46. 20 Marzo 1971




I.: Di professione, sono medico. Mi sono dedicato dapprima alla chirurgia e poi alla psichiatria, anche scrivendo libri sulla salute mentale e la guarigione attraverso la fede. Sono qui per apprendere le leggi della salute spirituale.
M.: Quando ti applichi su un paziente, che cosa esattamente cerchi di curare? Che cos'è una cura? Quando si può dire che un uomo è curato?
I.: Mi adopero a curare il corpo, e a migliorare il rapporto tra il corpo e la mente. Poi cerco anche di raddrizzare la mente.
M.: Hai esaminato il nesso tra mente e corpo? Fino a che punto sono collegati?
I.: La mente sta tra il corpo e la coscienza, che vi è insediata.
M.: Il corpo non è fatto di cibo? Può esistere una mente non alimentata?
I.: Il corpo è costruito e sostenuto dal cibo. Senza il cibo la mente si debilita. Ma non è fatta di solo cibo. Esiste un fattore di trasformazione che crea nel corpo la mente. Qual è questo fattore?
M.: Come il legno produce il fuoco che non è il legno, così il corpo produce la mente che non è il corpo. Ma a chi appare la mente? Chi è il percettore del grappolo di pensieri e sentimenti che chiami mente? C'è il legno, il fuoco e colui che gode del fuoco. Chi gode della mente? Colui che ne gode è anch'esso un risultato del cibo, o è indipendente?
I.: Il percettore è indipendente.
M.: Come lo sai? Parla per la tua esperienza. Tu non sei né il corpo né la mente. Ma dici di esserlo. Come lo sai?
I.: Veramente non lo so. Lo presumo.
M.: La verità è stabile, il reale è immutabile. Ciò che muta non è reale, ciò che è reale non muta. Ora, che cos'è in te che non muta? Finché c'è il cibo, c'è il corpo e c'è la mente. Quando il cibo è finito, il corpo muore e la mente è dissolta. Ma l'osservatore scompare?
I.: Presumo di no. Non ho prove.
M.: Tu stesso sei la prova. Non hai, né puoi avere, altre prove. Sei te stesso, conosci e ami te stesso. Qualunque cosa faccia la mente, lo fa per amore del proprio sé. La vera natura del sé è amore. È l'amato, l'amante l'amabile. È il sé, che rende il corpo e la mente così seducenti, così amati. La stessa attenzione di cui sono oggetto proviene dal sé.
I.: Se il sé non è il corpo né la mente, può esistere senza di loro?
M.: Sì che può(1). È un fatto di concreta esperienza che il sé sia indipendente dalla mente e dal corpo. Essere-coscienza-beatitudine è la sua natura. La consapevolezza di essere è beatitudine.
I.: Può essere un fatto di concreta esperienza per voi, ma non è il mio caso. Vorrei tanto sapere come ci si arriva; ci sono pratiche, esercizi da fare?
M.: Per sapere che non sei il corpo-mente, ossèrvati costantemente e vivi ignorando l'uno e l'altra, perfettamente appartato, come morto. Significa che non avrai investito interessi inutili né nel corpo né nella mente.
I.: È pericoloso!
M.: Non ti chiedo di suicidarti, né lo potresti. Puoi solo uccidere il corpo, ma non arrestare il processo mentale, né porre fine alla persona che pensi di essere. Semplicemente, procura di non farti influenzare. Questo distacco e disinteresse per la mente e il corpo, è la prova migliore che al centro del tuo essere non sei loro. Può darsi che tu non sia in grado di cambiare ciò che accade al corpo e alla mente, ma ti è sempre possibile cessare d'immaginarti come il corpo-mente. Quanto più tieni a ricordare ciò che va ricordato, tanto prima sarai consapevole di te come sei, perché la memoria diventerà esperienza. La serietà rivela l'essere. Ciò che è immaginato e voluto si realizza(2): qui sta sia il pericolo che la via d'uscita.
Ora dimmi, quali iniziative hai preso per separare il vero te stesso, ciò che in te è immutabile, dal corpo e dalla mente?
I.: Ve l'ho detto, sono un medico, ho studiato a lungo, mi sono imposto una rigida disciplina con esercizi e digiuni periodici, e sono vegetariano.
M.: Ma nella profondità del tuo cuore, che cosa vuoi?
I.: Trovare la realtà.
M.: Quale prezzo sei disposto a pagare?
I.: In teoria sono pronto a pagare qualsiasi prezzo; di fatto, mi sono sempre comportato in modi che si sono frapposti tra me e la realtà. Il desiderio mi trascina lontano.
M.: Accresci, allarga i tuoi desideri finché niente di meno della realtà potrà appagarli. Non è sbagliato il desiderio, ma la sua piccolezza! Il desiderio è devozione. Dèdicati totalmente al reale, che è l'infinito, eterno cuore dell'essere. Converti il desiderio in amore. Hai solo bisogno di essere felice. Tutti i desideri, comunque siano, esprimono il tuo immenso desiderio di felicità. Fondamentalmente, ti auguri il bene.
I.: So che non dovrei...
M.: Aspetta! Chi ti ha detto che non dovresti? Che c'è di sbagliato nel voler esser felice?
I.: Il sé deve sparire, lo so.
M.: Ma è lì, come il tuo desiderio di felicità. Perché? Perché ti ami. Àmati, più che puoi: con saggezza. È un errore amare se stessi in modo stupido, o infliggersi il dolore. Sia l'indulgenza che il rigore obbediscono allo stesso scopo: farti felice. L'indulgenza è la via stupida, la severità quella saggia.
I.: Che cos'è l'austerità?
M.: Dopo aver attraversato un'esperienza, il non riattraversarla è austerità. Evitare il superfluo, è da austeri(3). E così, non anticipare il piacere o il dolore, avere sempre il controllo di ciò che accade, significa esser austeri. Il desiderio, di per sé, non è sbagliato. È la vita stessa, la spinta ad accrescere la conoscenza e l'esperienza. Piuttosto, sono sbagliate le scelte che fai. Immaginare che cose di poco conto - il cibo, il sesso, il potere, la fama - possano rendere felice, significa ingannare se stessi.
I.: Se non c'è niente di sostanzialmente sbagliato nel desiderio come espressione di amore per se stessi, come trattarlo?
M.: Vivi la tua vita in maniera intelligente, senza mai perdere di vista gli interessi del te stesso più profondo. Dopotutto, che cosa vuoi realmente? Non la perfezione, perché sei già perfetto, ma la possibilità di esprimere in azione quello che sei. E per questo, disponi di un corpo e di una mente. Prendili in mano e fanne i tuoi servitori.
I.: Chi è l'operatore? Chi prende in mano il corpo-mente?
M.: La mente purificata è il fedele servitore del sé. Si prende cura degli strumenti interni ed esterni, e li fa obbedire allo scopo(4).
I.: E qual è?
M.: II sé è universale. e i suoi scopi anche. Niente di personale lo riguarda. Vivi una vita ordinata, ma non farne un fine autonomo. Dovrebbe essere piuttosto il punto di partenza per un'avventura più grande.
I.: Mi consigliate di venire in India più spesso?
M.: Se sei serio, non ti occorre spostarti. Ovunque ti trovi, sei te stesso, e ne fai il tuo ambiente. Muoverti, trasferirti da un luogo all'altro non ti salveranno, perché tu non sei il corpo. La tua mente è libera di vagabondare nei tre mondi: fanne pieno uso.
I.: Se sono libero, perché mi trovo in un corpo?
M.: Non sei tu nel corpo, ma il corpo è in te! La mente è in te. Ti accadono. Ci sono perché ti interessano. La tua natura ha una capacità sconfinata di trarre gioia(5). È piena di ardore e affetto. Si irradia su tutto ciò che rientra nel fuoco della consapevolezza, e niente ne è escluso. Non conosce il male o la bruttezza: spera, confida, ama. Voi tutti non sapete quanto perdete ignorando voi stessi. Non siete né il corpo né la mente, né il combustibile né il fuoco. Essi appaiono e scompaiono secondo leggi loro. Ciò che sei, lo ami, e qualunque cosa tu faccia, la fai per la tua felicità. Trovarla, conoscerla, vezzeggiarla è il tuo bisogno fondamentale. Da tempo immemorabile ami te stesso, ma mai in modo sapiente. Poni il corpo e la mente accortamente al servizio del sé, che è tutto. Sii schietto con lui, amalo incondizionatamente. Non fingere di amare gli altri come te stesso. A meno che non li abbia resi tutt'uno con te, non puoi amarli. Il tuo amore per gli altri è il frutto, non la causa, dell'autoconoscenza. Quando ti sarai pienamente convinto che un'unica vita pervade ciò che è, e che tu sei quella vita, amerai tutto naturalmente e con spontaneità. Quando avrai afferrato la profondità e la pienezza del tuo amore per te, saprai che ogni essere vivente e l'universo intero sono inclusi nel tuo affetto(6). Se invece guardi qualsiasi cosa come fosse separata da te, non potrai amarla perché la temerai. L'alienazione produce la paura, e la paura approfondisce l'alienazione. È un circolo vizioso che solo l'autorealizzazione può infrangere. Cercala risolutamente.



Tratto da Io sono Quello
Rizzoli Editore - Milano 1981, 82
Introdotto, curato e tradotto da Grazia Marchianò
Riprodotto su autorizzazione

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