Mortuus erat et revixit, perierat et inventus est




"Era morto e ritornò in vita. Era perduto e fu ritrovato".
Ho detto in una predica di voler insegnare all'uomo, che ha compiuto opere buone nel tempo in cui si trovava in peccato mortale, come queste opere possano tornare viventi insieme al tempo in cui furono compiute. Voglio ora spiegare questo, come è in verità, perché sono stato pregato di chiarire il senso della mia affermazione. Voglio fare ciò, contro tutti i maestri che vivono oggi.
Tutti d'accordo, i maestri dicono: finché l'uomo è nella grazia, tutte le opere che egli compie sono degne del premio eterno. E questo è vero, perché nella grazia è Dio che opera le opere, ed in questo sono d'accordo con loro. Di nuovo tutti d'accordo i maestri dicono: se l'uomo cade in peccato mortale, sono morte anche tutte le opere che egli compie mentre si trova in peccato mortale, come egli stesso è morto, e non sono degne del premio eterno, perché egli non vive nella grazia. E ciò è vero in questo senso, ed anche io sono d'accordo. I maestri dicono poi: se Dio restituisce la grazia all'uomo cui dispiacciono le proprie colpe, allora tutte le opere che egli compì nella grazia, prima di cadere in peccato mortale, risorgono nella nuova grazia, e vivono come prima. Anche qui sono d'accordo. Ma poi i maestri dicono: le opere compiute dall'uomo in peccato mortale sono perdute per sempre, il tempo e le opere insieme. E a questo contraddico io, Meister Eckhart, e dico così: di tutte le buone opere che l'uomo ha compiuto mentre si trovava in peccato mortale, nessuna è perduta, e neppure il tempo in cui avvennero, dal momento che l'uomo riconquista la grazia. Attenti, questo è contro tutti i maestri che vivono oggi!
Ora fate bene attenzione a dove tendo con le mie parole, in modo da poterne capire il senso.
Io dico assolutamente: tutte le opere che l'uomo ha mai compiuto e che accaddero, così come il tempo in cui avvennero ed anche in seguito avverranno, opere e tempo sono perdute insieme - le opere in quanto opere, il tempo in quanto tempo. Inoltre io dico: non vi è mai stata neppure un'opera buona, o santa, o beata. Dico ancora che non vi è mai stato un tempo buono, santo, o beato, né mai vi sarà, né questo né quello. Come poi potrebbe permanere, se non è buono nè beato nè santo? Se sono perdute completamente le buone opere, insieme al tempo in cui avvennero, come potrebbero permanere le opere compiute in peccato mortale, e il tempo in cui accaddero? Lo ripeto: sono perdute insieme le opere e il tempo, buone e cattive, le opere in quanto opere, il tempo in quanto tempo; sono perdute insieme in eterno.
Si pone ora la domanda: perché si chiama santa, beata, buona un'opera, e, nello stesso modo, il tempo in cui l'opera accadde? Attenti a quello che dico: l'opera e il tempo, in cui l'opera avvenne, non sono santi, nè beati, nè buoni. Bontà, santità, beatitudine, sono soltanto denominazioni accidentali dell'opera e del tempo, ma non sono loro proprie. Perché? Un'opera, in quanto opera, non proviene da se stessa, non dal proprio volere; non accade da se stessa, non dal proprio volere, e neppure sa di se stessa. Perciò non è nè beata nè infelice. Lo spirito, invece, dal quale l'opera proviene, si libera della immagine, che non ritorna più in lui. Allora l'opera, in quanto era opera, è immediatamente annientata, insieme al tempo in cui avvenne, e non è più nè qui nè là; perché lo spirito non ha più niente a che fare con l'opera. Se esso deve operare qualcos'altro, ciò deve avvenire con altre opere ed in altro tempo. Perciò vanno perdute insieme il tempo e le opere, cattive e buone, perdute nello stesso modo; infatti non hanno permanenza nello spirito, nè essere o luogo in se stesse, e Dio non ha affatto bisogno di esse. Perciò sono perdute e annientate in se stesse. Se avviene un'opera buona attraverso un uomo, l'uomo si libera con questa opera, e grazie a tale liberazione egli diviene più vicino e più simile al suo principio, di quanto lo fosse prima di tale liberazione, e pertanto è migliore e più beato di quanto lo fosse prima di tale liberazione. Per questo motivo si chiama santa e beata l'opera, ed anche il tempo in cui l'opera avvenne; ma ciò non è vero, perché l'opera non ha alcun essere, e neppure il tempo in cui avvenne; infatti essa svanisce in se stessa.
Perciò essa non è né buona, né santa, nè beata, ma è beato l'uomo in cui permane il frutto dell'opera - non in quanto tempo e neppure in quanto opera, ma in quanto buona qualità, che è eterna con lo spirito, come lo spirito è eterno in se stesso, ed è lo spirito stesso.
In questo senso, non è mai andato perduto l'agire buono, e neppure il tempo in cui avvenne; - non perché esso permanga in quanto opera e tempo, ma perché, sciolto dall'opera e dal tempo, è eterno con la sua qualità nello spirito, come lo spirito è eterno in se stesso.
Rivolgete ora la vostra attenzione a quelle opere che sono compiute in peccato mortale. Come avete sentito, quelli che hanno capito, in quanto opere ed in quanto tempo sono perdute anche le buone opere compiute in peccato mortale, opere e tempo insieme. Ho anche detto, però, che opera e tempo sono nulla in se stessi. Se dunque opera e tempo in se stessi sono nulla, non perde nulla chi li perde. Questo è vero. Oltre a ciò ho anche detto che opera e tempo in se stessi non hanno essere nè luogo; in quanto opera essa è caduta nel tempo dallo spirito. Se lo spirito deve operare ulteriormente, deve essere necessariamente un'altra opera ed in un altro tempo.
E perciò essa non può più tornare nello spirito, in quanto opera e tempo. Neppure può affatto giungere a Dio, perché giammai è arrivato a Dio il tempo, o l'opera temporale. Perciò essa deve necessariamente essere annientata e perduta.
Ho anche detto, però, che di tutte le opere buone che l'uomo compie mentre è in peccato mortale, neppure una va perduta, nè il tempo né l'opera. E questo è vero nel senso che ora vi voglio spiegare. Come ho già detto, questo è contro tutti i maestri che vivono oggi.
Sentite ora in breve questo senso, come corrisponde a verità! Quando l'uomo compie buone opere mentre si trova in peccato mortale, non le compie a partire dal peccato mortale, perché tali opere sono buone, mentre i peccati mortali sono cattivi. Egli le compie piuttosto a partire dal fondo del suo spirito, che è buono in se stesso per natura, anche se egli non si trova nella grazia e le opere in se stesse non meritano il regno dei cieli, nel tempo in cui avvengono. Questo non nuoce allo spirito, perché il frutto dell'opera, sciolto dall'opera e dal tempo, permane nello spirito ed è spirito con lo spirito, e non viene annullato, così come non viene annullato l'essere dello spirito. Lo spirito rende anzi libero il proprio essere abbandonando le immagini, che sono buone, come farebbe se fosse nella grazia, sebbene con l'opera non consegua il regno dei cieli, come invece farebbe se fosse nella grazia; perché così egli crea la stessa disposizione all'unità e all'uguaglianza, dove l'opera e il tempo sono utili proprio soltanto a che l'uomo abbandoni se stesso. E più l'uomo si libera ed abbandona se stesso, più si avvicina a Dio, che è libero in sé; e in quanto l'uomo si libera, in tanto non perde nè opera nè tempo. E quando la grazia ritorna, tutto quello che era in lui per natura, è completamente in lui per grazia. E tanto si è liberato con le buone opere, mentre era in peccato mortale, altrettanto compie un progresso verso l'unione con Dio, che non avrebbe potuto fare se non si fosse prima liberato grazie alle opere, quando era in peccato mortale. È necessario impiegare del tempo per compiere questo abbandono. Ma chi si è liberato nel tempo passato, quando era in peccato mortale, ha guadagnato per sé il tempo in cui ora è libero. E così neppure il tempo è perduto, in cui ora è libero, perché egli ha guadagnato questo tempo e può operare in esso altre opere, che lo uniscono ancora di più a Dio. I frutti delle azioni che egli ha compiuto nello spirito, permangono nello spirito e sono spirito con lo spirito. Se là sono le opere e il tempo, allora vive lo spirito a partire dal quale avvennero, e vive il frutto delle opere, sciolto dal tempo e dall'opera, pieno di grazia, così come lo spirito è pieno di grazia.
Così abbiamo spiegato il senso della mia affermazione, come è indubitabilmente vera. E a tutti quelli che la contraddicono già ho a sufficienza risposto, e non ci faccio alcun caso, perché quello che ho detto è vero, e la verità stessa lo dice. Se essi capissero cosa è spirito, e cosa l'opera e il tempo sono in se stessi, e in qual modo l'opera sta in relazione con lo spirito, non affermerebbero affatto che una qualsiasi opera buona o buon comportamento possano andare o siano andati perduti. Se anche l'opera se ne va col tempo e viene annientata, quando essa è in relazione con lo spirito nel suo essere, non viene mai distrutta. Questa relazione non è niente altro che il fatto che lo spirito viene reso libero attraverso il comportamento tenuto nelle opere(1). Questa è la potenza dell'opera, per cui l'opera avvenne. E questa permane nello spirito, non è mai uscita da esso, e può svanire tanto poco quanto lo spirito in se stesso; infatti lo spirito è quella stessa potenza. E dunque, chi avesse compreso questo, come potrebbe dire che una qualche buona opera sia mai andata perduta, mentre lo spirito ha il proprio essere e vive nella nuova grazia?
Dio ci aiuti a divenire Uno spirito con lui, e ad essere trovati nella grazia. Amen.




Tratto da Sermoni Tedeschi
A cura di Marco Vannini
Adelphi Edizioni - Milano 1985
Riprodotto su autorizzazione

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