Nisargadatta Maharaj
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93. 4 Marzo 1972




I.: Dall'inizio della mia vita sono assillato da un senso di incompletezza. Dalla scuola all'università, alla professione, al matrimonio, al benessere, immaginavo che la conquista successiva mi avrebbe appagato, ma la pace non veniva. Questa insoddisfazione aumenta col passare degli anni.
M.: Finché sei identificato col corpo, la frustrazione è inevitabile. Solo quando sai di essergli completamente estraneo, ti sottrai al miscuglio di paura e desiderio, inseparabile dall'idea "io-sono-il-corpo". Il semplice fatto di placare le paure e soddisfare i desideri, non rimuoverà questo senso di vuoto al quale tenti di sfuggire; solo l'autoconoscenza può aiutarti, la piena conoscenza di ciò che non sei. Quando la ottieni, è per sempre; mentre la scoperta di ciò che sei può non aver fine. Più scopri, più trovi.
I.: Per questo ci vorrebbero altri genitori e altre scuole, e una società diversa in cui vivere.
M.: Non puoi cambiare le circostanze, ma il tuo atteggiamento sì. Non occorre che tu sia attaccato al superfluo(1). Solo il necessario è buono. Solo nell'essenziale trovi la pace.
I.: È la verità che cerco, non la pace.
M.: Non puoi trovarla, se non sei in pace. Una mente quieta è essenziale per la giusta percezione, che a sua volta è indispensabile per l'autorealizzazione.
I.: Ho tante cose da fare. Non posso proprio permettermi di mantenere quieta la mente.
M.: Perché t'illudi di essere il soggetto dell'azione. In realtà le cose sono fatte a te, non da te.
I.: Se mi limito a lasciare che accadano, come posso essere certo che avverranno come voglio? Certamente devo piegarle ai miei desideri.
M.: Il desiderio è una cosa che ti succede e si accompagna alla soddisfazione, o al suo contrario. Tu non puoi cambiare né l'una né l'altro. Puoi credere di contribuire con sforzi e tentativi. E anche questo, compresi i risultati, è un puro accadere. In realtà, nulla è fatto da te e per te. Tutto è nel film, anche la persona per cui ti prendi. Niente è nella luce. Tu sei la luce.
I.: Se è così, come ho potuto dimenticarmene?
M.: Non l'hai dimenticato. Fa parte della trama del film, che tu dimentichi e poi ricordi. Non smetti di essere un uomo perché sogni di essere una tigre. Allo stesso modo non cessi di essere pura luce, pur apparendo nel film come persona, e identificandoti con essa.
I.: Se tutto questo accade comunque da sé, perché preoccuparmi?
M.: Esatto. La libertà è libertà dalla preoccupazione. Hai capito che non puoi influenzare i risultati, perciò non badare ai desideri e alle paure. Lascia che vadano e vengano. Non nutrirli con l'interesse e l'attenzione.
I.: Se mi distolgo da ciò che accade, di che dovrei interessarmi?
M.: Ancora, è come chiedere: "Che farò se smetto di sognare?". Smetti, e vedrai. Perché incalzare: "E poi?". C'è sempre un poi. La vita non comincia né finisce: immobile, e in movimento; temporanea, e durevole. Come non c'è numero di film proiettati che possa esaurire la luce, così la vita colma ogni forma fino all'orlo, e ritorna all'origine dove la forma s'infrange.
I.: Se la vita è così splendida, perché ne fa parte l'ignoranza?
M.: Vuoi curare la malattia senza conoscere il malato! Prima di domandare sull'ignoranza, perché non indaghi chi è l'ignorante? Quando dici di essere ignorante, non fai che sovrapporre il concetto "ignoranza" ai tuoi pensieri e sentimenti. Esamina piuttosto come si presentano, dà loro tutta la tua attenzione, e troverai che non c'è l'ignoranza, ma solo la disattenzione. Apri gli occhi su ciò che ti preoccupa. Dopotutto, la preoccupazione è un dolore mentale, e il dolore è sempre una richiesta di attenzione. Se diventi attento, la richiesta cessa, e il problema dell'ignoranza si dissolve. Invece di attendere una risposta alla domanda, scopri chi la pone, e perché. Presto scoprirai che è la mente, pungolata dalla paura del dolore. E la paura è fatta di ricordo e attesa, passato e futuro. L'attenzione ti riporta al presente, al qui-ora, che è uno stato sempre a portata di mano, ma raramente notato.
I.: Riducete la disciplina a semplice attenzione. Come mai gli altri maestri prescrivono sadhana lunghi e complicati?
M.: Di solito i maestri insegnano gli stessi sadhana che sono serviti per la loro realizzazione. È naturale, perché sono quelli che conoscono meglio. A me fu insegnato di concentrarmi sull'"io sono", e l'ho trovato estremamente efficace. Perciò ne parlo con piena fiducia. Ma lo stato fisico e mentale dei più, è spesso così compromesso e indebolito, che l'attenzione pura e semplice gli è del tutto preclusa. In questo caso, è opportuno prescrivere una prova anche piccola di applicazione. La ripetizione di una parola o l'osservazione di una figura, alleneranno il corpo e la mente a una ricerca più profonda e diretta. Dopotutto, la serietà è il fattore cruciale. La disciplina è solo il recipiente, e deve essere colmato di serietà, che è amore in azione. Senza amore non fai nulla.
I.: Amiamo solo noi stessi.
M.: Se fosse così, sarebbe splendido! Àmati con saggezza, e raggiungerai la vetta della perfezione. Tutti amano il corpo, ma pochi il loro vero essere.
I.: Ha bisogno di essere amato?
M.: Esso stesso è amore, e i tuoi molti amori sono i suoi riflessi, che variano di momento in momento.
I.: Conosciamo solo l'amore egoistico.
M.: Sarebbe sufficiente per cominciare. Àugurati il bene con tutte le forze. Rifletti, senti profondamente che cosa è davvero bene per te, e lotta strenuamente per ottenerlo. Presto scoprirai che il reale è il tuo unico bene.
I.: Continuo a non capire perché tanti maestri si ostinano a prescrivere discipline complicate e difficili.
M.: Non conta quello che fai, ma ciò che smetti di fare. Chi intraprende una disciplina, è così teso e inquieto, che gli ci vuole un metodo che lo assorba completamente, per mantenersi in riga. Dopo un po', si calma e smette di sforzarsi. Nella pace e nel silenzio la pelle dell'"io" si dissolve, e l'interno e l'esterno si unificano. La vera disciplina non comporta sforzi.
I.: Talvolta ho l'impressione che lo spazio stesso sia il mio corpo.
M.: Quando sei vincolato all'illusione "io-sono-questo-corpo", non sei che un punto nello spazio e un attimo nel tempo. Quando l'auto-identificazione col corpo cessa, scopri che spazio e tempo sono nella tua mente, che è una mera increspatura nella coscienza, che, a sua volta, è il riflesso della consapevolezza nella natura. La consapevolezza e la materia sono gli aspetti attivo e passivo del puro essere, che è tanto in esse quanto al di là. Lo spazio e il tempo sono il corpo e la mente dell'esistenza universale. La mia sensazione è che tutto ciò che accade nello spazio e nel tempo accada a me, e che ogni esperienza, ogni forma siano le mie. La forma che assumo per essere, diventa il mio corpo, e tutto ciò che gli accade diventa la mia mente. Ma alla radice dell'universo c'è la pura consapevolezza, al di là dello spazio e del tempo, qui, ora. Sappi che è il tuo vero essere, e agisci in conseguenza.
I.: Le azioni accadono secondo le circostanze. Che differenza fa per chi mi prendo?
M.: Le circostanze vincolano l'ignorante. Chi conosce la realtà non è asservito. La sola legge cui obbedisce è quella dell'amore.



Tratto da Io sono Quello
Rizzoli Editore - Milano 1981, 82
Introdotto, curato e tradotto da Grazia Marchianò
Riprodotto su autorizzazione


Vedi Eckhart:
(E2 a pag. 100) È veramente povero in ispirito l'uomo che può rinunciare a ciò che non è indispensabile.