In diebus suis placuit deo et inventus est iustus




Questa parola che ho pronunciato in latino è scritta nella Epistola, e la si può dire di un santo confessore; essa significa: Nei suoi giorni è stato interiormente trovato giusto, è piaciuto a Dio nei suoi giorni. Ha trovato la giustizia nel suo interno. Il mio corpo è più nella mia anima di quanto la mia anima sia nel mio corpo. Il mio corpo e la mia anima sono più in Dio di quanto siano in loro stessi, ed ecco cosa è la giustizia: la causa di tutte le cose, nella verità. Come dice sant'Agostino, Dio è più vicino all'anima di quanto essa lo sia a se stessa. La vicinanza tra Dio e l'anima non conosce distinzione, in verità. La conoscenza con cui Dio si conosce interiormente è la conoscenza di ogni spirito distaccato, e non altra. L'anima prende il proprio essere direttamente da Dio, e perciò Dio è più vicino all'anima di quanto essa lo sia a se stessa, e perciò Dio è nel fondo dell'anima con tutta la sua Divinità.
Ora un maestro chiede se la luce divina fluisca nelle potenze dell'anima altrettanto pura quanto essa lo è nell'essere dell'anima, visto che questa prende il proprio essere direttamente da Dio, mentre le potenze fluiscono direttamente dall'essere dell'anima. La luce divina è troppo nobile per avere comunanza con le potenze, infatti Dio è estraneo e lontano da tutto quel che tocca ed è toccato. È proprio perché le potenze sono toccate e toccano, che esse perdono la loro verginità(1). La luce divina non può brillare in esse; tuttavia, con l'esercizio ed il distacco, esse possono diventare ricettive. A questo proposito, un altro maestro dice che alle potenze è donata una luce simile alla luce interiore. Essa rassomiglia alla luce interiore, ma non è la luce interiore. Con questa luce, giunge alle potenze una impressione che le rende ricettive alla luce interiore. Un altro maestro dice che tutte le potenze dell'anima che operano nel corpo muoiono con il corpo, eccetto la conoscenza e la volontà: queste sole permangono nell'anima. Se le potenze che operano nell'anima muoiono, esse tuttavia permangono nella loro radice.
San Filippo disse: Signore, mostraci il Padre, e questo ci basta. Ora nessuno va al Padre se non attraverso il Figlio. Chi vede il Padre vede il Figlio, e lo Spirito santo è il loro reciproco amore. L'anima è così semplice in se stessa, che essa non può mai aver presente che una immagine sola. Quando percepisce l'immagine della pietra, non percepisce l'immagine dell'angelo, e quando percepisce l'immagine dell'angelo, non ne percepisce alcun'altra, e questa stessa immagine che percepisce, essa deve amarla nel suo essere presente. Se percepisse mille angeli, ciò sarebbe quanto due angeli, e tuttavia non ne percepirebbe più di uno solo. L'uomo deve unificarsi in se stesso. San Paolo dice: Liberati dei vostri peccati, voi siete ora divenuti servitori di Dio. Il Figlio unigenito ci ha liberato dei nostri peccati. Ora Nostro Signore dice più esattamente di san Paolo: Non vi ho chiamati servi, vi ho chiamati amici. Il servo non conosce la volontà del padrone, ma l'amico sa tutto ciò che sa l'amico. Tutto ciò che ho appreso dal Padre mio, io ve lo ho rivelato, e tutto ciò che sa il Padre mio, io lo so, e tutto quello che io so, voi lo sapete, perché io e il Padre abbiamo un solo Spirito. Ora l'uomo che sa tutto ciò che Dio sa, è un uomo che conosce Dio. Quest'uomo coglie Dio nel suo essere proprio e nella sua propria presenza, e nella sua propria unità, e nella sua verità propria. Un tale uomo è tale quale deve essere. Ma l'uomo che non ha alcuna abitudine alle cose interiori, non sa cosa è Dio. Così come un uomo che ha del vino nella sua cantina, ma che non l'ha mai bevuto né assaggiato, non sa se esso è buono. È così per le persone che vivono nella ignoranza: non sanno cosa è Dio, e sembra loro e si immaginano di vivere, ma un tale sapere non viene da Dio(2). L'uomo deve avere un sapere puro e chiaro della verità divina. L'uomo che ha, in tutte le sue opere, una retta intenzione, presso di lui il principio della sua intenzione è Dio, e Dio è anche il compimento della sua intenzione; è la pura natura divina, e il suo termine è nella pura natura divina in se stessa.
Ora un maestro dice che non v'è alcun uomo, per quanto insensato, che non aspiri alla saggezza. Perché allora non diventiamo saggi? Perché vi sono numerose condizioni. La più importante è che l'uomo passi attraverso tutte le cose e sorpassi tutte le cose e le loro cause. Allora l'uomo comincia ad essere scontento, e perciò rimane nella sua limitatezza. Se io sono ricco, non sono per questo saggio, ma se la essenza e la natura della saggezza sono formate in me sì che io sia la saggezza stessa, allora sono un uomo saggio.
Ho detto un giorno in un monastero: la vera immagine dell'anima è quella in cui non è formato niente di esteriore né di interiore, salvo ciò che Dio è in se stesso. L'anima ha due occhi: uno interiore, l'altro esteriore. L'occhio interiore dell'anima è quello che guarda nell'essere e riceve il proprio essere da Dio senza alcun intermediario: è la sua operazione propria. L'occhio esteriore dell'anima è quello rivolto verso tutte le creature, che le percepisce secondo il modo delle immagini e di una potenza. Ora, l'uomo che si è rivolto in se stesso, in modo da conoscere Dio nel suo proprio sapore e nel suo proprio fondo, un tale uomo è liberato da tutte le cose create, e si è chiuso in se stesso sotto una vera chiave di verità. Ho detto un giorno che Nostro Signore venne verso i suoi discepoli, mentre le porte erano chiuse, il giorno di Pasqua; lo stesso avviene per questo uomo, libero da tutte le cose estranee e da tutto il creato. In un tale uomo, Dio non giunge, perché è già in lui nella propria essenza.
S piaciuto a Dio nei suoi giorni.
Quando si dice nei "suoi giorni", vi è più di un giorno: il giorno dell'anima ed il giorno di Dio. I giorni trascorsi da sei o sette giorni e quelli passati da seimila anni, sono tanto vicini all'oggi quanto il giorno che fu ieri.
Perché? Perché il tempo è là, in un istante presente. Per il fatto che il cielo prosegue la sua corsa, la prima rivoluzione del cielo produce il giorno. Là si produce in un istante il giorno dell'anima, e nella sua luce naturale in cui sono tutte le cose, è un intero giorno: giorno e notte sono una cosa sola. Il giorno di Dio è quello in cui l'anima si
trova nel giorno dell'eternità, in un istante essenziale, e là il Padre genera il suo Figlio unigenito in un istante presente, e l'anima rinasce in Dio. Ogni volta che ha luogo questa nascita, essa genera il Figlio unigenito. Perciò vi sono molti più figli generati dalle vergini che non dalle donne, perché quelle generano oltre il tempo, nella eternità. Qualsiasi sia il numero dei figli che l'anima genera l'eternità, non vi è comunque più di un Figlio, perché ciò accade al di là del tempo, nel giorno dell'eternità.
L'uomo è come deve essere quando vive nelle virtù, giacché ho detto otto giorni fa che le virtù sono nel cuore di Dio. Chi vive ed opera nella virtù è come deve essere. Chi non cerca per niente il suo proprio bene in alcuna cosa, né in Dio né nelle creature, permane in Dio e Dio in lui. Per un tale uomo, è una gioia abbandonare e disprezzare tutte le cose, ed una gioia compiere tutte le cose fino al loro punto più alto. San Giovanni dice Deus caritas est, Dio è amore, e l'amore è Dio, e chi dimora nell'amore dimora in Dio, e Dio in lui. Chi dimora in Dio si è stabilito in una bella dimora, è erede di Dio, e colui nel quale Dio abita, ha dei buoni compagni vicino. Ora un maestro dice che Dio fa all'anima un dono con il quale essa è mossa verso le cose interiori. Un maestro dice che l'anima è direttamente toccata dallo Spirito santo, infatti Dio mi ama nello stesso amore in cui ama se stesso, e l'anima ama Dio in questo stesso amore in cui egli ama se stesso; se non vi fosse questo amore, in cui Dio ama l'anima, non vi sarebbe lo Spirito santo. È un ardore ed una effusione dello Spirito santo, in cui l'anima ama Dio.
Ora un evangelista scrive: Questo è il mio Figlio diletto, in cui mi compiaccio. Ora un altro evangelista scrive: Questo è il mio Figlio diletto, in cui tutte le cose mi compiacciono. E il terzo evangelista scrive: Questo è il mio Figlio diletto, in cui mi sono compiaciuto. Tutto ciò che piace a Dio, gli piace nel suo Figlio unigenito; tutto ciò che Dio ama, lo ama nel Figlio unigenito. Ora l'uomo deve vivere in modo tale da essere il Figlio unigenito. Non v'è distinzione tra il Figlio unigenito e l'anima. Tra servo e padrone non v'è mai lo stesso amore. Finché io sono servo, sono molto lontano dal Figlio unigenito, e diverso da lui. Se volessi vedere Dio con i miei occhi, gli occhi con cui vedo il colore, sbaglierei di molto, perché questa vista è temporale, e tutto quel che è temporale è lontano ed estraneo a Dio. Se si considera il tempo, e lo si considera anche in ciò che ha di più ristretto, nell'"adesso", esso è tuttavia ancora del tempo e permane in se stesso. Finché l'uomo ha tempo e spazio, numero, molteplicità, egli non è come deve essere, e Dio gli è lontano ed estraneo(3). Perciò Nostro Signore dice: Chi vuole diventare mio discepolo, deve abbandonare se stesso. Nessuno può comprendere la mia parola ed il mio insegnamento se non ha abbandonato se stesso. Tutte le creature sono nulla in se stesse. Perciò io ho detto: lasciate il nulla, ed afferrate un essere perfetto nel quale la volontà è retta. Chi ha del tutto abbandonato la propria volontà, gusta il mio insegnamento e comprende la mia parola. Ora un maestro dice che tutte le creature ricevono il loro essere direttamente da Dio, e perciò è secondo la loro vera natura che esse amino Dio più di se stesse. Se lo spirito conoscesse il suo puro distacco, non potrebbe più avere inclinazione per alcuna cosa; sarebbe costretto a tenersi nel suo puro distacco. Perciò è detto: gli è piaciuto nei suoi giorni.
Il giorno dell'anima ed il giorno di Dio sono distinti. Quando l'anima si pone nel suo giorno naturale, essa conosce tutte le cose al di sopra del tempo e dello spazio; nessuna cosa è per essa lontana o vicina. Perciò ho detto che in quel giorno tutte le cose sono ugualmente nobili. Ho detto una volta che Dio crea ora il mondo, e tutte le cose sono ugualmente nobili in questo giorno(4). Se dicessimo che Dio ha creato ieri il mondo o lo creerà domani, ci comporteremmo in modo insensato. Dio crea il mondo e tutte le cose in un istante presente, ed il tempo che è trascorso da mille anni è ora tanto presente a Dio e tanto vicino quanto il tempo che è adesso. Nell'anima che è posta in un istante presente, il Padre genera il Figlio unigenito, e, in questa stessa nascita, l'anima rinasce in Dio. È questa una sola nascita: il Padre genera nell'anima il suo Figlio unigenito, ogni volta che essa rinasce in Dio.
Ho parlato di una potenza nell'anima; nella sua prima effusione, essa non coglie Dio in quanto è buono; non coglie Dio in quanto è verità, ma penetra fin nel fondo e continua a cercare, e coglie Dio nella sua unità e nella sua solitudine; coglie Dio nel suo deserto e nel suo proprio fondo. Perciò essa non si accontenta di nulla, e continua a cercare Dio nella sua Divinità, nella particolarità della sua natura propria. Si dice che nessuna unione sia maggiore di quella che rende un solo Dio le tre persone divine. Si dice anche che nessuna unione è più grande di quella tra Dio e l'anima. Quando l'anima riceve un bacio dalla Divinità, ottiene tutta la sua perfezione e la sua beatitudine, ed è allora avvolta dall'unità. Nel primo contatto in cui Dio ha toccato l'anima e la tocca come increata ed increabile, l'anima è, per questo contatto di Dio, tanto nobile quanto Dio stesso. Dio la tocca secondo se stesso. Io ho predicato una volta in latino - era il giorno della Trinità - ed ho detto: la distinzione deriva dall'Unità: intendo la distinzione nella Trinità. L'Unità è la distinzione e la distinzione è l'Unità. Più la distinzione è grande, più grande è l'Unità, giacché si tratta di distinzione senza distinzione. Se vi fossero mille persone, non vi sarebbe tuttavia niente altro che l'Unità. Quando Dio rivolge il suo sguardo alla creatura, le dona con ciò il proprio essere; quando la creatura rivolge il suo sguardo a Dio, riceve da ciò il proprio essere. L'anima ha un essere spirituale e conoscente; perciò là dove è Dio è anche l'anima, e là dove è l'anima è anche Dio.
Ora è detto: è stato trovato interiormente. L'interiorità è ciò che risiede neI fondo dell'anima, nella parte più interna dell'anima, nell'intelletto che non esce mai, che non guarda alcuna cosa. Là sono ugualmente nobili tutte le potenze dell'anima; qui è stato trovato interiormente giusto. È giusto chi rimane identico nella gioia e nella sofferenza, nella amarezza e nella dolcezza, chi non trova ostacolo in alcuna cosa, in modo tale da trovarsi uno nella giustizia. L'uomo giusto è uno con Dio. L'uguaglianza è amata. L'amore ama sempre ciò che gli è simile, e perciò Dio ama l'uomo giusto simile a se stesso.
Che Dio, Padre Figlio e Spirito santo, ci aiuti a trovarci interiormente nel giorno e nel tempo dell'intelletto, nel giorno della saggezza, nel giorno della giustizia, nel giorno della beatitudine. Amen.



Tratto da Opere Tedesche
A cura di Marco Vannini
La Nuova Italia Editrice - Firenze, 1982
Riprodotto su autorizzazione

Home