51. 16 Aprile 1971
I.: Sono francese, e pratico da dieci anni lo yoga.
M.: In questi dieci anni, ti sembra di esserti avvicinato allo scopo?
I.: Solo un poco, forse. È duro, lo sapete.
M.: Il sé è vicino, la via è agevole. Devi solo limitarti a non fare.
I.: La disciplina è ardua.
M.: La tua disciplina è essere. Il fare accade. Sta' all'erta. È forse difficile ricordarti chi sei? E, bada, tu sei sempre.
I.: Il senso di essere è indubbiamente costante, ma il campo dell'attenzione è spesso disturbato da eventi mentali d'ogni genere: emozioni, immagini. idee. Il puro senso di essere, di solito è messo al bando.
M.: Come procedi per eliminare il superfluo dalla mente? Quali strumenti impieghi per purificarla?
I.: Sostanzialmente, l'uomo ha paura. Teme soprattutto se stesso. Mi sento come un uomo che trasporta una bomba sul punto di esplodere. Non può disinnescarla o gettarla via. Per me la liberazione equivale a far fuori la bomba. Di essa so poco. So solo che mi proviene dalla prima infanzia; è il bambino disperato che si oppone con tutte le forze alla mancanza d'amore. Ha un pazzo bisogno d'amore, e poiché non lo riceve, è impaurito e adirato. Talvolta sento che vorrei uccidere, qualcun altro o me stesso. Il desiderio è così forte che ho sempre paura. E non so come uscirne.
C'è una differenza tra la mente indiana e quella europea. Quella indiana è al confronto più semplice. L'Europeo è molto complicato. L'Indù è fondamentalmente sattvico, cerca la quiete e l'armonia. Non comprende l'inquietudine dell'Europeo, la sua infaticabile ricerca di ciò che crede si debba fare, la sua più vasta conoscenza generale.
M.: La sua capacità raziocinante è tale che finisce col ragionare al di fuori di ogni logica. La sua arroganza dipende da una cieca fiducia nella logica.
I.: Pensare, ragionare, è l'attività abituale della mente. Non può cessare di punto in bianco.
M.: Può essere abituale, ma non è detto che sia normale. Uno stato normale non può essere doloroso, mentre una cattiva abitudine porta spesso a un dolore cronico.
I.: Se non è lo stato normale o naturale della mente, come bloccarlo? Deve esserci un modo per acquietare la mente! Quante volte mi dico: basta, smettila; ne ho abbastanza del dialogo interno, col suo flusso ininterrotto di chiacchiere! Ma la mente non si arresta. Puoi fermarla solo per poco. Anche i tipi "spirituali" ricorrono a trucchi per frenare la mente. Ripetono formule, cantano, pregano, respirano a ritmo intensificato o rallentato, si scuotono, ruotano, si concentrano, meditano, inseguono estasi, coltivano virtù - frenetici nell'estinguere l'azione frenetica, l'inconcussa ricerca, il dinamismo perenne -. Se non fosse tragico, sarebbe ridicolo.
M.: La mente esiste allo stato di acqua e a quello di miele. Come acqua, basta un niente ad agitarla; mentre il miele, anche se è scosso, torna subito immobile.
I.: La mente può essere calmata, ma è per natura inquieta.
M.: Puoi avere una febbre cronica, e tremare ininterrottamente. I desideri e le paure agitano la mente. Se la liberi dalle emozioni negative, è subito quieta.
I.: Non si può difendere il bambino dalle emozioni negative. Appena nato, apprende il dolore e la paura. La fame è un tiranno crudele, e insegna la dipendenza e l'odio. Il bambino ama la madre perché lo nutre, e la odia perché gli fa attendere il cibo. La nostra mente inconscia è colma di conflitti che traboccano nel cosciente. Viviamo su un vulcano, siamo sempre in pericolo. È vero: la compagnia di persone dalla mente pacificata può darmi molto ristoro; ma non appena me ne stacco, il vecchio assillo ritorna. Ecco perché vengo periodicamente in India a visitare il mio maestro.
M.: Tu pensi di andare e venire, o di attraversare umori diversi. Io vedo le cose come sono, eventi momentanei che si susseguono, il loro essere proviene da me, eppure non sono certamente né miei né me. Non mi sento un fenomeno tra gli altri, e non ne dipendo. La mia indipendenza è così semplice e totale, che la tua mente, avvezza alla contraddizione e al rifiuto, non può afferrarla. Intendo pari pari quello che dico: non ho bisogno di contraddire o negare, perché non posso essere il contrario o la negazione di nulla(1). Sono al di là; in una dimensione del tutto diversa. Non cercarmi tra le identificazioni o le opposizioni a qualsiasi cosa: sono dove il desiderio e la paura non allignano. E tu? Qual è la tua esperienza? Ti senti anche tu separato da tutto ciò che è transitorio?
I.: Di quando in quando. Ma all'improvviso mi afferra un senso di pericolo. Mi sento come isolato, tagliato fuori da ogni rapporto. E qui sta la differenza tra i due atteggiamenti. Per l'Indù l'emozione viene dopo il pensiero. Dagli un'idea, e saranno suscitate le sue emozioni. Per l'Occidentale è il contrario: dategli un'emozione e ti produrrà un'idea. Per me le vostre idee sono intellettualmente molto attraenti, ma emozionalmente le respingo.
M.: Metti via l'intelletto. In questi casi non serve.
I.: Che me ne faccio di un consiglio inapplicabile? Le vostre sono pure idee, alle quali vorreste che rispondessi coi sentimenti, perché, altrimenti, non può seguire l'azione.
M.: Perché parli di azione? Sei forse attivo continuamente? Un ignoto potere opera in te, e t'immagini di agire. In realtà, osservi ciò che accade, senza poterlo minimamente influenzare.
I.: Perché c'è in me tanta resistenza ad ammettere che non posso far niente?
M.: Ma che puoi mai fare? Sei come un paziente sotto anestesia. Quando ti svegli, l'operazione è finita, puoi dire di aver fatto qualcosa?
I.: Ma sono io che ho accettato di sottopormi all'operazione.
M.: Niente affatto. Da un lato la malattia, dall'altro le pressioni del medico e della famiglia, ti hanno fatto decidere. Non c'è scelta, c'è solo l'illusione di averla.
I.: Eppure non mi sembra di essere così impotente! Sento di poter fare tutto ciò che penso, solo che non so come. Non è il potere che mi manca, ma la conoscenza.
M.: Non conoscere i mezzi è certo altrettanto grave che non potere! Ma accantoniamo per ora la questione, dopotutto non è così essenziale sapere perché siamo impotenti, fin tanto che constatiamo di esserlo,
Ho settantaquattro anni, eppure mi sento un bambino di settantaquattro anni. Uno che, nonostante tutti i cambiamenti, è rimasto quel bambino. Il maestro mi disse: "Quel bambino che è sempre in te, è il tuo vero essere (swarupa). Torna da lui, là dove l'"io sono" si serba puro, prima di contaminarsi con "questo" o "quello". Il tuo fardello sono le false auto-identificazioni: abbandonale tutte(2) ". E aggiunse: "Credi a ciò che ti dico: tu sei divino. Accoglilo come una verità assoluta. La tua gioia, perfino il tuo dolore, sono divini. Tutto viene da Dio. Ricordalo sempre. Sei Dio, sia fatta la tua volontà". Gli credetti, e presto constatai quanto fossero straordinariamente vere e appropriate le sue parole. Ebbi l'accortezza di non condizionare la mente a pensare: "Sono Dio, sono meraviglioso, sono al di là". Semplicemente mi attenni all'istruzione di mettere a fuoco la mente sull'"io sono" e concentrarmici. Per ore sedevo immobile, la mente colma dell'"io sono"; e presto la pace e la letizia di un amore profondo e sconfinato divennero il mio stato normale. Tutto in esso dispariva: me stesso, il maestro, la mia vita, il mondo intorno a me(3). Solo la pace galleggiava e un silenzio insondabile.
I.: Sembra tutto così semplice, ma non lo è. Talvolta ho provato quella pace meravigliosa. L'ho osservata e mi sono detto: "è venuta tanto facilmente, e la sento così intima e mia! Perché agitarsi tanto per ottenere un'esperienza così accessibile? Questa volta, certamente, è venuta per restare ". E invece, in un baleno, si dilegua, e non mi resta che almanaccare se quello che ho assaporato sia un pezzetto di realtà o qualche altra aberrazione. Se era reale, perché è sfumato? Forse mi ci vorrebbe un'esperienza cruciale per stabilizzarmi nel nuovo stato; e finché non viene, resto imbrigliato in questo gioco di dentro-fuori.
M.: La tua attesa di qualcosa di unico e drammatico, di un'esplosione spettacolare, non fa che ostacolare e procrastinare la tua realizzazione. Non devi attenderti un'esplosione, perché quella è già avvenuta quando nascesti, e ti scopristi fatto di essere-conoscenza-sentimento. Commetti un solo errore: scambi l'interno per l'esterno e viceversa. Ciò che è dentro di te, lo prendi per ciò che è fuori, e il fuori per ciò che è dentro. La mente e i sentimenti sono esterni, e tu li credi interni. E ritieni che il mondo sia esterno, quando non è che una proiezione della tua psiche. È questo il grosso equivoco, e nessuna nuova esplosione potrà rimuoverlo. Non c'è altra via che pensartici fuori.
I.: E come faccio, se i pensieri vanno e vengono a piacer loro? La loro chiacchiera ininterrotta mi distrae e mi stanca.
M.: Osserva i pensieri come il traffico per la strada. La gente va e viene: l'attenzione lo registra meccanicamente. All'inizio può non essere facile, ma con un po' di pratica vedrai che la mente può funzionare allo stesso tempo a vari livelli, e che tu puoi esserne consapevole ad uno ad uno. Solo quando un preciso interesse ti volge verso un livello, la tua attenzione ne resta presa, e si spegne sugli altri. E perfino allora l'opera sui livelli spenti continua, al di sotto della coscienza. Non lottare con i ricordi e i pensieri; lìmitati a inserire nel tuo campo di attenzione domande più importanti, quali "Chi sono?", "Come capitò che nascessi?", "Da quando l'universo mi circonda?", "Che cosa è reale e che cosa è momentaneo?". Nessun ricordo persisterà, se smetti di badarci; è il legame emotivo, che perpetua il vincolo. Desideri il piacere, eviti il dolore, rincorri continuamente la felicità e la pace. Non ti accorgi che è proprio la ricerca della felicità che ti rende infelice? Prova a invertire: indifferente al dolore e al piacere, senza domanda, senza rifiuto, poni tutta l'attenzione sull'"io sono", che è onnipresente. Presto scoprirai che la quiete e la felicità ti appartengono naturalmente, e che il cercarle come se dovessi raggiungerle, è ciò che ti turba. Lìmitati a evitarlo. Non cercare(4). Non potresti inseguire quello che già non hai. Sei Dio, la Realtà Suprema(5). All'inizio da' fiducia al maestro. Ti permette di fare il primo passo - e poi, è una fiducia giustificata dalla tua stessa esperienza -. In ogni sentiero della vita una fiducia iniziale è indispensabile; senza di essa, puoi fare ben poco. Ogni impresa è un atto di fede. Persino il pane quotidiano lo mangi sulla fiducia! Se ricordi ciò che ti ho detto, otterrai tutto. Lo ripeto: "Sei la realtà onnipresente, trascendente". Compòrtati in conseguenza: pensa, senti, agisci in armonia con ciò che è intero: e l'esperienza di cui parlo, ti visiterà all'istante. Non occorre sforzo. Abbi fede, e agisci fiduciosamente. Convinciti, per favore, che non voglio niente da te. Parlo nel tuo interesse: perché tu ami soprattutto te stesso, ti vorresti sicuro e felice. Non vergognartene, non negarlo. È naturale e vantaggioso amare se stessi. Solo che dovresti sapere che cosa amare esattamente. Non è il corpo, che ami, ma la vita: percepire, sentire, pensare, fare, amare, lottare, creare. Quella è la Vita che ami, che è te, tutto. Vedila intera, al di là di tutte le divisioni e le limitazioni, e ogni desiderio vi sarà riassorbito, come il maggiore che contiene il minore. Perciò trova te stesso, perché trovandolo, trovi il tutto. Ogni uomo è felice di essere. Ma pochi conoscono quale pienezza vi sia. La scopri se t'installi mentalmente nell'"io sono", "io conosco", "io amo", con la volontà di raggiungere il significato più profondo di quelle parole.
I.: Posso pensare "sono Dio"?
M.: Non identificarti con un'idea. Se per Dio intendi l'Ignoto limitati a dire: "Non so chi sono". Se invece Lo conosci, conosci te stesso, e non occorre dirlo(6). La cosa migliore è riconoscere semplicemente: "Sono". Instàllati in esso pazientemente, in questo caso la pazienza è saggezza, non preventivare di fallire. Non c'è fallimento in un'impresa del genere.
I.: I miei pensieri non lo permetteranno.
M.: Trascurali. Non competere, non assumere iniziative che li riguardino, lascia che siano, quali che siano. È proprio il tuo combatterli che li suscita. Attraversali con lo sguardo. Ricordati di ricordare: "Qualunque cosa accada, accade perché io sono". Tutto ti rammenta che sei. Approfitta più che puoi del fatto che, per avere esperienza, devi essere. Non occorre arrestare il pensiero. Lìmitati al disinteresse. È il disinteresse, che ti libera. Non aggrapparti, tutto qui. Il mondo è fatto di anelli con tanti uncini che hai in mano tu. Raddrizzali, e niente ti tratterrà. Abbandona tutte le dipendenze. Non c'è altro da abbandonare. Sospendi l'abitudine di accumulare, di tenere ai risultati, e la libertà dell'universo sarà tua. Sii senza sforzo.
I.: La vita è sforzo. Ci sono tante cose da fare!
M.: Quello che devi fare, fallo. Non opporre resistenza. Devi avere un equilibrio dinamico, basato sul fare la cosa giusta momento per momento. Non essere un bambino che si rifiuta di crescere. Gesti e atteggiamenti convenzionali non ti aiuteranno. Affidati interamente alla tua chiarezza di pensiero, purezza d'intenzione e integrità d'azione. Non puoi sbagliare. Tutta questa storia del bambino non amato da una madre gelida è solo nella tua mente. Va' oltre, làsciatelo alle spalle.
I.: Si può abbandonare per sempre una cosa?
M.: Sogni una specie di estasi, ininterrotta. Ma le estasi, necessariamente, vanno e vengono, perché il cervello non può reggere la tensione troppo a lungo. Un'estasi prolungata lo brucerebbe, a meno che non sia di materia purissima e rarefatta. Niente dura nella natura, tutto pulsa, emerge e dilegua. Cuore, respiro, digestione, sonno e veglia - nascita e morte -, a ondate, vanno e vengono. Ritmo, periodicità, armoniosa alternanza degli opposti, sono la regola. È inutile ribellarsi al modello stesso della vita. Se cerchi l'immutabile, scavalca l'esperienza. Quando dico: "Ricorda ininterrottamente 'Io sono'", intendo: tornaci sopra in continuazione. Lo stato naturale della mente è quello in cui non l'attraversa alcun pensiero particolare, e neppure l'idea del silenzio, ma il silenzio vero e proprio. La mente allo stato normale recupera spontaneamente il silenzio dopo ogni esperienza; o meglio, ogni esperienza accade sullo sfondo del silenzio.
Ed ora, quello che hai appreso qui, diventerà il seme. Potrai apparentemente dimenticarlo. Ma resta vivo, e al tempo opportuno germoglierà, crescerà, e produrrà fiori e frutti. Tutto accadrà da sé. Non devi fare niente, lìmitati a non impedirlo.
Tratto da Io sono Quello
Rizzoli Editore - Milano 1981, 82
Introdotto, curato e tradotto da Grazia Marchianò
Riprodotto su autorizzazione
(E1 a pag. 42) L'Uno è una negazione della negazione. Tutte le creature portano in sé una negazione: l'una nega di essere l'altra. Un angelo nega di essere un altro. Dio, invece, ha una negazione della negazione; egli è Uno, e nega tutto il resto, perché niente è al di fuori di Dio.
(E1 a pag. 232) Se tu togli il tuo esser questo o quello, o il tuo possedere questo o quello, tu sei tutto e tutto possiedi. Nello stesso modo, se non sei qui o là, sei dappertutto.
(E1 a pag. 112) Chi è così nell'amore e completamente amore, s'immagina che Dio non ami altri che lui. E non sa di persona che ami o da cui sia amata, a parte lui solo.
(E1 a pag. 201) La ragione si muove intorno e cerca; spia di qui e di là, raccoglie e perde. Ma al di sopra di questa ragione che cerca, ce n'è un'altra che non cerca, che sta nel suo puro e semplice essere, avvolto da quella luce.
Vedi Margherita:
(MP, cap. 93) Quando quest'Anima cercava Dio, non sapeva che Dio è dappertutto: se l'avesse saputo, non l'avrebbe cercato.
(E1 a pag. 235) Tra Dio e l'uomo non v'è estraneità o lontananza. Perciò l'uomo non è simile a Dio, ma assolutamente identico e lo stesso che egli è, assolutamente.
(E1 a pag. 182) Mentre l'anima conosce Dio, conosce se stessa e tutte le cose, da cui si è separata, in modo perfetto in Dio.