Nisargadatta Maharaj
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40. 30 Gennaio 1971




M.: Il mondo non è che uno spettacolo, scintillante e vuoto. È, eppure non è. Finché voglio vederlo e prendervi parte, è lì. Quando cesso di occuparmene, si dissolve. Non ha causa, è senza scopo(1). Quando con la mente siamo presenti, non fa che accadere. Il suo aspetto è esattamente come appare, ma non ha profondità né significato. Reale è solo l'osservatore, Atman o Sé, che dir si voglia. Per il sé il mondo è uno spettacolo colorato, di cui gode finché dura, e che dimentica quando è finito. Qualunque cosa accada sul palcoscenico, potrà farlo tremare di terrore o scuoterlo dalle risate; tuttavia è sempre consapevole che è uno spettacolo. Senza desiderio o paura, lo gusta via via che accade.
I.: La persona immersa nel mondo assaggia nella vita molti sapori. Piange, ride, ama e odia, desidera e teme, soffre e si rallegra. Il saggio, privo com'è di desiderio e di paura, che genere di vita conosce? Non rimane forse isolato, su un arido cocuzzolo?
M.: Il suo stato non è così cieco. Assapora una densa, non causata beatitudine. È felice, consapevole che la felicità è la sua natura, e che non deve fare o brigare per ottenerla. È già con lui, più concreta del corpo, più prossima della mente. Tu immagini che non ci sia felicità senza una causa. Per me, dipendere da qualsiasi cosa per essere felice, è il massimo dell'infelicità. Il piacere e il dolore sono causati, mentre lo stato in cui sono è unicamente mio, non dipendente, inattaccabile.
I.: Come un dramma sulla scena?
M.: Il dramma fu composto, progettato e provato. Il mondo viene dal nulla e ci ritorna.
I.: Non c'è un creatore? Prima di essere creato, il mondo, non era nella mente di Brahma?
M.: Finché non sarai nel mio stato, avrai Creatori, Preservatori e Distruttori; ma quando sarai con me, conoscerai il Sé e rifletterai te stesso in tutto(2).
I.: Vedo che funzionate normalmente.
M.: Quando hai le vertigini, vedi il mondo che ti rotea intorno. Ossessionato dall'idea dei mezzi e dei fini, dell'azione e dello scopo, vedi che apparentemente funziono. In realtà, guardo. Tutto ciò che è fatto, avviene sul palcoscenico. Gioia e dolore, vita e morte sono tutti reali per chi è schiavo. Per me, sono tutti nel dramma, illusori quanto lo spettacolo.
Percepisco il mondo come te, ma tu ci credi, io lo vedo come una goccia iridata nel vasto specchio della coscienza.
I.: Invecchiamo. La vecchiaia non è piacevole: acciacchi, dolori, debolezza, e la fine che si approssima. Come si sente un saggio da vecchio?
M.: Più invecchia, e più crescono in lui la felicità e la pace. Dopotutto sta tornando a casa, come un viaggiatore che, prossimo all'arrivo, raccoglie il bagaglio. Lascia il treno senza rimpianto.
I.: C'è una palese contraddizione. Si dice che il saggio sia al di là del cambiamento. La sua felicità è costante, non aumenta e non scema. E invece, via via che invecchia, diventerebbe più felice, nonostante la precarietà fisica e tutto il resto.
M.: Non c'è contraddizione. Il destino è agli sgoccioli: la mente è felice. La nebbia dell'esistenza fisica si va diradando: il corpo perde peso, di giorno in giorno.
I.: Immaginiamo che il saggio sia ammalato. Ha l'influenza, gli dolgono le giunture e brucia di febbre. In che stato è la sua mente?
M.: Ogni sensazione è contemplata in perfetta equanimità. Non c'è desiderio né rifiuto. È com'è, e lui la guarda con un sorriso di affettuoso distacco(3).
I.: Anche distaccato dalla sua sofferenza, nondimeno essa è lì.
M.: È lì ma non lo tocca. Comunque mi senta, vedo il mio stato come una condizione della mente da accettarsi così com'è.
I.: Il dolore è dolore. La sua esperienza è inevitabile.
M.: Chi ha esperienza del corpo conosce i suoi dolori e i suoi piaceri. Io non sono il corpo, né lo sperimentatore del corpo.
I.: Supponiamo che abbiate venticinque anni. Vi siete ormai sposato e i doveri della casa incombono su di voi. Come vi sentireste?
M.: Né più né meno come ora. Continui a credere che la mia interiorità sia modellata sugli eventi esterni. Non lo è. Qualsiasi cosa accada, io resto. Alla radice del mio essere, c'è la pura consapevolezza, una scintilla di luce fortissima. Per sua natura la scintilla irradia e proietta le immagini nello spazio e gli eventi nel tempo - senza sforzo -. Fin quando è pura consapevolezza, tutto va bene, ma non appena sopraggiunge la mente discriminativa e foggia le distinzioni, spuntano il piacere e il dolore. Nel sonno la mente è sospesa, e così pure il dolore e il piacere. La creazione continua ma il processo non si nota. La mente è una forma della coscienza e questa è un aspetto della vita. Ogni cosa crea la vita, ma il Supremo è al di là di tutto.
I.: Il Supremo è il maestro; e la coscienza, il suo servitore.
M.: La materia è nella coscienza, non al di là. Nei termini della coscienza il Supremo è sia la creazione che la dissoluzione, la solidificazione e l'astrazione, il punto focale e l'universale. E anche nessuno dei due. Le parole e la mente non lo raggiungono.
I.: Il saggio si direbbe una creatura appartata, tutta chiusa in se stessa.
M.: È solitario e solo, ma è anche tutto e tutti(4). Non è nemmeno una creatura. È l'esseità di tutti gli esseri(5), e neppure quello. Le parole non si adattano. È ciò che è, il terreno su cui tutto cresce(6).
I.: Non avete paura di morire?
M.: Ti racconterò com'è morto il mio maestro. Dopo aver annunciato che la sua fine era prossima, smise di mangiare, senza modificare il ritmo delle vita quotidiana. All'undicesimo giorno, nell'ora della preghiera - stava cantando e batteva vigorosamente le mani -, all'improvviso morì - tra un battere e un levare -, come una candela subito spenta.
Non temo la morte, perché non ho paura della vita. Vivo una vita felice, e morirò una morte bella. È una disgrazia nascere, non lo è morire! Tutto dipende da come guardi.
I.: Il vostro stato non è verificabile. Ciò che ne so, mi viene da voi. Da me, non vedo che un vecchio eccezionale.
M.: II vecchio cospicuo, come dici, sei tu, non io! Io non sono mai nato. Come posso invecchiare? Quello che sembro a te, esiste nella tua mente. Non mi riguarda.
I.: Anche come sogno, siete insolito.
M.: Un sogno che può ridestarti. Ne avrai la prova al risveglio.
I.: Supponiamo che vi giunga la notizia che sono morto. Come reagireste?
M.: Sarei molto felice che sei tornato a casa. Davvero contento di saperti fuori da quest'assurdo.
I.: Quale assurdo?
M.: Di pensare che sei nato e morirai, che sei un corpo che tiene impegnata la mente, e tutto il nonsenso ben noto. Nella mia terra nessuno è nato e nessuno muore. Taluni partono per un viaggio e ritornano, altri non partono mai. Ma non c'è differenza, visto che viaggiano nella terra del sogno, ognuno fasciato nel suo sogno privato. Solo il risveglio conta. Basta sapere che l'"io sono" è reale, e poi amare.
I.: Il mio punto di vista non è così definitivo, per questo domando. La mente occidentale è tesa a cercare concretamente il reale. Interroga la scienza, che ha molto da dire sulla materia, un po' meno sulla mente, e niente del tutto sullo scopo e la natura della coscienza. Per l'Occidentale la realtà è oggettiva, esterna all'osservazione e alla descrizione: diretta e indiretta. Non ha idea dell'aspetto soggettivo della realtà. Informarlo che c'è una realtà da trovare e sperimentare nella coscienza, è di estrema importanza. E ricevere la buona novella da uno che l'ha davvero vissuta, è tanto più essenziale. Questi testimoni ci sono sempre stati, e la loro testimonianza ha un valore incalcolabile.
M.: Sì. L'annuncio dell'autorealizzazione non si dimentica. È come un seme lasciato in terra: attenderà il suo tempo, poi germoglierà e diventerà un grande albero(7).



Tratto da Io sono Quello
Rizzoli Editore - Milano 1981, 82
Introdotto, curato e tradotto da Grazia Marchianò
Riprodotto su autorizzazione


Vedi Eckhart:
(E2 a pag. 158) Se qualcuno interrogasse per mille anni la vita, chiedendole perché vive, ed essa potesse rispondere, non direbbe altro che questo: io vivo perché vivo. Per il fatto che la vita vive del suo fondo proprio e sgorga dal suo proprio essere, per questo essa vive senza perché, perché vive per se stessa.
Vedi Margherita:
(MP, cap. 100) Una tale dama non cerca più Dio, non ne ha motivo, non sa che farsene di lui.
Vedi Eckhart:
(E1 a pag. 162) Un uomo giusto non ha bisogno di Dio. Non ho bisogno di quello che possiedo.
Vedi Eckhart:
(E2 a pag. 110) Io lodo il distacco anche più di ogni misericordia, giacché la misericordia consiste nel fatto che l'uomo esca da se stesso per andare verso le miserie del suo prossimo, cosicché il suo cuore si turba. Il distacco permane in se stesso, e non si lascia turbare da nulla.
Vedi Margherita:
(MP, cap. 24) Queste Anime sono sole in tutte le cose, e comuni in tutte le cose.
Vedi Eckhart:
(E3 a pag. 130) Perché l'anima sia unita o si unisca a Dio, deve esser separata da tutte le cose e sola come Dio è solo.
Vedi Eckhart:
(E1 a pag. 183) In Dio soltanto è l'intero essere divino. In un uomo non è l'intera umanità, perché un uomo non è tutti gli uomini. Ma in Dio l'anima conosce l'intera umanità, e tutte le cose nel grado più alto, perché le conosce secondo l'essere.
Vedi Eckhart:
(E3 a pag. 61) Il Padre celeste ti dona la sua Parola eterna e in questa stessa Parola ti dona la sua vita e il suo essere e la sua Divinità, assolutamente [...] Allora insieme al Padre, nella potenza del Padre, tu generi incessantemente te stesso e tutte le cose in un ora presente. In questa luce, come ho detto, il Padre non conosce alcuna differenza tra te e Lui, né alcun vantaggio, più o meno, che tra Lui e questa stessa Parola. Infatti il Padre e tu stesso e tutte le cose e la Parola stessa sono una cosa sola nella luce.
Vedi Margherita:
(MP, cap. 133) Il niente volere semina il seme divino, posto nel divino volere. Questo seme non può fallire mai, ma poche persone si dispongono a riceverlo.