Iusti vivent in aeternum



I giusti vivranno in eterno, e la loro ricompensa è presso Dio. Notate bene il senso di queste parole; anche se di suono semplice e comune, sono assai degne di attenzione e molto buone.
I giusti vivranno. Chi sono i giusti? Un testo dice: È giusto chi dà a ciascuno quel che gli spetta; chi dà a Dio ciò che gli spetta, ai santi ed agli angeli ciò che loro spetta, al suo prossimo ciò che gli spetta.
L'onore appartiene a Dio. Chi sono quelli che onorano Dio? Quelli che sono completamente usciti da loro stessi, che non cercano assolutamente niente che sia loro proprio in alcuna cosa, qualsiasi sia, grande o piccola; e non considerano niente, né al di sopra né al di sotto di loro, né accanto né all'interno; che non mirano né al bene né all'onore, né alla soddisfazione né al piacere, né alla utilità né alla interiorità, né alla santità né alla ricompensa né al regno dei cieli; che sono usciti da tutto questo, da tutto ciò che è loro proprio: queste persone rendono onore a Dio, veramente lo onorano e gli danno quel che gli spetta(1).
Si deve dare della gioia agli angeli ed ai santi. Meraviglia delle meraviglie! Può un uomo nella sua vita mortale dare della gioia a quelli che sono nella vita eterna? Sì, in verità. Ogni santo ha un grandissimo piacere ed una gioia inesprimibile per tutte le opere buone; per una buona volontà o un buon desiderio, essi hanno una gioia così grande che nessuna bocca è capace di esprimerla, né alcun cuore può immaginare quanta gioia provano. Perché è così? Perché essi amano Dio oltremisura, lo amano tanto che il suo onore è loro più caro della propria beatitudine. Ma non solo gli angeli e i santi: Dio stesso ne prova una gioia tanto grande, come se in ciò stesse la propria beatitudine, e vi è legato il suo essere, la sua soddisfazione, il suo piacere. Notatelo bene, dunque! Se non volessimo servire Dio per nessuna altra ragione che la grande gioia che provano quelli che sono nella vita eterna, e Dio stesso, potremmo farlo di buon grado e con tutto il nostro impegno.
Si deve anche portare il nostro aiuto a quelli che sono nel purgatorio, e a quelli che sono ancora in vita.
Un uomo cosiffatto è giusto in un senso, ed in un altro senso lo sono quelli che accolgono da Dio tutte le cose, qualsiasi siano, nello stesso modo - si tratti di cosa grande o piccola, piacevole o fastidiosa -, sempre nello stesso modo, una cosa come un'altra, né più né meno. Se pensi che una cosa sia più di un'altra, sbagli. Devi del tutto spogliarti della tua propria volontà.
Di recente ho avuto questo pensiero: se Dio non volesse come me, io vorrei comunque come lui. Molti vogliono avere in ogni cosa una propria volontà, ma questo è male, insozza le cose. Altri si comportano un po' meglio, vogliono quel che Dio vuole, non vogliono nulla contro la sua volontà, e, se fossero malati, vorrebbero che fosse volontà di Dio il loro esser sani. Così costoro vogliono che Dio voglia secondo la loro volontà, invece di volere secondo la sua. Si può ammetterlo, ma non è bene. I giusti non hanno assolutamente volontà propria: quel che Dio vuole è per essi del tutto uguale, per quanto grande sia il disagio.
I giusti prendono la giustizia tanto sul serio, che, se Dio non fosse giusto, non gli darebbero più importanza che a un fagiolo, e sono così saldamente radicati nella giustizia e tanto usciti da se stessi, che non danno importanza né alle pene dell'inferno né alle gioie del paradiso, né a qualsiasi altra cosa. Sì, se tutti i tormenti di quelli che sono all'inferno, uomini o demoni, o tutti i tormenti che mai furono e saranno sulla terra, fossero legati alla giustizia, essi non vi darebbero la minima importanza, tanto fermamente tengono a Dio ed alla giustizia. Per l'uomo giusto niente è più triste e doloroso di ciò che è contrario alla giustizia, ovvero di non essere lo stesso in tutte le cose. Come può essere ciò? Se una cosa può farli gioire ed un'altra rattristarli, essi non sono giusti; di più: se sono gioiosi in un tempo, lo sono in ogni tempo; se sono piu gioiosi in un tempo e meno in un altro, allora sono in torto. Chi ama la giustizia, le sta così saldamente vicino che ciò che ama è il suo essere(2); nulla può distoglierlo, e non fa attenzione a nient'altro. Sant'Agostino dice: Dove l'anima ama, essa è più veramente che là dove dà vita. Questo testo ha un suono semplice e comune, e tuttavia a stento qualcuno comprende ciò che significa; nondimeno esso dice il vero. Chi comprende l'insegnamento sulla giustizia ed il giusto, comprende tutto quel che dico.
"I giusti vivranno". Tra tutte le cose, nessuna è tanto amabile e desiderabile come la vita. Nello stesso modo, nessuna vita è tanto cattiva e penosa che l'uomo non voglia tuttavia vivere. Un testo dice: Più una cosa è vicina alla morte, più è penosa. Tuttavia, per quanto cattiva sia la vita, essa vuole vivere. Perché mangi? Perché dormi? Per vivere. Perché desideri beni o onori? Lo sai molto bene. Ma perché vivi? Per vivere, e tuttavia non sai perché vivi. Tanto desiderabile in sé è la vita, che la si desidera per se stessa. Quelli che sono all'inferno, nel tormento eterno, non vorrebbero perdere la loro vita, né i demoni né le anime, giacché la loro vita è così nobile che sgorga direttamente da Dio nell'anima. Essi vogliono vivere, tanto direttamente sgorga la loro vita da Dio. Cosa è la vita? L'essere di Dio è la mia vita. Se la mia vita è l'essere di Dio, bisogna che l'essere di Dio sia il mio essere, e l'essenza di Dio la mia essenza, né più né meno.
Essi vivono in eterno "presso Dio", proprio accanto a Dio, né al di sotto né al di sopra. Essi operano le loro opere presso Dio, e Dio opera pressa di loro. San Giovanni dice: Il verbo era presso Dio. Era assolutamente simile ed accanto, né sotto né sopra, ma simile. Quando Dio creò l'essere umano, fece la donna dal fianco dell'uomo perché gli fosse simile. Non la formò a partire dalla testa o dai piedi, perché non fosse né sopra né sotto di lui, ma gli fosse simile. Nello stesso modo l'anima giusta deve essere simile a Dio ed accanto a Dio, del tutto simile, né sotto né sopra.
Chi sono quelli in tale modo simili? Solo coloro che non sono simili a niente, sono simili a Dio. Niente è simile all'essenza divina, in essa non v'è immagine né forma. Alle anime che in questo modo sono simili, il Padre similmente dona e non fa loro mancare niente. Ciò che il Padre può fare, lo dona a questa anima in modo simile, in verità, quando essa non è più simile a se stessa che a un'altra, e non deve essere più vicina a se stessa che a un'altra. Essa non deve desiderare il proprio onore, il proprio vantaggio, o qualsiasi cosa le appartenga, né considerarla più di un bene appartenente a un altro. E ciò che è proprio a chiunque altro, non le deve essere né estraneo né lontano, male o bene che sia. Tutto l'amore verso le cose del mondo è fondato sull'amore di sé. Se tu avessi abbandonato questo, avresti abbandonato l'intero mondo.
Il Padre genera il Figlio nell'eternità, simile a se stesso. Il Verbo era presso Dio, e Dio era il Verbo: era identico a lui nella stessa natura. Dico ancora di più: lo ha generato nell'anima mia. Non solo essa è accanto a lui e, nello stesso modo, egli è accanto ad essa, che gli è simile, ma è in essa, e il Padre genera il Figlio nell'anima nello stesso modo con cui lo genera nell'eternità, non diversamente. Lo deve fare, ne abbia gioia o dolore. Il Padre genera incessantemente il Figlio, ed io dico ancora: egli mi genera come suo Figlio e lo stesso Figlio. Dico di più: mi genera non solo in quanto suo Figlio, ma in quanto lui stesso, e lui in quanto me, e me in quanto suo essere e sua natura(3). In questa più interna fonte, io scatuisco nello Spirito santo; è questa una sola vita, un solo essere, una sola operazione. Tutto ciò che Dio opera è uno, perciò egli mi genera in quanto suo Figlio, senza alcuna differenza. Mio padre secondo la carne non è, propriamente parlando, mio padre, ma lo è soltanto per una piccola parte della sua natura, ed io sono separato da lui; egli può essere morto ed io vivo. Perciò il Padre celeste è davvero mio padre, infatti io sono suo figlio ed ho da lui tutto quel che ho, e sono lo stesso Figlio, e non un altro. Il Padre opera una sola opera, perciò egli mi opera come suo Figlio unico, senza alcuna differenza(4).
Noi siamo totalmente trasformati e cambiati in Dio. Fate caso a questo paragone! Nello stesso modo in cui, nel Sacramento, il pane è trasformato nel corpo del Signore, per quanto pane vi sia, esso è comunque un solo corpo. Nello stesso modo, se tutti i pani fossero trasformati nel mio dito, non vi sarebbe tuttavia più di un dito. Se, d'altra parte, il mio dito fosse trasformato in pane, questo sarebbe quanto quello. Infatti ciò che è trasformato in un'altra cosa fa tutt'uno con essa. Nello stesso modo io sono trasformato in lui, in guisa tale che egli mi opera come suo essere, uno, non simile; per il Dio vivente, è vero che non v'è alcuna differenza(5).
Il Padre genera incessantemente il Figlio. Quando il Figlio è generato, non prende niente dal Padre, perché ha tutto, ma quando il Padre lo genera, egli prende dal Padre. Di conseguenza, noi non dobbiamo desiderare nulla da Dio, come se fossimo estranei. Nostro Signore dice ai suoi discepoli: Io non vi ho chiamato servi, ma amici. Chi desidera qualcosa dall'altro è un servo, e chi ricompensa è un signore. Mi chiedevo di recente se volessi ricevere o desiderare qualcosa da Dio. Ci rifletto molto bene, perché se ricevessi qualcosa da Dio, sarei al di sotto di lui come un servo, e lui, donando, come un signore. Non dobbiamo essere così nella vita eterna(6).
Proprio qui ho detto una volta, ed è vero: Se l'uomo si appropria o prende qualcosa di esteriore a se stesso, non è bene. Non si deve cogliere o considerare Dio come esterno a noi stessi, ma come nostro bene proprio e come cosa che è in noi stessi; non si deve neppure servire od agire in vista di un perché: né per Dio, né per il proprio onore, né per qualsiasi altra cosa fuori di sé, ma soltanto per ciò che è in sé suo essere proprio e sua propria vita. Molte persone semplici si immaginano che devono considerare Dio come lassù, e loro quaggiù. Non è così. Io e Dio siamo uno. Con la conoscenza accolgo Dio in me, con l'amore penetro in lui. Alcuni dicono che la beatitudine non risiede nella conoscenza ma solo nella volontà. Essi hanno torto, infatti se risiedesse solo nella volontà, non vi sarebbe unità. Agire e divenire sono una cosa sola. Quando il falegname non lavora, la casa non si fa. Quando la scure non agisce, anche il divenire è fermo. Dio ed io siamo uno in questa operazione: egli opera ed io divengo. Il fuoco trasforma in sé ciò che gli è portato, che diventa sua natura. Non è il legno che trasforma in sé il fuoco, ma il fuoco che trasforma in sé il legno. Nello stesso modo noi siamo trasformati in Dio, in guisa tale che lo conosceremo come egli è. San Paolo dice: Così lo conosceremo, io lo conoscerò come lui mi conoscerà, né più né meno, assolutamente nello stesso modo. I giusti vivranno eternamente, e la loro ricompensa è accanto a Dio, del tutto simile.
Che Dio ci aiuti ad amare la giustizia in se stessa e Dio senza perché. Amen.



Tratto da Opere Tedesche
A cura di Marco Vannini
La Nuova Italia Editrice - Firenze, 1982
Riprodotto su autorizzazione

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