Nisargadatta Maharaj
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48. 30 Marzo 1971




I.: Sono appena rientrato dall'ashram di Ramana Maharshi, dove ho trascorso sette mesi.
M.: Che pratiche hai seguito?
I.: Per quanto ho potuto, mi sono concentrato sul "Chi sono?".
M.: Verbalmente?
I.: Lo facevo nei momenti liberi, durante il giorno. Talvolta bisbigliavo tra me e me: "Chi sono?", "Io sono, ma chi sono?". Oppure lo facevo in silenzio. Di tanto in tanto provavo una sensazione piacevole, o entravo in uno stato di quieta felicità. Nell'insieme cercavo di essere calmo e ricettivo, piuttosto che inseguire delle esperienze.
M.: Che cosa provavi quando eri nello stato d'animo giusto?
I.: Una quiete interiore, pace e silenzio.
M.: Ti sei accorto di perdere coscienza?
I.: Talvolta, e per brevissimo tempo. Altrimenti ero soltanto quieto, dentro e fuori.
M.: Che genere di quiete? Era simile al sonno profondo, eppure consapevole, una specie di sonno vigile?
I.: Sì. Ero in un sonno desto (jaigrat sushupti).
M.: La cosa più importante è essere liberi dalle emozioni negative: desideri, paure, e via elencando i "sei nemici " della mente.
Come una stoffa tenuta nell'acqua limpida diventa pulita, così la mente è purificata nel flusso del puro sentimento. Quando siedi quieto e osservi te stesso, viene a galla ogni genere di cose. Non assumere iniziative, non reagire: come vengono, se ne vanno. Conta solo l'attenzione, la totale consapevolezza di sé o, meglio, della mente.
I.: Dicendo "di sé", intendete la vostra persona di tutti i giorni?
M.: Sì, la persona, che è l'unica cosa oggettivamente osservabile. L'osservatore è al di là dell'osservazione. Ciò che si può osservare non è il vero sé(1).
I.: Posso sempre osservare l'osservatore, recedendo all'infinito.
M.: Puoi osservare l'osservazione, non l'osservatore. Tu sai di essere l'ultimo osservatore grazie a una visione diretta, e non a un processo logico basato sull'osservazione. Sei ciò che sei, ma conosci ciò che non sei. Il sé si conosce come essere, il non-sé come divenire. Ma in realtà tutto è nella mente. L'osservato, l'osservazione e l'osservatore sono costrutti mentali. Solo il sé è.
I.: Perché la mente crea queste divisioni?
M.: Dividere e scomporre è nella natura della mente. Non c'è nessun male a dividere. Ma la separazione va contro la realtà dei fatti. Cose e persone sono diverse le une dalle altre ma non separate fra loro. La natura è una, la realtà è una. Ci sono gli opposti, ma l'opposizione non esiste.
I.: Per natura sono attivo. E qui mi si sconsiglia l'attività. Quanto più cerco di restare inattivo, tanto più sento l'impulso di fare. Ne risulta che non solo sono esteriormente attivo, ma interiormente lacerato dallo sforzo di essere ciò che per natura non sono. C'è un rimedio contro questo desiderio di operare?
M.: L'azione è diversa dalla semplice attività. Tutta la natura è operosa. L'azione è la natura, la natura è azione. Invece l'attività è basata sul desiderio e la paura, sul desiderio di possedere e godere, sulla paura del dolore e dell'annientamento. L'azione operosa è del Tutto a prò del Tutto, l'attività è del singolo a prò di se stesso.
I.: C'è un rimedio contro l'attività?
M.: Se la osservi, cessa. Approfitta di ogni occasione per ricordarti che sei asservito, che tutto ciò che ti accade, dipende dal fatto che esisti nel corpo. Desiderio, timore, affanno, gioia, non possono apparire se non sei lì tu cui apparire. Tutto ciò che accade, rinvia a te come centro percettivo. Trascura i rinvii, e assumi coscienza di ciò a cui rinviano.
I.: Mi capita talvolta di diventare profondamente assorto. Sono cambiamenti improvvisi e fugaci, che non credo saprei controllare.
M.: II corpo è fatto di materia, e richiede tempo per cambiare. La mente è un insieme di abitudini, di modi di pensiero e sentimenti; per cambiarli bisogna portarli in superficie, e osservarli. Deciditi e persevera, il resto si prenderà cura da sé.
I.: Mi sembra di sapere con chiarezza ciò che devo fare, ma mi stanco quasi subito, mi deprimo e cerco compagnia, sottraendo il tempo destinato alla solitudine e alla meditazione.
M.: Fa' ciò che ti senti di fare, senza essere prepotente con te stesso! La violenza potrà solo renderti duro e rigido. Non lottare con quelli che ti sembrano degli ostacoli sulla via. Osservali, indaga. Basta che tu ti interessi ad essi. Lascia che tutto, bene o male, accada. Ma non farti travolgere da ciò che accade(2).
I.: A che serve ricordarsi continuamente di essere l'osservatore?
M.: Addestra la mente a sapere che, oltre lo strato della mobilità superficiale, c'è il fondo dell'immobile consapevolezza. Per quella via, la mente giungerà a conoscere e a rispettare il vero sé, cessando di oscurarlo, come la luna in eclissi che nasconde il sole. Convinciti che niente di osservabile e sperimentabile è te stesso, e ti può vincolare. Non far caso a ciò che non è te stesso.
I.: Per fare ciò che dite, occorre la consapevolezza costante.
M.: Ossia essere svegli, piuttosto che addormentati. In un modo o nell'altro lo sei già, non devi cercare di diventarlo. Ciò che invece ti manca è la consapevolezza di esserlo. Siilo deliberatamente, allarga e approfondisci il campo della coscienza. Sei sempre cosciente della tua mente, ma non consapevole di te, come essere cosciente.
I.: Se non sbaglio, assegnate significati distinti a "mente", "coscienza", "consapevolezza".
M.: La mente produce incessantemente pensieri anche senza la tua esplicita volontà. Chiami coscienza la tua nozione dell'attività della mente. Durante la veglia la coscienza si sposta di continuo da una sensazione all'altra, di percezione in percezione, da un'idea all'altra, senza fine. La consapevolezza è dell'interezza e della totalità della mente penetrate direttamente. La mente è come un fiume, che scorre nel letto del corpo: per un momento ti identifichi con un'onda e la chiami "il mio pensiero". Tutti i tuoi oggetti di coscienza fanno la mente; la consapevolezza è lo stato in cui la coscienza è colta nella sua interezza.
I.: Ognuno è cosciente, ma non tutti sono consapevoli.
M.: Non dire "ognuno è cosciente", ma "c'è la coscienza", in cui tutto appare e scompare. Le nostre menti sono onde che si accavallano nell'oceano della coscienza. Come onde, vanno e vengono. Come oceano, sono infinite e perenni. Conosciti come l'oceano dell'essere, il grembo di ogni esistenza. Beninteso sono metafore: la realtà è oltre la descrizione. La conosci solo se sei essa.
I.: La ricerca vale la fatica?
M.: Se manca la realtà, tutto è fatica. Se vuoi vivere una vita sana, creativa e felice, con infinite ricchezze da spartire, cerca ciò che sei. Mentre la mente ha il suo centro nel corpo, e la coscienza nella mente, la consapevolezza è libera. Il corpo ha i suoi tiranni, e la mente i suoi dolori e piaceri. La consapevolezza è inattaccata e incrollabile. Lucida, silenziosa, pacifica, vigile, cibatene quotidianamente, e sarà tua. La mente corre appresso a ciò che accade, la consapevolezza è fissata sulla mente. Il bambino rincorre il giocattolo, ma la madre osserva il bambino, non il giocattolo.
Nel mio caso, l'osservazione continua scavò un grande vuoto dal quale tutto ritornò a me tranne la mente. L'ho perduta per sempre(3).
I.: Ora, mentre ci parlate, siete incosciente?
M.: Sono oltre la mente: perciò né cosciente né incosciente. Distinzioni del genere sono mentali e solo alla mente si adattano. Di me posso dire: sono la stessa coscienza intemerata, la consapevolezza indivisa di tutto ciò che è(4). La mia condizione è più reale della tua perché non è distratta dalle distinzioni e le separazioni che fanno la persona. Finché dura, il mio corpo ha i bisogni comuni a tutti i corpi, ma il processo mentale è estinto.
I.: Vi comportate come un essere pensante.
M.: Perché no? Ma il mio pensiero è come la digestione, inconscio e conforme al suo fine.
I.: Se il vostro pensiero è inconscio, come sapete che è giusto?
M.: Non c'è desiderio né timore che lo ostacoli. Che cosa potrebbe renderlo non giusto? Una volta che conosco me stesso e ciò che rappresento, non ho bisogno di ricontrollarmi tutte le volte. Quando sai che l'orologio mostra l'ora esatta, non esiti a consultarlo quando occorre.
I.: In questo istante, chi parla se non la mente?
M.: Quello che ode la domanda, risponde.
I.: Ma chi é?
M.: Non chi, ma che cosa. Non sono una persona nel tuo senso del termine, benché possa apparire a te come una persona. Sono quell'oceano infinito di ogni esistenza e conoscenza in cui tutto accade. Non c'è niente da cui mi senta separato, quindi sono tutto(5). Nessuna cosa è me, io perciò non sono nessuna cosa. Lo stesso potere che fa bruciare il fuoco e fluire l'acqua, germogliare i semi e crescere gli alberi, mi fa rispondere alle tue domande. Non c'è niente di personale in me, benché linguaggio e stile possano sembrare personali. Una persona è uno schema di desideri, pensieri, e delle azioni risultanti; nel mio caso non c'è niente che io desideri o tema: come può esserci uno schema?
I.: Certamente morirete.
M.: La vita se ne andrà, il corpo morirà, ma non ne sarò toccato. Sono oltre lo spazio e il tempo, non causato, non causante, e tuttavia sono la matrice dell'esistenza.
I.: Posso domandarvi come siete giunto a questo stato?
M.: Il maestro mi disse di fissarmi sull'"io sono" con tenacia, e di non deviare neppure per un istante. Feci del mio meglio, e in un tempo relativamente breve realizzai dentro di me la verità della lezione. Tutto ciò che feci, fu di ricordare incrollabilmente l'insegnamento, il volto, le parole del maestro. Questo mise fine alla mia mente; nella quiete della mente mi vidi come sono, illimitato.
I.: La vostra realizzazione fu istantanea o graduale?
M.: Né l'uno né l'altro. Si è ciò che è al di fuori del tempo. È la mente che comprende come e quando si è liberata da desideri e paure.
I.: Anche dal desiderio di realizzarsi?
M.: Il desiderio di porre fine a tutti i desideri è uno strano desiderio, come il timore di aver paura è uno strano timore. L'uno ti impedisce di ghermire, e l'altro di fuggire. Puoi usare le stesse parole, ma gli stati non sono identici. L'uomo che cerca la propria realizzazione non è dedito a desideri; è un ricercatore e va contro il desiderio, non si accompagna ad esso. Un desiderio generico di liberazione è solo l'inizio. Trovare i mezzi adatti e usarli è il passo successivo. Il ricercatore ha un unico scopo: scoprire il suo vero essere. Di tutti i desideri questo è il più ambizioso, perché niente e nessuno può soddisfarlo; il ricercatore e il ricercato sono tutt'uno, e solo la ricerca conta.
I.: La ricerca finirà. Il ricercatore resta.
M.: No, il ricercatore si dissolverà, la ricerca resta. La ricerca è la realtà finale e fuori del tempo.
I.: Ricerca significa mancanza, bisogno, incompletezza e imperfezione.
M.: No, significa rifiutare e respingere ciò che è incompleto e imperfetto. La ricerca della realtà è in sé il movimento della realtà. Per un certo verso ogni ricerca è volta alla beatitudine, alla beatitudine del vero; ma qui noi intendiamo, per ricerca, la ricerca di noi stessi come radice dell'esser consapevoli, come la luce al di là della mente. Questa ricerca non finirà mai, mentre il desiderio inesauribile di ogni altra cosa deve cessare affinché si verifichi un vero progresso.
La ricerca della realtà o di Dio o del maestro e la ricerca di se stessi sono la stessa cosa; quando si è raggiunto uno di questi scopi, li si è raggiunti tutti. Quando "io sono" e "Dio è" ti diventano indistinguibili nella mente, allora ti accade qualcosa, e scopri che Dio è perché tu sei, tu sei perché Dio è(6). I due sono uno.
I.: Dato che tutto è preordinato, la nostra autorealizzazione è preordinata anch'essa? O siamo almeno liberi?
M.: Il destino riguarda solo il nome e la forma. Poiché non sei né il corpo né la mente, il destino non ha controllo su di te. Sei completamente libero. La coppa è condizionata dalla sua forma, dal materiale e dall'uso cui è destinata, e così via, ma lo spazio entro la coppa è libero. Altrimenti è puro spazio. Finché c'è un corpo, appari incarnato. Senza il corpo, sei scorporato: semplicemente sei.
Ogni destino non è che un'idea. Le parole si possono allineare in modi diversi! Le affermazioni possono variare, ma non cambiano niente nella realtà. Tante teorie si sono elaborate per spiegare la realtà e tutte sono plausibili, nessuna è vera. Quando guidi un'automobile, sei soggetto alle leggi della meccanica e della chimica, esci dall'auto e sei sotto le leggi della fisiologia e della biochimica.
I.: Che cos'è la meditazione, e quali sono i suoi usi?
M.: Finché sei un principiante, certe meditazioni formalizzate o talune preghiere possono giovarti. Ma per chi cerca la realtà c'è una sola meditazione: il rifiuto rigoroso di alimentare pensieri. Essere liberi dai pensieri è in sé meditazione.
I.: Come si fa?
M.: Cominci col lasciare fluire i pensieri, osservandoli. La semplice osservazione rallenta la mente fino a che si ferma del tutto. Una volta che la mente è quieta, mantienila tale. Non ti annoiare con la pace, immergiti in essa, approfondiscila.
I.: Ho sentito dire che si può trattenere un pensiero per mandar via gli altri. Ma come tenere a bada tutti i pensieri? Questa stessa idea è a sua volta un pensiero.
M.: Sperimenta di nuovo, non basarti sull'esperienza del passato. Osserva i tuoi pensieri e ossèrvati mentre li osservi. Lo stato di libertà da tutti i pensieri si produrrà all'improvviso, e lo riconoscerai dalla sua beatitudine.
I.: Proprio non v'interessa lo stato del mondo? Guardate gli orrori del Pakistan orientale: non vi toccano affatto?
M.: Leggo i giornali, so ciò che accade. Ma le mie reazioni non sono come le tue. Tu sei alla ricerca di un rimedio, mentre a me interessa la prevenzione. Finché ci sono cause, ci saranno risultati. Finché la gente si dedica a dividere e a separare, finché gli uomini sono egoisti e aggressivi, queste cose accadranno. Se vuoi pace e armonia nel mondo, devi avere pace e armonia nel cuore e nella mente. Questi cambi non sono imposti, devono venire dall'interno. Coloro che aborrono la guerra, devono eliminare la guerra dal loro sistema. Senza gente pacifica, come si può avere pace nel mondo? Finché la gente è com'è, il mondo non può che essere com'è. Sto facendo la mia parte cercando di aiutare la gente a conoscersi come l'unica causa della sua infelicità. In questo senso sono utile. Ma ciò che sono dentro di me, la mia condizione normale, non si può esprimere in termini di coscienza e utilità. Posso parlarne, usar metafore e parabole, ma so molto bene che le cose non stanno così(7). Si può sperimentare, questa è anzi l'auto-esperienza; ma non si può descrivere nei termini di una mente che deve separare e contrapporre per conoscere. Il mondo è come un foglio di carta su cui è battuto a macchina qualcosa. La lettura e il significato varieranno col lettore, ma la carta è il fattore comune, sempre presente, raramente percepito. Quando il nastro è tolto, la macchina non lascia traccia sul foglio. Così è la mia mente: le impressioni continuano ad affluire, ma non lasciano traccia.
I.: Perché restate costì seduto a parlare con la gente? Qual è il vostro motivo per farlo?
M.: Non c'è un motivo. Tu affermi che debbo avere un motivo. Io non sto qui seduto a parlare; è inutile creare i motivi. Non confondermi con il corpo. Non ho un lavoro da svolgere né doveri cui ottemperare. Quella parte di me che puoi chiamare Dio, baderà al mondo. Codesto vostro mondo che ha tanto bisogno che gli si badi, vive e si muove nella tua mente. Sprofòndati in essa e troverai le risposte. e solo lì le troverai. Di dove ti aspetti che provengano? Fuori della coscienza esiste forse qualcosa?
I.: Può esistere senza che io lo venga a sapere.
M.: E che genere di esistenza sarebbe? Può l'essere divorziarsi dal conoscere? Ogni essere come ogni conoscere è in rapporto a te(8). Una cosa è perché tu sai che essa è nella tua esperienza o nel tuo essere. Il corpo e la mente esistono finché lo credi. Cessa di pensare che essi sono te, e saranno dissolti. Lascia per carità che il corpo e la mente funzionino, ma non permettere che ti limitino. Se noti delle imperfezioni, continua a notarle: il fatto di prestare attenzione ad esse ti metterà a posto il cuore, la mente e il corpo.
I.: Posso curarmi da una seria malattia solo prendendone coscienza?
M.: Prendi coscienza della sua globalità, non solo dei suoi sintomi esterni. Ogni malattia comincia nella mente. Bada anzitutto alla mente, rintracciando ed eliminando tutte le idee e le emozioni errate. Poi vivi e agisci lasciando perdere la malattia e non pensarci più. Rimuovendo le cause, l'effetto è destinato a sparire. L'uomo diventa ciò che crede di essere. Tralascia tutte le idee che puoi avere su di te, e scoprirai che sei il puro testimone al di là di tutto ciò che può accadere al corpo e alla mente.
I.: Se divento qualsiasi cosa che pensi di essere, e comincio a pensare di essere la Realtà Suprema, forse che la mia Realtà Suprema non resterà per caso una mera idea?
M.: Prima raggiungi quello stato, e poi fa' la domanda.



Tratto da Io sono Quello
Rizzoli Editore - Milano 1981, 82
Introdotto, curato e tradotto da Grazia Marchianò
Riprodotto su autorizzazione


Vedi Eckhart:
(E1 a pag. 142) L'anima non può conoscersi con nulla. Infatti le immagini giungono sempre attraverso i sensi, e dunque essa non può avere alcuna immagine di se stessa. Così essa conosce tutte le altre cose, ma non se stessa.
Vedi Eckhart:
(E1 a pag. 162) L'anima è fatta per un bene così grande ed alto, che essa non può in alcun modo trovare riposo ed è sempre infelice, finché non giunge, sopra ogni modo, a quel bene eterno che è Dio, per il quale essa è fatta. Non vi giunge però con impeto, con la rigida ostinazione a fare questo e a lasciare quello, ma con la mitezza, in fedele umiltà e rinuncia a se stesso, nei confronti di tutto quello che capita. Non che l'uomo si metta in testa: farai questo assolutamente, costi quel che costi! Questo è falso, perché in ciò egli afferma se stesso. Se gli capita qualcosa che lo affatica, lo turba e lo rende inquieto, ciò è di nuovo falso, perché anche in questo si afferma se stessi. Se gli giungesse una grande contrarietà, dovrebbe farsi condurre da Dio, chinarsi umilmente sotto di lui, ed accogliere da lui in mite confidenza tutto quel che gli avviene: questo sarebbe il giusto comportamento.
Vedi Margherita:
(MP, cap. 87) Ora è morta la Ragione.
Vedi Eckhart:
(E1 a pag. 133) Infatti, quando l'uomo stava nell'eterna essenza di Dio, niente altro viveva in lui; cosa là viveva, quello era lui stesso.
Vedi Eckhart:
(E1 a pag. 234) Nella misura in cui non sei separato da tutte le cose, in questa misura sei Dio e tutte le cose, perché la divinità di Dio consiste nel fatto che non v'è separazione tra lui e le cose.
Vedi Eckhart:
(E1 a pag. 257) Se devo conoscere Dio in tal modo, immediatamente, devo divenire assolutamente lui, ed egli me. Io dico proprio precisamente: Dio deve assolutamente diventare me, ed io assolutamente Dio, così completamente uno, che questo "lui" e questo "me" divengano e siano una cosa sola.
Vedi Margherita:
(MP, cap. 70) Non sono altro se non quello che Dio è in me; e anche Dio è quello che è in me.
Vedi Eckhart:
(E2 a pag. 205) L'occhio nel quale io vedo Dio, è lo stesso occhio in cui Dio mi vede; l'occhio mio e l'occhio di Dio non sono che un solo occhio, una sola visione, una sola conoscenza, un solo amore.
Vedi Margherita:
(MP, cap. 119) Tutto ciò che si può dire o scrivere di Dio, o quello che si può pensarne, è più mentire che dire il vero.
Vedi Margherita:
(MP, cap. 32) Ma è meglio poco che niente; quindi vi dico che è meglio sentire quel che se ne dice, piuttosto che non sentirne niente!
Vedi Eckhart:
(E1 a pag. 81) Io solo porto tutte le creature dal loro essere spirituale nel mio intelletto, perché siano una cosa sola in me.