88. 22 Gennaio 1972




I.: La vostra esperienza dei tre stati di veglia, sogno e sonno profondo, è simile a quella comune?
M.: Per me tutti e tre equivalgono al sonno. Il mio stato è oltre. Quando vi guardo, mi sembrate tutti addormentati, intenti a sognare mondi di vostra invenzione. Io sono consapevole, perché non immagino. Non è il samadhi, che è un altro tipo di sonno. È proprio uno stato non influenzato dalla mente, libero dal passato e dal futuro. Il tuo è alterato dal desiderio e dalla paura, dai ricordi e dalle speranze; il mio è com'è: normale. Essere una persona è come stare nel sonno.
I.: Tra il corpo e la pura consapevolezza c'è l'"organo interno", antahkarana, il "corpo sottile", "mentale", o comunque lo si voglia chiamare. Come uno specchio vorticante spezza la luce del sole e la inscrive in un disegno variegato di strisce e colori, così il corpo converte la pura e brillante luce dell'essere in un mondo diversificato. Il vostro insegnamento l'ho capito così. Quello che non afferro è l'origine di questo corpo sottile.
M.: Si crea con l'emergere dell'"io sono". I due sono tutt'uno.
I.: Come emerge l'"io sono"?
M.: Nel tuo mondo tutto deve avere un principio e una fine. Se non li ha, lo chiami eterno. Per me, non c'è principio e non c'è fine: che sono comunque legati al tempo. L'essere senza tempo è ora(1).
I.: L'antahkarana, o "corpo sottile", è reale o irreale?
M.: È momentaneo. Reale quando c'è, irreale quando non è più.
I.: Di che realtà si tratta? È momentanea?
M.: Chiamala empirica, concreta, attuale. È la realtà dell'esperienza immediata, qui-ora, innegabile. Puoi discutere sulla descrizione e il significato, ma non sull'evento in sé. L'essere e il non-essere si alternano, e la loro realtà è momentanea. La realtà immutabile si trova oltre lo spazio e il tempo. Renditi conto della momentaneità dell'essere e del non-essere, e siine libero.
I.: Le cose possono essere transitorie, tuttavia si accompagnano a noi per un buon tratto, e si ripetono all'infinito.
M.: I desideri sono forti. È il desiderio che causa l'iterazione. Non c'è ritorno periodico senza il desiderio.
I.: E la paura?
M.: Il desiderio appartiene al passato, la paura al futuro. Il ricordo delle sofferenze passate, e il timore del loro ritorno, ci mette in ansia per il futuro.
I.: C'è anche la paura dell'ignoto.
M.: Chi non ha sofferto non ha paura.
I.: Siamo condannati a temere?
M.: Solo fino a quando non sapremo osservare la paura, e accettarla come l'ombra dell'esistenza personale. In quanto siamo persone, la paura è inevitabile. Abbandona ogni equazione personale, e te ne libererai. Non è difficile. La mancanza di desiderio viene da sé, quando lo riconosci come falso. Non occorre combatterlo. In ultima analisi, è un bisogno di felicità, naturale finché c'è la sofferenza. Lìmitati a vedere che non c'è felicità in ciò che desideri.
I.: Siamo attaccati al piacere.
M.: Ogni piacere è avvolto nel dolore. Presto scoprirai che non puoi avere l'uno senza l'altro.
I.: C'è lo sperimentatore e c'è l'esperienza. Che cosa li lega?
M.: Niente. Sono tutt'uno.
I.: Ho l'impressione che ci sia una trappola, da qualche parte, ma non so dove.
M.: Nella tua mente, che insiste a vedere la dualità dove non c'è.
I.: Quando vi ascolto, la mia mente è tutta assorbita nel presente, e sono sbalordito di non avere domande.
M.: Puoi conoscere la realtà solo quando sei sbalordito.
I.: La causa dell'ansia e della paura è dunque la memoria. Quali sono i metodi per farla cessare?
M.: Non ci sono metodi. Ciò che riconosci come falso, si dissolve. L'illusione dilegua naturalmente, quando è riconosciuta. Indaga: questo è tutto. Non puoi distruggere il falso, perché lo crei continuamente. Ritraiti, ignoralo, oltrepassalo, e cesserà di esistere.
I.: Anche il Cristo parla di ignorare il male ed essere come bambini.
M.: La realtà è comune a tutti. Solo il falso è personale.
I.: Quando osservo gli asceti, ed esamino le teorie in base alle quali vivono, trovo che essi non hanno fatto che sostituire, ai desideri materiali, ambizioni "spirituali". Da come parlate, si direbbe che "spirituale" e "ambizione" siano incompatibili. Se "spiritualità" implica libertà dall'ambizione, che cosa spinge allora il ricercatore? Secondo le filosofie dello yoga il desiderio di liberazione è un requisito essenziale. Non è forse la più alta forma di ambizione?
M.: L'ambizione è della persona, la liberazione è dalla persona. Nella liberazione, sono scomparsi sia il soggetto che l'oggetto dell'ambizione. Serietà non significa struggersi per i frutti dei propri sforzi. È il segno di una diversione interiore da ciò che è falso, superfluo, personale.
I.: L'altro giorno dicevate che non possiamo nemmeno immaginare di diventare perfetti prima che sia avvenuta la realizzazione, perché l'origine di tutte le perfezioni è il sé, non la mente. Se il requisito della liberazione non è l'eccellenza nella virtù, qual è allora?
M.: La liberazione non è il risultato di un'abile applicazione di metodi, o di un insieme di circostanze. È oltre il processo di causa-effetto. Nulla può forzarla né impedirla.
I.: Allora perché non siamo liberi, qui, subito?
M.: Ma lo siamo! È la mente, che immagina la schiavitù(2).
I.: Che cosa porrà fine all'immaginazione?
M.: Perché dovrebbe finire? Piuttosto, rimuovi dalla mente l'idea che l'avvelena - che sei una persona separata e isolata - e lasciala sola. La liberazione della mente consiste nel tenerla al posto suo, intenta al suo lavoro. È come dire: la mente è la moglie del cuore e il mondo è la loro casa - da tenere lustra come uno specchio, e felice -.
I.: Perché la liberazione non avviene subito, se è vero che nulla la ostacola?
M.: Certo che potresti liberarti subito; l'impedimento è che sei più interessato ad altre cose(3). E i tuoi interessi non puoi combatterli. Devi pedinarli, trafiggerli da parte a parte, e vederli emergere quali sono: errori di giudizio e valutazione.
I.: Mi aiuterà andare a vivere accanto a un sant'uomo?
M.: I grandi santi sono sempre a portata di mano, tu non li riconosci. Come sapresti chi è grande e santo? Per sentito dire? E puoi fidarti degli altri, in casi del genere, o anche di te stesso? Per convincerti senz'ombra di dubbio, ti occorre più di una commendatizia, assai più di un'esaltazione momentanea. Puoi imbatterti in un sant'uomo o in una santa donna, davvero grandi, e non accorgerti nemmeno, per lungo tempo, della tua fortuna. Al figlio di un grand'uomo ci vorrà molto per riconoscere l'eccellenza del padre. Devi maturare per riconoscere la grandezza, e purificare il cuore per scorgere la santità. Altrimenti spenderai tempo e denaro invano, e perderai anche ciò che la vita ti offre. Tra i tuoi amici ci sono tante brave persone: puoi imparare molto da loro. Correre dietro ai santi è solo un altro gioco con cui trastullarsi. Ricòrdati di te, invece, e osserva senza intermissione la tua vita quotidiana(4). Se sei serio, spezzerai i lacci della disattenzione e dell'immaginazione.
I.: Devo lottare da solo?
M.: Solo non sei mai. Ci sono poteri e presenze che ti soccorrono fedelmente. Puoi percepirli o no, ma sono reali e attivi. Quando comprenderai che tutto è nella mente, che tu sei oltre, e proprio solo, allora tutto sarà te.
I.: Che cos'è l'onniscienza? È onnisciente Dio? E voi? Quando dite: testimone universale, che significa? L'autorealizzazione implica l'onniscienza, o è una questione di allenamento?
M.: Perdere ogni interesse alla conoscenza, porta all'onniscienza, che è il dono di conoscere ciò che va conosciuto al momento giusto, per agire nel modo giusto. Dopotutto la conoscenza è necessaria all'azione, e se agisci rettamente, spontaneamente, senza che la coscienza s'intrometta, tanto di guadagnato.
I.: Si può conoscere la mente di un altro?
M.: Vedi di conoscere prima la tua. Contiene l'universo e ce n'è d'avanzo!
I.: La vostra ipotesi sarebbe che lo stato di veglia non è sostanzialmente diverso dal sogno e dal sonno profondo. I tre stati sarebbero un caso di errata auto-identificazione col corpo. Può darsi, ma non mi pare che sia tutta la verità.
M.: Non cercare di conoscere la verità, perché la conoscenza ottenuta con la mente non è autentica(5). Però puoi conoscere ciò che non è vero: il che è sufficiente a liberarti dal falso. L'idea di conoscere il vero è pericolosa, perché ti tiene imprigionato nella mente. Solo quando ignori, sei libero d'indagare. E senza indagine non c'è salvezza, perché la causa principale della schiavitù è la mancanza d'indagine.
I.: Dite che l'illusione del mondo principia dall'"io sono", ma quando vi domando la sua origine, rispondete che non l'ha, perché si dissolve non appena la s'indaga. Una cosa tanto solida da costruirci sopra il mondo, non può essere solo illusoria. L'"io sono" è l'unico fattore immutabile di cui abbia coscienza: come può essere falso?
M.: Non è falso l'"io sono", ma ciò per cui ti prendi. Io vedo in trasparenza che tu non sei chi credi di essere. Logico o no, non posso negare ciò che è ovvio. Non sei nulla di cui tu sia cosciente. Àpplicati con diligenza a separare la struttura che hai costruito nella mente. Ciò che la mente ha fatto, la mente deve disfare.
I.: Mente o no, non potete negare il presente. Ciò che è ora, è. Potete discutere sull'apparenza, ma non sul fatto. Che cosa c'è alla radice del fatto?
M.: L'"io sono" è alla radice di tutte le apparenze, il legame stabile nella serie di eventi che chiamiamo vita; ma io sono oltre l'"io sono".
I.: Vedo che i realizzati descrivono i loro stati interiori con termini mutuati dalla religione cui appartengono. Capita che voi siate indù, e perciò parlate di Brahma, Vishnu e Shiva e ricorrete a concetti e immagini delI'Induismo. Diteci, per favore, qual è l'esperienza dietro le vostre parole. A quale realtà si riferiscono?
M.: È il mio modo di parlare, la lingua che mi hanno insegnato a usare.
I.: Ma che cosa c'è oltre il linguaggio?
M.: Come faccio a esprimerlo, se non per negazioni? Per questo dico: senza-tempo, senza-spazio, senza-causa. Anche queste sono parole; ma poiché indicano un'assenza, si adattano al mio scopo.
I.: Se sono prive di senso, perché le usate?
M.: Perché tu chiedi parole dove le parole non si applicano.
I.: E rieccoci! Mi avete di nuovo rubato la domanda!



Tratto da Io sono Quello
Rizzoli Editore - Milano 1981, 82
Introdotto, curato e tradotto da Grazia Marchianò
Riprodotto su autorizzazione

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