I.: Ho vagabondato da un posto all'altro, indagando sulle varie pratiche yoga, senza decidere quale mi fosse più adatta. Vorrei un consiglio da intenditore. Personalmente, dopo tanto cercare, ne ho abbastanza di trovare la verità: mi sembra un'idea superflua e complicata. Si può godere la vita com'è, e non vedo perché si debba migliorarla.
M.: Libero di contentarti. Ma sei certo di riuscirci? Gioventù, forza, denaro: tutto passerà prima di quanto credi. La sofferenza evitata ti perseguiterà. Se vuoi oltrepassare la sofferenza, devi incontrarla a metà strada e abbracciarla. Abbandona le tendenze abituali, vivi una vita semplice e sobria, non far male a nessun essere vivente: questo è il fondamento dello yoga. Per trovare la realtà, devi essere reale in ogni minima azione quotidiana; nella ricerca della verità non c'è inganno. Dici che la tua vita è piacevole. Può darsi - al momento -. Ma chi ne gode?
I.: Confesso di non conoscere chi gode, né la cosa goduta. Conosco solo il godimento.
M.: Giusto. Ma il godimento è uno stato della mente: va e viene. È la sua impermanenza che lo rende percepibile. Non puoi essere consapevole di ciò che non cambia(1). La coscienza è sempre del cambiamento. Ma la percezione del cambiamento non esige uno sfondo immutabile?
I.: Proprio no. È il confronto tra la memoria dello stato di prima e l'attualità di quello presente, che dà il senso del cambiamento.
M.: Tra la cosa ricordata e quella attuale, c'è una sostanziale differenza di genere, che puoi verificare di momento in momento, a parte la diversa intensità. In nessun punto del tempo, lo stato attuale è quello ricordato. L'attuale è inconfondibile, e nessuno sforzo di immaginazione o volontà può farti scambiare l'uno con l'altro. Ora, che cosa dà questa qualità unica all'attuale presente?
I.: L'attuale è reale, mentre c'è una buona dose di incertezza nel ricordato.
M.: Ottimo, ma perché? Un attimo fa il ricordato era attuale, fra un attimo l'attuale diverrà ricordato. Che cosa rende unico l'attuale? Ovviamente, la tua coscienza del presente. Il ricordo e l'anticipazione sono degli stati che osservi, mentre nell'attuale ti senti pienamente presente e consapevole.
I.: È vero. È la consapevolezza che rende diversi l'attuale e il ricordato. Al passato o al futuro, si pensa. Ora, si è.
M.: Il senso del qui-ora è con te ovunque e sempre. Questo significa che non dipendi dallo spazio e dal tempo, che essi sono in te, non te in loro. La sensazione di finitezza dipende dall'identificazione con il corpo, limitato com'è nello spazio e nel tempo. Nella realtà sei infinito ed eterno(2).
I.: Come faccio a conoscere questo me stesso eterno e infinito?
M.: Domàndati se quello che vuoi conoscere, è un te stesso diverso. Di quanti te sei fatto? Certo ce n'è uno solo, e tu sei quello. Il te che sei, è unico. Abbandona le idee sbagliate su di te ed eccolo là, in tutta la sua gloria. È solo la mente che t'impedisce di conoscerti.
I.: Come faccio a liberarmi della mente? È possibile, umanamente, una vita senza mente?
M.: Non c'è la mente. Ci sono idee, e alcune sono errate. Abbandonale, perché sono false e ostruiscono la visione che hai di te stesso.
I.: Quali sono le idee false e quelle vere?
M.: Generalmente le affermazioni sono false, e le negazioni vere.
I.: Non si può vivere negando tutto!
M.: Si può vivere solo negando. L'affermazione ti rende schiavo. È necessario mettere in dubbio e negare. È l'essenza della rivolta, e senza rivolta non può esserci libertà.
Non c'è un sé diverso, un essere più alto, da cercare. Sei già quel sé, purché abbandoni le false idee sul tuo conto. Fede e ragione, insieme, ti dicono che non sei né il corpo con i suoi desideri e paure, né la mente con le sue idee fantasiose, né il ruolo che la società t'impone, né la persona che si suppone tu sia. Abbandona il falso, e la verità verrà a galla da sola.
Dici di volerti conoscere. Ma sei te stesso: non puoi essere alcun altro. Il conoscere è forse separato dall'essere? Quello che puoi conoscere con la mente è suo, non tuo; di te puoi solo dire: "sono, sono consapevole, mi sta bene".
I.: Essere vivi è doloroso.
M.: Non puoi essere vivo perché sei la vita stessa. Non soffri tu, ma la persona che immagini di essere. Dissolvila nella consapevolezza. È solo un grappolo di ricordi e abitudini. Dalla consapevolezza dell'irreale a quella della tua vera natura c'è un varco che colmerai facilmente quando avrai padroneggiato l'arte della pura consapevolezza.
I.: So solo che non mi conosco.
M.: E come lo sai, se l'intuito ti dice che il primo oggetto di conoscenza sei tu stesso, e che senza di te che ne fai esperienza, niente esiste? Immagini di non conoscerti perché non puoi descriverti. Puoi sempre dire "so di essere", e respingerai come falsa la dichiarazione: "io non sono". Ma qualsiasi cosa che si possa descrivere non è te, e ciò che sei non si può descrivere. Puoi conoscerlo solo essendo te stesso, senza tentare di definirti e di descriverti. Quando avrai capito che non sei nulla di percepibile o concepibile, e che tutto ciò che appare nel campo della coscienza non può essere te, ti dedicherai a sradicare ogni auto-identificazione, perché questa è la sola via per incontrare te stesso. Letteralmente è la spinta all'indietro che ti fa andare avanti: lo stesso principio del motore a reazione. Sapere che non sei né nel corpo né nella mente anche se consapevole di ambedue, è già l'autoconoscenza.
I.: Se non sono il corpo e la mente, in che modo ne sono consapevole? Come posso percepire una cosa se mi è estranea?
M.: "Niente è me" è il primo passo. "Tutto è me", il successivo. E l'uno e l'altro dipendono dall'idea "C'è il mondo". Quando abbandoni anche questa, resti ciò che sei: il sé senza due. Lo sei qui-ora, ma la tua visione è impedita dalle false idee su di te.
I.: Va bene, ammetto che sono, sono stato, e sarò; almeno dalla nascita alla morte. Non ho dubbi sul mio essere, qui-ora. Ma non mi basta. La mia vita manca della gioia che proviene dall'armonia fra interno e esterno. Se io solo sono, e il mondo è una proiezione, perché c'è disarmonia?
M.: Sei tu che la crei e poi te ne lamenti! Quando desideri e temi, e ti identifichi coi sentimenti, crei la sofferenza e la schiavitù. Quando crei con amore e saggezza, senza identificarti con le tue creazioni, il risultato è l'armonia e la pace. Ma qualunque sia lo stato della mente, in che modo si riflette su di te? Non vedi che è l'identificazione con la mente, che ti rende felice o no? Sottraiti a questa schiavitù, spezza i legami che hai prodotto da te, e rompi le catene dell'attaccamento e della ripulsa. Tieni a mente il tuo obiettivo di libertà, e ti accorgerai che sei già libero, che la libertà non è qualcosa da guadagnare a fatica in un lontano avvenire, ma uno strumento che è tuo da sempre! La liberazione non è un acquisto, ma una questione di audacia, il coraggio di credere che sei già libero, e di agire in conseguenza.
I.: Se faccio come mi pare, soffrirò.
M.: Ciò nonostante, sei libero. Le conseguenze della tua azione dipenderanno dalla società in cui vivi, e dalle sue convenzioni.
I.: Posso agire incautamente.
M.: Col coraggio emergeranno la saggezza e la compassione, e l'abilità nell'azione. Saprai il da farsi, e ciò che farai sarà un bene per tutti.
I.: Gli aspetti del mio essere sono in guerra tra loro, e non ho pace. Dove sono la libertà e il coraggio, la saggezza e la compassione? Le mie azioni si limitano ad ingrandire l'abisso in cui vivo.
M.: È perché presumi di essere qualcuno o qualcosa. Arrèstati, guarda, indaga, poni le giuste domande, arriva alle giuste conclusioni, abbi il coraggio di agire in base ad esse, e vedi che succede. I primi passi potranno farti cadere il soffitto sulla testa, ma presto la nebbia si diraderà e ci saranno pace e gioia. Moltissime cose sai su di te, ma ignori il conoscitore. Scopri chi sei, il conoscitore del conosciuto. Guàrdati dentro con diligenza, ricòrdati di ricordare che la cosa percepita non può essere il percettore. Tutto ciò che vedi, ascolti, o pensi, ricorda: non sei quello che accade, ma colui al quale accade. Immergiti profondamente nell'"io sono", e scoprirai che il centro di percezione è universale, come la luce che illumina il mondo. Tutto quello che accade nell'universo, accade a te: il testimone silenzioso. E tutto ciò che viene fatto, lo fai tu: l'inesauribile energia universale.
I.: Senza dubbio, è gratificante essere definiti il testimone silenzioso o l'energia universale. Ma come si fa a passare da una formula verbale alla conoscenza diretta? Ascoltare non è conoscere?
M.: Prima di poter conoscere direttamente, non a parole, devi conoscere il conoscitore(3). Finora hai scambiato la mente per il conoscitore, ma non è così. La mente ti ostacola con immagini e idee che lasciano delle cicatrici nella memoria. Confondi il ricordo con la conoscenza. La vera conoscenza è sempre fresca, nuova, imprevista. Sgorga dall'interno. Quando sai ciò che sei, sei anche ciò che sai. Tra il conoscere e l'essere, non c'è frattura.
I.: Posso indagare sulla mente solo con la mente.
M.: Certo, usala per conoscerla. È legittimo, ed è anche l'addestramento più adatto a scavalcarla. L'essere, la conoscenza e il godimento sono tuoi. Prima incontra il tuo essere. È facile, perché l'"io sono" è sempre con te. Poi verìficati come il conoscitore, separato dal conosciuto. Quando ti scopri come puro essere, l'estasi della libertà è tua.
I.: Che yoga è questo?
M.: Che t'importa? Se sei qui, è perché sei scontento della vita come appare a te, ossia una vita del corpo e della mente. Puoi cercare di migliorarla, disciplinandola e uniformandola a un ideale, o puoi recidere il nodo dell'auto-identificazione, e guardare il corpo e la mente come qualcosa che accade, ma che non ti coinvolge in alcun modo.
I.: Devo chiamare la via del controllo e della disciplina: raja yoga, e quella del distacco: gnana yoga? E l'adorazione di un ideale: bhakti yoga?
M.: Se ci tieni. Le parole indicano, non spiegano. La via che mostro, è quella semplice e antica della liberazione attraverso la comprensione. Comprendi la tua mente, e la presa che ha su di te si spezzerà. La mente fraintende, il malinteso è la sua natura. L'unico rimedio è la giusta comprensione, comunque la chiami. È il più antico e il più recente, perché tratta la mente per quello che è.
Nulla di ciò che fai ti cambierà, perché non ti occorre cambiare. Puoi cambiare la mente o il corpo, ma sarà sempre qualcosa di estrinseco che cambia, non tu. Perché preoccuparsi di cambiare? Renditi conto una volta per tutte che né il corpo, né la mente, e neppure la coscienza, sono te, e instàllati solo nel tuo vero essere, oltre la coscienza e la non-coscienza. Nessuno sforzo ti ci può portare, solo la chiara comprensione. Snida i malintesi e abbandonali. Non c'è niente da cercare e trovare, perché niente stato perduto(4). Rilàssati e osserva l'"io sono": la realtà è lì, appena dietro l'angolo. Sii quieto, in silenzio: la vedrai emergere; o piuttosto, ne sarai assorbito.
I.: Non devo prima liberarmi del corpo e della mente?
M.: Non puoi, perché proprio quell'idea ti vincola ad essi. Lìmitati a capirli e a ignorarli.
I.: È impossibile: non sono integrato.
M.: Se anche lo fossi, con pensieri e azioni armonizzati tra loro, che vantaggio ne avresti? Non per questo cesseresti di scambiarti per il corpo o la mente. Convinciti che non sono te, questo è tutto.
I.: Volete che mi ricordi di dimenticare!
M.: Così pare. Eppure non è impossibile. Basta essere seri. Il tuo brancolare al buio è promettente. Il tuo stesso cercare è la scoperta. Non fallirà.
I.: Soffriamo perché non siamo integrati.
M.: Soffriremo finché penseremo e agiremo sotto la spinta dei desideri e delle paure. Vedine la futilità e il pericolo, e tutto il disordine che ne risulta sarà eliminato. Non cercare di riformarti, lìmitati a vedere la futilità di ogni cambiamento. Il mutevole non fa che cambiare, mentre l'immutabile attende. Non aspettarti che il mutevole ti porti all'immutabile: non succederà mai. Solo quando l'idea di cambiamento è vista nella sua falsità e abbandonata, l'immutabile può subentrare.
I.: Ovunque vada, mi si dice che devo cambiare radicalmente per incontrare il reale. Questo processo di deliberato cambiamento è definito yoga.
M.: I cambiamenti influenzano la mente. Per essere ciò che sei, devi oltrepassarla, e accedere al vero essere. Poco importa come sia fatta la mente che hai varcato, visto che te la lasci alle spalle. E ciò, d'altra parte, è impossibile se non ti realizzi.
I.: Che cosa è prioritario: l'abbandono della mente o la realizzazione di sé?
M.: Senz'altro la realizzazione. La mente non può oltrepassarsi da sola. Deve esplodere.
I.: Nessuna esplorazione prima dell'esplosione?
M.: L'energia esplosiva viene dal reale. Ma per parte tua devi collaborare affinché la mente sia pronta ad accoglierla. La paura può sempre creare ritardi, costringendo ad attendere un'altra occasione.
I.: Pensavo che ci fosse sempre una possibilità.
M.: In teoria, sì. In pratica deve sorgere una situazione in cui siano presenti tutti i fattori necessari alla realizzazione. Questo non deve scoraggiarti. Il tuo concentrarti sull'"io sono", creerà presto la nuova occasione. È l'atteggiamento che l'attrae. Ogni altra conoscenza è indiretta. Solo l'"io sono" è di prima mano, e non ha bisogno di prove. Attieniti a esso.