Nisargadatta Maharaj
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45. 19 Febbraio 1971




I.: Sono qui per starvi accanto, più che per ascoltarvi. Poco si può dire con le parole, molto di più è trasmesso col silenzio.
M.: Prima le parole, poi il silenzio. Bisogna essere maturi per il silenzio(1).
I.: Posso vivere in silenzio?
M.: L'azione disinteressata porta al silenzio, perché quando agisci senza interesse, non hai bisogno di chiedere aiuto. Indifferente ai risultati, vuoi operare coi mezzi più adeguati. Non t'importa di essere particolarmente dotato, e di disporre dei migliori strumenti. Non cerchi riconoscimenti né sostegni. Fai semplicemente ciò che occorre fare, lasciando il successo o la sconfitta all'ignoto. Tutto ha innumerevoli cause, e il tuo impegno personale è solo una di esse. Eppure, questa è la magia della mente e del cuore dell'uomo: che il più improbabile accade quando la volontà e l'amore spingono di concerto.
I.: Che c'è di sbagliato nel chiedere aiuto quando l'impresa lo merita?
M.: Perché chiedere? Non fa che rivelare debolezza e preoccupazione. Mettiti tu all'opera, e l'universo opererà insieme a te. D'altronde l'idea stessa di fare la cosa giusta ti viene dall'ignoto. Perciò, lascia all'ignoto di badare ai risultati, tu fa' soltanto i movimenti necessari. Nella lunga catena di causa-effetto, non sei che uno degli anelli. Fondamentalmente, tutto accade nella mente. Quando ti adoperi per qualcosa fermamente e con tutto il cuore, senza fallo accade, perché la funzione della mente è proprio quella di far accadere le cose. In realtà, nulla manca e nulla occorre, ogni operare è solo in superficie, in profondità c'è una pace perfetta(2). I tuoi problemi nascono dal fatto che ti sei definito e perciò limitato. Quando smetti di crederti "questo" o "quello", ogni conflitto cessa(3). Qualsiasi tentativo di risolvere i tuoi problemi è destinato a fallire, perché ciò che è provocato dal desiderio può essere disfatto solo dalla libertà dal desiderio. Ti sei confinato nello spazio e nel tempo, compresso nella spanna di una vita e nel volume di un corpo, suscitando i conflitti della vita e della morte, del piacere e del dolore, della speranza e della paura. Non puoi sbarazzarti dei problemi, senza prima abbandonare le illusioni.
I.: La persona è necessariamente limitata.
M.: Non c'è la persona, solo restrizioni e limiti. La loro somma definisce la persona. Ritieni di conoscerti quando sai che cosa sei. Ma chi sei non lo saprai mai. La persona sembra essere, come lo spazio nella pentola sembra avere la forma, il volume e l'odore della pentola. Impara a vedere che non sei quello che credi, e lotta strenuamente contro l'idea di essere nominabile e descrivibile.
I.: L'attività è l'anima del reale. Non c'è virtù nell'inazione. Oltre a pensare, bisogna fare qualcosa.
M.: Agire nel mondo è difficile, astenersi dall'azione superflua è anche più difficile.
I.: La persona che sono, stenta a crederlo.
M.: Che cosa sai di te stesso? Puoi solo essere ciò che realmente sei; ciò che non sei, puoi solo sembrare di esserlo. Non ti sei mai allontanato dalla perfezione. Ogni idea di migliorarti è convenzionale e a parole. Come il sole non conosce tenebra, così il sé ignora il non-sé. È la mente, che, conoscendo l'altro, diventa l'altro. Tuttavia la mente non è se non il sé. Il resto è presunto. Come una nuvola oscura il sole senza influenzarlo in alcun modo, così la presunzione ottenebra la realtà senza distruggerla. L'idea stessa di distruzione della realtà è ridicola: il distruttore è sempre più reale del distrutto. La realtà è l'ultimo distruttore. Ogni separazione, ogni sorta di straniamento e alienazione è falsa: Tutto è uno: questa è l'ultima soluzione di ogni conflitto.
I.: Com'è possibile che nonostante tanti sussidi non progrediamo?
M.: Finché ci immaginiamo come persone separate, non possiamo afferrare la realtà, che è essenzialmente impersonale. Prima dobbiamo conoscerci come semplici testimoni, come centri di osservazione senza spazio e senza tempo, e solo allora scopriremo l'oceano di pura consapevolezza, che è la mente, la materia e al di là.
I.: Comunque io sia realmente, la mia sensazione è di essere solo una piccola persona separata, fra tante.
M.: L'illusione dello spazio e del tempo te lo fa credere. Immagini di trovarti in un certo punto del tempo e di occupare un dato spazio; la tua personalità si regge sulla tua identificazione con il corpo. I pensieri e i sentimenti si susseguono in te, calibrati nel tempo e ti fanno credere, grazie alla memoria, che sei durevole. In realtà sono il tempo e lo spazio a esistere in te, e non tu in essi. Sono modi della percezione, ma non i soli. Sono come parole scritte sul foglio: il foglio è reale; le parole, una pura convenzione.
Quanti anni hai?
I.: Quarantotto.
M.: Che cosa ti fa dire quel numero, o affermare: "sono qui"? Abitudini verbali basate su supposizioni. La mente crea il tempo e lo spazio, e li suppone reali(4). Invece, è tutto qui, ora, anche se non lo vediamo. Davvero, tutto è in me e grazie a me. Non c'è altro. L'idea stessa di "altro" è disastrosa e infelice.
I.: Qual è la causa della personificazione, e di questo limitarci nel tempo e nello spazio?
M.: Ciò che non esiste, non può avere una causa(5). Non esiste una persona separata. Anche dal punto di vista empirico è ovvio che tutto è la causa di tutto, che tutto è com'è, perché l'universo è com'è.
I.: Tuttavia la personalità deve avere una causa.
M.: Esaminiamo che cosa la fa affiorare: indubbiamente la memoria, che identifica il presente col passato e lo proietta nel futuro. Prova a pensarti istantaneo, privo di passato e futuro, e la tua personalità sarà dissolta.
I.: Non rimane l'"io sono"?
M.: La parola "rimane" non va bene. "Io sono" è sempre fresco. Non hai bisogno di ricordare per essere. In realtà, prima di qualsiasi esperienza, devi avere il senso di essere. Attualmente il tuo essere è mischiato all'insieme delle esperienze. Perciò devi liberarlo dal groviglio. Appena incontrerai l'essere che è puro, non "questo" né "quello", lo distinguerai perfettamente dalle esperienze, e non sarai più ingannato dai nomi e dalle forme. L'autolimitazione è l'essenza della personalità.
I.: Come divento universale?
M.: Ma lo sei! Non devi né puoi diventare quello che già sei. Cessa solo d'immaginarti come un essere particolare. Ciò che va e viene, non ha un proprio essere. Il suo aspetto lo deve alla realtà. Sai che c'è il mondo, ma il mondo ti conosce? Ogni conoscenza proviene da te, come un amalgama di essere e gioia. Scopriti come la fonte eterna, e accetta tutto come tuo. Questa accettazione è vero amore.
I.: Suona molto bello. Ma come trasformarlo in un modo di vita?
M.: Non hai mai lasciato la casa, e t'informi come raggiungerla. Lìberati dalle idee sbagliate. Collezionarle non serve a niente. Smetti di immaginare. Tutto qui.
I.: Non è una questione di conquista ma di comprensione.
M.: Non cercare di capire! È sufficiente non fraintendere. Non affidarti alla mente per liberarti, perché essa ti ha reso schiavo. Trascendila in un colpo solo.
Il senza-inizio non può avere una causa. Non è che sapevi chi eri e l'hai dimenticato. Se impari, non dimentichi. L'ignoranza non ha inizio, ma può finire. Indaga chi è che ignora e l'ignoranza, come un sogno, dileguerà. Il mondo è pieno di contraddizioni, di qui la tua ricerca di armonia e di pace. Non puoi trovarle nel mondo, perché il mondo è figlio del disordine. Per trovare l'ordine devi cercare dentro. Il mondo sorge solo da quando nasci in un corpo. Senza il corpo, non c'è mondo. Prima indaga se sei il corpo. La comprensione del mondo verrà in seguito.
I.: Ciò che dite sembra convincente, ma che uso può farne la persona che sa di essere nel mondo e del mondo?
M.: A milioni mangiano il pane, ma pochi sanno tutto sul grano. Tuttavia solo quelli che sanno, possono migliorare il pane. Allo stesso modo, solo i conoscitori del sé, coloro che hanno scrutato al di là del mondo, possono renderlo migliore. La loro funzione per l'umanità è immensa, perché sono l'unica speranza di salvezza. Ciò che è nel mondo, non può salvarlo; se davvero vuoi aiutare il mondo, devi starne fuori.
I.: E come si fa?
M.: Chi è nato prima, tu o il mondo? Finché assegni al mondo il primo posto, ne sei schiavo; non appena ti convinci che il mondo è in te, e non tu nel mondo, ne sei fuori. Ovviamente il tuo corpo resta nel mondo e del mondo, ma non ti inganna più. Tutte le Scritture affermano che prima che il mondo fosse, era il Creatore. Chi conosce il Creatore? Solo colui che era prima di Lui, il tuo vero essere, la fonte di tutti i mondi con i loro Creatori(6).
I.: Questa tesi si regge sull'ipotesi che il mondo sia una vostra proiezione - e per mondo intendete quello trasmessovi dai sensi e dalla mente, soggettivo e personale -. In questo senso ognuno di noi vive in un mondo proiettato da sé. Questi singoli mondi, di rado in contatto tra loro, promanano e s'immergono nell'"io sono", che è il loro centro. Ma dietro questi mondi privati deve esistere un mondo oggettivo, di cui essi sono mere ombre. Negate l'esistenza di questo mondo oggettivo?
M.: La realtà non è né soggettiva né oggettiva, né mente né materia, né tempo né spazio. Sono divisioni che per manifestarsi dipendono dall'esistenza di qualcuno, di un centro autonomo di coscienza. Ma la realtà è tutto e nulla, la totalità e l'esclusione, la pienezza e il vuoto, assolutamente paradossale. Non puoi parlarne, ma solo perderti in essa. Quando neghi realtà a una cosa, giungi al residuo innegabile.
Tutte le discussioni sulla conoscenza, sono un segno di ignoranza. È la mente, che immagina - prima - di non sapere e - poi - di conoscere. La realtà è estranea a tali contorsioni. Anche l'idea di un Creatore è falsa. Devo forse il mio essere a un altro? Poiché sono, tutto è.
I.: In che modo? Un bambino viene al mondo; non è il mondo, che nasce nel bambino. Il mondo è vecchio; il bambino, nuovo.
M.: Il bambino è nato nel tuo mondo. E dimmi: sei nato nel tuo mondo, o il tuo mondo è apparso a te? Nascere significa crearti attorno un mondo che abbia te al centro. Hai mai creato te stesso? O qualcuno ha forse creato te? Ognuno crea un mondo per sé e ci vive, prigioniero della sua ignoranza. Dobbiamo inderogabilmente negare realtà alla nostra prigione.
I.: Come la veglia esiste nel sonno come un seme, così il mondo che il bambino crea alla sua nascita, certamente gli preesiste. Presso chi giace il seme?
M.: Presso colui che è il testimone della nascita e della morte, ma che non nasce e non muore. Lui solo è il seme della creazione, e l'ultimo residuo. Non chiedere alla mente di confermare ciò che la oltrepassa; l'esperienza diretta è l'unica prova valida.



Tratto da Io sono Quello
Rizzoli Editore - Milano 1981, 82
Introdotto, curato e tradotto da Grazia Marchianò
Riprodotto su autorizzazione


Vedi Margherita:
(MP, cap. 32) Ma è meglio dirne poco che niente; quindi vi dico che è meglio sentire quel che se ne dice, piuttosto che non sentirne niente!
Vedi Margherita:
(MP, cap. 93) Tale pace non si lascia immaginare né dire né scrivere, tanto l'Anima in questo amore è senza opere di corpo, di cuore e di spirito.
Vedi Eckhart:
(E1 a pag. 232) Essere questo o quello non significa essere tutto, giacché, in quanto sono questo o quello, o in quanto possiedo questo o quello, in tanto io non sono tutto e non possiedo tutto; ma se tu togli il tuo esser questo o quello, o il tuo possedere questo o quello, tu sei tutto e tutto possiedi. Nello stesso modo, se non sei qui o là, sei dappertutto.
Vedi Eckhart:
(E1 a pag. 182) Niente ostacola l'anima nella conoscenza di Dio tanto quanto il tempo e lo spazio. Tempo e spazio sono parti, ma Dio è uno. Se dunque l'anima deve conoscere Dio, deve conoscerlo al di sopra dello spazio e del tempo, perché Dio non è questo né quello, come le molteplici cose terrene: Dio è uno.
Vedi Margherita:
(MP, cap. 113) E noi siamo niente perché nulla abbiamo da noi.
Vedi Eckhart:
(E2 a pag. 146) Tutte le creature sono un puro nulla. Io non dico che esse siano minime o qualcosa: esse sono un puro nulla. Ciò che non ha essere, è nulla.
Vedi Eckhart:
(E1 a pag. 81) Dio si forma, dove tutte le creature esprimono Dio: là si forma "Dio". Quando io ero ancora nel fondo, nel terreno, nella corrente e nella fonte della divinità, nessuno mi chiedeva dove volessi andare o cosa facessi: là non v'era nessuno che mi potesse interrogare [...] Quando pervengo nel fondo, nel terreno, nella corrente e nella fonte della divinità, nessuno mi chiede da dove venga o dove sia stato. Nessuno là ha sentito la mia mancanza, e là "Dio" si dissolve.