30. 10 Ottobre 1970




I.: Esistono tante teorie sulla natura dell'uomo e dell'universo. Quella della creazione, dell'illusione, del sogno - e molte altre -. Qual è la vera?
M.: Tutte sono false e vere insieme. Puoi scegliere quella che più ti aggrada.
I.: Mi sembra che propendiate per la teoria del sogno.
M.: Sono tutti modi di mettere insieme le parole. Le teorie non sono né giuste né sbagliate. Sono tentativi di spiegare l'inspiegabile. Non è la teoria ciò che conta, ma il modo in cui è verificata: è la verifica di una teoria ciò che la rende utile. Prova con una qualsiasi; se sarai serio e onesto, coglierai la realtà. Come essere umano sei imprigionato in una condizione insostenibile e dolorosa, e cerchi una via d'uscita. Molti piani di evasione ti sono offerti, nessuno è perfetto. Ma sono tutti di qualche valore, purché tu sia tremendamente serio. La serietà libera, non la teoria.
I.: La teoria può essere ingannevole, e la serietà, cieca.
M.: La sincerità sarà la tua guida. La dedizione allo scopo della libertà e della perfezione ti farà abbandonare tutte le teorie e i sistemi per vivere con saggezza, intelligenza e amore. Le teorie possono servire in partenza, ma vanno abbandonate al più presto.
I.: Uno yoghi sostiene che l'ottuplice disciplina non è necessaria per la realizzazione. Basterebbe concentrarsi con fiducia nel potere della volontà pura, per ottenere rapidamente e senza sforzo quello che altri impiegano decenni a raggiungere.
M.: Concentrazione, piena fiducia, volontà pura. Con simili ingredienti, non c'è da meravigliarsi se si raggiunge subito. Questo yoga della volontà va benissimo per il ricercatore avanzato, che ha estinto i desideri tranne uno. Che cos'è, infine, la volontà se non stabilità di mente e saldezza del cuore? Se c'è questa saldezza, tutto si ottiene.
I.: Mi sembra che essere uno yoghi non significhi solo fermezza di scopo, ottenuta con un'applicazione indefessa. Se la volontà è concentrata, l'applicazione è superflua. Il volere di per sé attrae l'oggetto.
M.: Comunque tu la definisca: volontà, fermezza di scopo o concentrazione della mente, torni alla serietà, alla sincerità e onestà. Quando la serietà è assoluta, ogni circostanza, ogni istante della tua vita t'inclinano verso lo scopo. Non sprechi tempo ed energie altrimenti. Che si chiami amore o semplice onestà, la tua dedizione è totale. Siamo esseri complessi, in lotta dentro e fuori. Ci contraddiciamo continuamente, disfacendo oggi l'operato di ieri. Nessuna meraviglia se siamo in croce. Basterebbe un po' d'integrità a cambiare la situazione.
I.: Che cos'è più potente, il desiderio o il destino?
M.: Il desiderio plasma il destino.
I.: E il destino plasma il desiderio. I miei desideri sono condizionati da fattori ereditari e ambientali, dalle occasioni e dal caso, che chiamiamo destino.
M.: Sì, puoi dire così.
I.: Fino a che punto sono libero di desiderare il desiderio?
M.: Adesso sei libero. Quel che desideri, desideralo.
I.: Sono libero di desiderare, ma non d'intervenire sul mio desiderio. Spinte diverse mi svieranno. Il desiderio, benché abbia tutta la mia approvazione, non è abbastanza forte. Altri, che disapprovo, lo sono di più.
M.: Forse t'inganni. Dai forma ai tuoi veri desideri, ma in nome della rispettabilità tieni in superficie solo quelli che approvi.
I.: Può darsi che sia come dite, ma questa è un'altra teoria. Il fatto è che non mi sento libero di desiderare quel che penso dovrei, e quando mi sembra di avere un desiderio legittimo, non agisco per soddisfarlo.
M.: Perché la mente è debole e la volontà non è integrata. Raccogli la mente, rafforzala, e vedrai che pensieri e sentimenti, parole e azioni si orienteranno da sé nella direzione della volontà.
I.: Ancora un consiglio di perfezione! Integrare e rafforzare la mente non è facile. Da dove s'incomincia?
M.: Non puoi che incominciare da dove sei. Sei qui, ora, e non puoi uscirne.
I.: Ma che cosa posso fare qui, ora?
M.: Puoi essere consapevole del tuo essere qui, ora.
I.: È tutto?
M.: Niente di più.
I.: Sono sempre consapevole da sveglio e nel sonno. Ma non mi aiuta granché.
M.: La consapevolezza è del tuo pensare, sentire, agire. Non del tuo essere.
I.: Qual è il nuovo fattore che mi chiedete d'immettere?
M.: L'atteggiamento di pura testimonianza, di osservazione senza partecipazione.
I.: Mi servirà?
M.: La mente è debole per scarsa capacità d'intendere, che è di nuovo il risultato di un'assenza di consapevolezza. Se t'impegni per la consapevolezza, raccogli la mente e la rafforzi.
I.: Posso essere consapevole di ciò che accade, ma incapace d'influenzarlo.
M.: Ti sbagli. Ciò che accade è una proiezione della tua mente. Una mente debole non può controllare le sue proiezioni. Non puoi controllare ciò che non conosci. D'altra parte, la conoscenza dà potere. In pratica è semplice. Per controllare te stesso, conosciti.
I.: Può darsi che riesca a controllare me stesso; ma il disordine esterno, come arginarlo?
M.: Non c'è nel mondo altro disordine che quello fomentato dalla tua mente. È opera tua, nel senso che s'impernia sulla falsa idea di essere diverso e separato dagli altri. Non lo sei. Sei la sconfinata potenzialità, l'inesauribile possibilità. Poiché sei, tutto può essere. L'universo è solo una parziale manifestazione della tua illimitata capacità di diventare(1).
I.: Sono assoggettato al desiderio del piacere e alla paura del dolore. Per nobile che sia il desiderio e giustificata la paura, il piacere e il dolore restano i poli tra i quali la mia vita oscilla.
M.: Va' alla fonte. Osserva, indaga, cerca di capire.
I.: Desiderio e paura sono causati da fattori fisici e mentali, facilmente osservabili. Ma perché si formano? Perché desidero il piacere e temo il dolore?
M.: Piacere e dolore sono mentali. Finché pensi di essere la mente, o piuttosto il corpo-mente, sei costretto a porre domande del genere.
I.: Quando mi sarò convinto di non essere il corpo, sarò libero dal desiderio e dalla paura?
M.: Finché c'è un corpo e una mente che lo accudisce, attrazioni e ripulse sono inevitabili(2). Le vedrai scorrere insieme agli eventi, ma non ti riguarderanno. Il fuoco della tua attenzione sarà rivolto altrove.
I.: Però saranno lì. Come liberarsene?
M.: Sei libero già ora. Quello che chiami destino o karma non è se non il risultato della tua volontà di vivere. Quanto sia forte, puoi desumerlo dall'orrore universale per la morte.
I.: Spesso si muore volentieri.
M.: Solo quando l'alternativa è peggiore della morte. Ma questa disponibilità a morire promana da una fonte sana: la volontà di vivere, che è più profonda della vita stessa. Essere vivi non è la condizione ultima; c'è qualcosa al di là, molto più esaltante, che non è né l'essere né il non-essere. È uno stato di pura consapevolezza, oltre i confini dello spazio e del tempo. Quando cessi di credere di essere il tuo corpo-mente, la morte perde la sua terribilità, diventa parte della vita.



Tratto da Io sono Quello
Rizzoli Editore - Milano 1981, 82
Introdotto, curato e tradotto da Grazia Marchianò
Riprodotto su autorizzazione

Home