Nisargadatta Maharaj
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56. 8 Maggio 1971




I.: Quando muore un uomo comune, che cosa gli accade?
M.: Dipende da ciò in cui ha creduto. La vita è immaginazione, prima e dopo. Il sogno continua.
I.: E che cosa accade al realizzato?
M.: Non muore perché non è mai nato(1).
I.: Per gli altri lo è.
M.: Ma non ai suoi occhi, perché il corpo e la mente non lo vincolano.
I.: Eppure voi conoscete lo stato dell'uomo dopo la morte. Almeno dalle vostre vite passate.
M.: Prima che incontrassi il mio maestro, sapevo molte cose. Ora non so nulla, perché ogni conoscenza appartiene al sogno, e non è valida. Conosco me stesso, e non trovo in me né vita né morte, ma solo il puro essere senza attributi. Appena la mente attinge al serbatoio dei ricordi e comincia a immaginare, riempie lo spazio di oggetti e il tempo di eventi. Se perfino questa nascita mi è ignota, come posso conoscere le precedenti? Il movimento intrinseco alla mente fa sì che tutto le appaia in moto, il tempo è una sua invenzione, e perciò si preoccupa del passato e del futuro. La culla dell'universo è la grande coscienza (mahatattva), radicata nella grande armonia (mahasattva). Come le onde fanno l'oceano, così tutte le cose fisiche e mentali compongono la consapevolezza, la quale è importantissima in sé e per sé, non per il suo contenuto. Espandila, approfondiscila, e tutte le beatitudini scorreranno in te. Non occorre che cerchi nulla, tutto ti accadrà naturalmente e senza sforzo. I cinque sensi e le quattro funzioni (memoria, pensiero, raziocinio, egoità), i cinque elementi (terra, acqua, fuoco, aria, etere), i due aspetti della creazione (natura e spirito), tutto questo è contenuto nella consapevolezza.
I.: Tuttavia si deve credere nelle vite anteriori?
M.: Le Scritture lo affermano, per me è lettera morta. Mi conosco come sono ora. Come fui o come sarò, non rientra nella mia esperienza attuale. Non ho neppure ricordi, perché non c'è nulla da ricordare. La reincarnazione presuppone un sé suscettibile di reincarnarsi. Ma questo sé non esiste. Il grappolo di memorie e speranze definito "io", immagina di durare per sempre, e inventa il tempo per accogliere la sua falsa eternità. Per essere, il passato e il futuro non mi servono. Ogni esperienza, dalla nascita alla morte, è un prodotto dell'immaginazione. Io non immagino, perciò non sono nato e non morirò. Solo quelli che si reputano nati, possono pensare di rinascere. Tu m'imputi di essere nato, davvero non ne ho colpa!
Tutto esiste nella consapevolezza, che non muore e non rinasce. È la stessa realtà immutabile.
L'universo dell'esperienza nasce e muore con il corpo; inizia e finisce nella consapevolezza, che in sé non ha inizio né fine. Se vagli questo fatto e lo mediti a lungo, la luce della consapevolezza inonderà la tua vita e l'immagine del mondo svanirà. È come guardare un bastoncino d'incenso mentre brucia; prima vedi il bastoncino e il fumo; e quando scopri la punta che arde, capisci che potrebbe consumare un monte di bastoncini, e far ardere il mondo intero. Fuori del tempo il sé si realizza senza esaurire le sue possibilità che sono infinite. Nella metafora di prima, il bastoncino è il corpo, e il fumo è la mente. Finché è occupata nelle sue contorsioni, non riesce a percepire la fonte. Il maestro viene, e volge la tua attenzione alla scintilla che è dentro. La mente è naturalmente estroversa; il cuore delle cose tende a cercarlo in mezzo ad esse; sentirsi dire che la fonte è dentro, è in un certo senso l'inizio di una nuova vita. Alla coscienza subentra la consapevolezza. La coscienza è radicata nell'"io", la consapevolezza è intera, e radicata in se stessa. La natura mentale dell'"Io Sono", le è estranea; come dire, nella consapevolezza non c'è "io sono consapevole", la consapevolezza non è dell'io. La coscienza è un attributo, so di essere conscio; la consapevolezza non è un attributo, non può esserci un io cosciente della consapevolezza. Dio è la coscienza del tutto, dell'essere e del non-essere.
I.: La mia domanda all'inizio riguardava lo stato dell'uomo dopo la morte. Quando il corpo è dissolto, che ne è della coscienza? I sensi restano o cessano? E se cessano, che cosa resta della coscienza?
M.: I sensi non sono che dei modi di percezione, grossolani e sottili. Alla morte i primi scompaiono e ne emergono altri, più sottili.
I.: Dopo la morte si accede alla consapevolezza?
M.: Non può esserci transizione dalla coscienza alla consapevolezza, perché questa non è una forma di coscienza. Dopo la morte la coscienza si assottiglia e si raffina. La gamma delle percezioni indotte dai sensi svanisce insieme ad essi.
I.: Resta l'incoscienza?
M.: Non vedi che ne parli come di qualcosa che viene e va? Finché la finestra è aperta, la luce inonda la stanza. Anche se chiudi la finestra, la stanza ha luce. Forse che il sole vede nel buio della stanza? Puoi dire che la luce vede il buio? Per il sole esiste l'oscurità? Così è per l'incoscienza, non c'è perché non può essere sperimentata. La deduciamo quando c'è un vuoto nella memoria o nella comunicazione. Se non ho reazioni, si dirà che sono incosciente. In realtà potrei essere perfettamente cosciente, ma incapace di comunicare o ricordare.
I.: La mia domanda è semplice. Ci sono sulla terra circa quattro miliardi di esseri umani, tutti mortali. Quale sarà la loro esperienza dopo la morte? Fisicamente, non psicologicamente. Manterranno la coscienza? E come? Vi prego di non replicare che la domanda è mal posta, che non avete la risposta, o che nel vostro mondo il quesito non ha senso; se parlate del vostro e del nostro mondo come diversi e incompatibili, mettete una barriera tra noi. O il mondo in cui voi e noi viviamo è lo stesso, o la vostra esperienza non ci serve.
M.: Il mondo è lo stesso. Solo che io lo vedo com'è e tu no. Tu ti vedi nel mondo mentre io vedo il mondo in me. Sei convinto di nascere e di morire, per me è il mondo che appare e scompare. Il mondo è reale, la visione che ne hai tu non lo è. Se c'è una barriera tra noi, sei tu che la erigi. Non c'è niente di sbagliato nei sensi, è la tua immaginazione che t'inganna(2). Ricopre ciò che è con quello che immagini, qualcosa che esiste indipendentemente da te, e che però è strettamente conforme ai tuoi schemi, ereditati o acquisiti. In questo atteggiamento c'è una profonda contraddizione, che ti strugge, e che causa il dolore. Ti aggrappi all'idea di essere nato in un mondo di dolore; io invece so che il mondo è figlio dell'amore, e che il suo principio, sviluppo e compimento sono nell'amore. E persino oltre.
I.: Se il mondo è creato dall'amore, perché è così pieno d'odio?
M.: Dalla parte del corpo, è così. Ma tu non sei il corpo, sei l'immensità e l'infinità della coscienza. Non accettare il falso, e vedrai le cose come le vedo io. Dolore e piacere, bene e male, giusto e sbagliato, sono termini relativi, limitati e temporanei.
I.: Nel Buddismo si dice che chi abbia raggiunto il nirvana, e si sia illuminato come il Buddha, è perfettamente libero. Può conoscere e provare su di sé tutto ciò che esiste. La natura gli è sottomessa; interviene sulla catena di causa-effetto, muta l'ordine degli eventi, modifica perfino il passato. Il mondo è con lui ma nel mondo egli è libero.
M.: Hai descritto Dio. Naturalmente, dov'è l'universo c'è anche la sua controparte: che è Dio(3). Ma io sono al di là di ambedue.
Una volta gli abitanti di un regno erano alla ricerca del loro sovrano. Trovarono un giusto e lo incoronarono. Con quel gesto niente mutò in lui. Gli vennero semplicemente attribuiti il titolo, i diritti e i doveri di un sovrano. Solo i suoi atti ne furono modificati, non la sua natura. Lo stesso accade all'illuminato, il contenuto della sua coscienza subisce una radicale trasformazione. Ma egli non è sviato, perché conosce l'immutabile.
I.: L'immutabile non è cosciente. La coscienza è sempre di ciò che muta. Non c'è traccia dell'immutabile nella coscienza.
M.: Sì e no. La carta non è lo scritto, tuttavia lo scritto è sulla carta. L'inchiostro non è il messaggio, né lo è la mente del lettore: ma tutti insieme rendono il messaggio possibile.
I.: La coscienza proviene dalla realtà o è un attributo della materia?
M.: La coscienza come tale è la controparte sottile della materia. Come l'inerzia (tamas) e l'energia (rajas) sono attributi della materia, così l'armonia si manifesta come coscienza. In un certo senso è una forma di energia sottile. Ovunque la materia organizzi se stessa in un organismo stabile, la coscienza sorge spontaneamente, e svanisce con la distruzione dell'organismo.
I.: Allora, che cosa sopravvive?
M.: Ciò di cui la materia e la coscienza sono aspetti, non nasce né muore.
I.: Se è al di là della materia e della coscienza, è mai percepibile?
M.: Puoi conoscerlo dagli effetti che produce su ambedue; nella bellezza e nella beatitudine puoi cercarlo. Ma non capirai né il corpo né la coscienza, a meno di trascenderli.
I.: Per favore, ditelo chiaro e tondo: siete cosciente o no?
M.: L'illuminato non è né l'uno né l'altro. Ma nella sua illuminazione è contenuto tutto. La consapevolezza contiene ogni esperienza. Ma l'uomo consapevole è al di là di ogni esperienza. Persino di là dalla consapevolezza.
I.: La base dell'esperienza, chiamiamola materia; lo sperimentatore, chiamiamolo mente. Qual è il ponte tra i due?
M.: Proprio la distanza tra i due, è il ponte. Quello che a un estremo appare materia e all'altro mente, è in sé il ponte. Non dividere la realtà in mente e corpo, e non avrai bisogno di ponti.
Il mondo sorge col sorgere della coscienza. Quando contempli la saggezza e la bellezza del mondo, lo chiami Dio. Vai all'origine di tutto ciò che è, e tutte le domande ti saranno soddisfatte.
I.: L'osservatore e l'osservato sono due o tutt'uno?
M.: C'è solo l'osservare. L'osservatore e l'osservato sono i suoi contenuti. Non creare differenze dove non ce ne sono.
I.: All'inizio vi ho domandato sulla morte. Avete detto che l'esperienza dell'uomo dopo la morte sarà modellata sulle sue aspettative.
M.: Prima di nascere aspettavi di vivere secondo un programma che hai delineato tu stesso. La tua volontà determina il tuo destino.
I.: Dipende anche dal karma.
M.: Il karma dà forma alle circostanze ma le tendenze sono le tue. È la tua natura a modellare in ultima analisi la tua vita.
I.: E come?
M.: Vedendola per quello che è, e sinceramente rammaricandotene. Questo modo integrale di vedere e sentire fa miracoli. È come modellare un'immagine nel bronzo: il metallo o il fuoco da soli non bastano, né lo stampo a sé stante; devi fondere il metallo nel calore del fuoco e versarlo nello stampo.



Tratto da Io sono Quello
Rizzoli Editore - Milano 1981, 82
Introdotto, curato e tradotto da Grazia Marchianò
Riprodotto su autorizzazione


Vedi Eckhart:
(E1 a pag. 137) Perciò io sono non nato, e, secondo il modo del mio non esser nato, non posso mai morire. Secondo il modo del mio non esser nato, io sono stato in eterno, e sono ora, e rimarrò in eterno.
Vedi Eckhart:
(E2 a pag. 189) È così per le persone che vivono nella ignoranza: non sanno cosa è Dio, e sembra loro e si immaginano di vivere, ma un tale sapere non viene da Dio.
Vedi Eckhart:
(E1 a pag. 80) Dio si forma, dove tutte le creature esprimono Dio: là si forma "Dio".
Vedi Eckhart:
(E1 a pag. 132) Prima che le creature fossero, Dio non era Dio, ma era quello che era. Quando le creature furono e ricevettero il loro essere creato, Dio non era Dio in se stesso, ma era Dio nelle creature.