo Figlio unico nel mondo, in modo che possiamo vivere col Figlio e nel Figlio e grazie al Figlio; giacché tutti quelli che non vivono grazie al Figlio hanno davvero torto.
Se vi fosse da qualche parte un ricco re con una bella figlia, e la desse al figlio di un povero, tutti quelli che appartengono a questa famiglia ne sarebbero elevati e nobilitati. Ora un maestro dice: Dio si è fatto uomo, perciò tutto il genere umano è elevato e nobilitato. Possiamo dunque gioire del fatto che il Cristo, nostro fratello, si sia elevato con la propria potenza al di sopra di tutti i cori angelici e si sia assiso alla destra del Padre. Questo maestro ha parlato giustamente, ma, in verità, io non vi farei tanto caso. Cosa mi importerebbe di avere un fratello ricco, mentre io sono povero? Cosa mi importerebbe di avere un fratello saggio, mentre io sono sciocco?
Dico un'altra cosa, che va più lontano: non solo Dio si è fatto uomo; molto di più: egli ha assunto la natura umana.
I maestri dicono comunemente che tutti gli uomini sono nella loro natura ugualmente nobili, ma io dico in verità: qualsiasi bene che tutti i santi hanno posseduto, e Maria, madre di Dio, e il Cristo secondo l'umanità, è mio proprio bene in questa natura. Ora potreste chiedermi: se io ho in questa natura tutto ciò che Cristo può offrirmi secondo la sua umanità, perché noi esaltiamo e veneriamo il Cristo come nostro Signore e nostro Dio? Perché egli è stato un messaggero di Dio verso noi, e ci ha portato la nostra beatitudine. La beatitudine che ci ha portato era nostra(1). Là dove il Padre genera il Figlio, nel fondo più intimo, questa natura vi è inclusa nello stesso tempo. Questa natura è una e semplice. Qualcosa può sì apparire qui all'esterno, e qualcosa esservi legato, ma non si tratta di questo Uno.
Dico ancora un'altra cosa, e più importante: chi vuole porsi direttamente nella nudità di questa natura, deve essere sfuggito a tutto quel che v'è di personale, in guisa tale da voler tanto bene ad un uomo che vive oltremare, non mai visto, quanto a chi è vicino a lui e suo amico intimo. Finché ami più te stesso di uno che non hai mai visto, hai veramente torto, e non hai mai gettato uno sguardo nella semplicità di questo fondo. Certamente puoi aver visto la verità in una riproduzione dell'immagine, come in un simbolo, ma non è questa la cosa migliore.
D'altra parte, bisogna che tu abbia il cuore puro, giacché è puro soltanto quel cuore che ha ridotto a niente tutto il creato. In terzo luogo, devi essere libero dal nulla. Si domanda cosa brucia nell'inferno. I maestri dicono comunemente che è la vo1ontà propria. Ma io dico, in verità, che è il nulla che brucia nell'inferno. Ascolta questo paragone. Si prenda un carbone ardente e lo si ponga sulla mia mano. Se dicessi che è il carbone a bruciare la mano, gli farei davvero torto. Se voglio parlare giustamente di ciò che mi brucia, devo dire che è il nulla a bruciarmi: infatti il carbone ha in sé qualcosa che la mia mano non ha. Vedete, proprio questo niente mi brucia. Se la mia mano avesse in sé tutto ciò che è carbone e che esso può compiere, avrebbe assolutamente la natura del fuoco. Chi prendesse allora tutto il fuoco che mai è bruciato e lo ponesse sulla mia mano, non potrebbe comunque farmi male. Lo dico nello stesso modo: come Dio e quelli che contemplano Dio hanno in sé, nella vera beatitudine, ciò che non hanno quelli che sono separati da Dio, questo nulla tormenta le anime che sono all'inferno più della volontà propria o di qualche fuoco. Lo dico in verità: nella misura in cui il nulla è attaccato a te, in questa stessa misura tu sei imperfetto. Se dunque volete essere perfetti, dovete essere liberi dal nulla.
Perciò il piccolo testo che vi ho presentato dice: Dio ha inviato il suo unico Figlio nel mondo. Non dovete intendere come mondo esterno, in quanto egli mangiava e beveva con noi, ma dovete intenderlo in relazione al mondo interiore. Così come il Padre, nella sua semplice natura, genera il Figlio, altrettanto naturalmente lo genera nella parte più intima dello spirito, e quello è il mondo interiore. Qui il fondo di Dio è il mio fondo, e il mio fondo il fondo di Dio. Qui io vivo secondo il mio essere proprio, così come Dio vive secondo il suo essere proprio. Per chi ha gettato anche solo un istante uno sguardo in questo fondo, per costui mille marchi d'oro rosso coniato sono come un soldo falso. È a partire da questo fondo più intimo che tu devi operare tutte le opere, senza perché. Lo dico in verità: finché compi le opere per il regno dei cieli, o per Dio, o per la beatitudine eterna, ovvero a partire dalla esteriorità, tu non sei davvero come devi essere. Si può anche accettarti così, questo è vero, ma non è la cosa migliore. Perché in verità, se qualcuno si immagina di ricevere da Dio nella interiorità, pietà, dolce rapimento e grazia particolare più che presso il focolare o nella stalla, non fa altro che prendere Dio, avvolgergli un mantello intorno alla testa e cacciarlo sotto una panca. Infatti, colui che cerca Dio secondo un modo, prende il modo e lascia Dio, che è nascosto nel modo. Ma chi cerca Dio senza modo, lo prende qual è in se stesso, ed un tale uomo vive nel Figlio, ed è la stessa vita. Se qualcuno interrogasse per mille anni la vita, chiedendole perché vive, ed essa potesse rispondere, non direbbe altro che questo: io vivo perché vivo. Per il fatto che la vita vive del suo fondo proprio e sgorga dal suo proprio essere, per questo essa vive senza perché, perché vive per se stessa(2). A chi domandasse ad un uomo sincero, che opera a partire dal suo fondo proprio, perché opera le sue opere, questi, per rispondere giustamente, non dovrebbe rispondere altro che: io opero per operare.
Là dove termina la creatura, Dio inizia ad essere. Ora Dio non desidera da te altro che tu esca da te stesso secondo il tuo modo d'essere creaturale, e che tu lasci Dio essere Dio in te. La più piccola immagine creata che si forma in te, è tanto grande quanto lo è Dio. Perché? Perché essa è per te un ostacolo ad un Dio totale. Proprio là dove entra l'immagine, Dio deve uscire, insieme a tutta la sua Divinità(3). Ma quando questa immagine esce, Dio entra. Dio desidera tanto che tu esca da te stesso secondo il tuo modo creaturale, come se tutta la sua beatitudine dipendesse da ciò. E dunque! quale è il tuo danno, mio caro, quando lasci che Dio sia Dio in te? Esci completamente da te stesso per Dio, e Dio uscirà completamente da se stesso per te. Quando entrambi escono da loro stessi, ciò che permane è l'Uno, nella sua semplicità. In questo Uno, il Padre genera il Figlio nella più intima fonte. Là fiorisce lo Spirito santo, e là sgorga in Dio una volontà che appartiene all'anima. La volontà è libera, finché non è toccata dalle creature e da tutto il creato. Dice il Cristo: Nessuno sale al cielo se non chi è disceso dal cielo. Tutte le cose sono create dal nulla, perciò la loro vera origine è il nulla, e nella misura in cui la nobile volontà inclina verso le creature, essa scorre insieme alle creature verso il loro nulla.
Adesso si pone la questione; questa nobile volontà scorre via in guisa tale da non poter mai riprendersi? I maestri dicono comunemente che essa non si riprende mai, nella misura in cui è fuggita via con il tempo. Ma io dico: quando questa volontà si allontana un attimo da se stessa e da tutto il creato, per rivolgersi verso la sua prima origine, essa si trova retta e libera, e, in questo momento, tutto il tempo perduto è recuperato di nuovo.
Molti mi dicono spesso: Pregate per me! Io penso allora: perché voi uscite? perché non rimanete in voi stessi, e non possedete in voi stessi il vostro bene proprio? Voi portate tutta la verità essenzialmente in voi(4).
Che Dio ci aiuti perché possiamo veramente permanere nella interiorità, in modo tale da possedere direttamente tutta la verità senza diversità, in una vera beatitudine. Amen.



Tratto da Opere Tedesche
A cura di Marco Vannini
La Nuova Italia Editrice - Firenze, 1982
Riprodotto su autorizzazione

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