Nisargadatta Maharaj
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36. 7 Gennaio 1971




I.: Migliaia d'anni fa, un uomo visse e morì. La sua identità (antahkarana) riapparve in un nuovo corpo. Perché egli non ricorda la sua vita precedente? E se sì, può la memoria diventare cosciente?
M.: Come sai che la stessa persona è riapparsa in un nuovo corpo? Un corpo nuovo può significare una persona completamente diversa.
I.: Immaginate un vasetto di burro. Se si rompe, resta il burro, che si può travasare in un altro vasetto. Il vecchio vaso ha il suo profumo; il nuovo, il suo. Il burro trasferirà il profumo da vaso a vaso. Allo stesso modo, l'identità personale si trasferisce da corpo a corpo.
M.: È tutto giusto. Quando c'è il corpo, le sue caratteristiche sono impresse nella persona. Senza il corpo, c'è la pura identità dell'"io sono". Ma quando rinasci in un nuovo corpo, dov'è il mondo che avevi sperimentato col vecchio?
I.: Ogni corpo ha esperienza del suo mondo.
M.: Nel corpo di oggi, il vecchio corpo è solo un'idea o un vero ricordo?
I.: Ovviamente, un'idea. Come può il cervello ricordare quello che non ha vissuto?
M.: Hai dunque risposto da te. E allora, perché giochi con le idee? Accontèntati di ciò che è certo. E l'unica certezza è l'"io sono". Vivi con esso e cancella il resto. Questo è yoga.
I.: Posso cancellare solo a parole. Al massimo tengo a mente di ripetere "questo non sono io, questo non è mio, io sono oltre...".
M.: Va benissimo. Prima a parole, poi con la testa e il cuore, e quindi in azione. Metti a fuoco la realtà dentro di te, e sarà illuminata. È come agitare la panna per farne il burro. Se lo fai al modo giusto e con assiduità, il risultato non si farà attendere.
I.: Come può l'assoluto risultare da un processo?
M.: È vero. Il relativo non può produrre l'assoluto. Ma può arrestarlo. Se smetti di agitare la panna, il burro non si forma. È il reale che crea la spinta, l'interno incalza l'esterno, e l'esterno risponde con l'interesse e lo sforzo. Però, in ultima analisi, non c'è interno e non c'è esterno; la luce della consapevolezza è il creatore e la creatura, lo sperimentatore e l'esperienza, il corpo e l'abitante del corpo. Abbi cura del potere che proietta tutto questo, e i tuoi problemi saranno sciolti.
I.: Qual è il potere proiettante?
M.: L'immaginazione stimolata dal desiderio.
I.: So bene che cos'è, ma non so dominarla.
M.: Questa è un'altra illusione, creata dall'attaccamento ai risultati.
I.: Che cosa non va nell'azione in vista di un fine?
M.: Non funziona. E poi, non è una questione di scopo o di azione. Tu devi solo ascoltare, ricordare, riflettere. È come mangiare. Di tuo ci metti lo sminuzzare, il masticare, il deglutire. Tutto il resto è automatico. Ascolta, ricorda, e comprendi: la mente è sia l'attore che il palcoscenico. Tutto è della mente, tu non sei la mente. La mente nasce e rinasce, tu no. La mente crea il mondo, e tutta la sua splendida varietà. Come in un dramma ben congegnato ci sono tanti personaggi e situazioni; così, per fare il mondo, ti serve un po' di tutto.
I.: In un dramma nessuno soffre.
M.: A meno che non t'identifichi con le situazioni. Non identificarti col mondo e non soffrirai.
I.: Gli altri soffriranno lo stesso.
M.: Allora fa' di tutto per rendere il tuo mondo perfetto. Se credi in Dio, opera con Lui; se non ci credi, diventa Lui. O vedi il mondo come uno spettacolo, o ti ci dedichi con tutte le tue forze. Oppure fai l'uno e l'altro.
I.: Il moribondo conserva la sua identità; e quando muore, l'identità che sorte subisce? Si sposta in un altro corpo dove potrà continuare?
M.: Che continui o no, dipende da come guardi. Che cos'è, dopotutto, l'identità? Senza la memoria, si può parlare di identità?
I.: Certamente. Il bambino può non avere conosciuto i suoi genitori, ma i caratteri ereditari li ha tutti.
M.: E chi li individua uno per uno? Qualcuno che abbia una memoria per registrare e paragonare. La memoria non è che l'ordito della vita mentale, mentre l'identità è una serie di eventi nello spazio e nel tempo, conformata secondo un modello. Cambia il modello, e l'uomo sarà un altro.
I.: Ma il modello conta, ha un valore intrinseco. Se descrivo una stoffa come un insieme di fili colorati, trascuro la qualità più importante: la sua bellezza. Oppure, se riduco un libro alla carta e ai caratteri tipografici, è ovvio che ne perda il significato. L'identità vale perché è il fondamento dell'individualità, ciò che ci rende unici e insostituibili. L' "io sono" è l'intuizione della propria inconfondibilità.
M.: Sì e no. Identità, individualità, unicità: sono i caratteri più preziosi della mente, però della sola mente. Anche "sono tutto ciò che è", è un'esperienza valida quanto quella dell'"io sono". Il particolare e l'universale sono inseparabili, sono i due aspetti del senza-nome, visto da fuori e da dentro. Sfortunatamente le parole nominano, non trasmettono. Scavalcale.
I.: Che cosa muore alla morte?
M.: L'idea: "Io sono il corpo". Il testimone non muore.
I.: I credenti jaina parlano di una molteplicità di testimoni, separati per sempre.
M.: Questa è la loro tradizione, fondata sull'esperienza di qualche grande iniziato. Un unico testimone si rispecchia in corpi diversi come "io sono", e si accompagna ad essi fintanto che durano, anche assottigliati. Al di là del corpo, c'è solo l'Uno.
I.: Intendete Dio?
M.: Il Creatore è una persona il cui corpo è il mondo. Il Senzanome è al di là di tutti gli dei.
I.: Sri Ramana Maharshi è morto. Che cosa è cambiato per lui?
M.: Niente. Quello che era, è: Realtà Assoluta.
I.: Ma per l'uomo comune la morte fa differenza.
M.: Ciò che egli pensava di essere prima della morte, continua dopo. La sua auto-immagine sopravvive.
I.: L'altro giorno si discorreva dell'uso che fa il realizzato delle pelli di animali per la meditazione. Non sono rimasto convinto. È facile giustificare tutto in nome degli usi e di una tradizione. Ma gli usi possono essere crudeli, e le tradizioni corrotte. Spiegano ma non giustificano.
M.: Non ho mai detto che l'autorealizzazione sottrae all'obbedienza a una legge. Anzi, il liberato è estremamente ligio e corretto. Le sue leggi, però, sono quelle del vero sé, non della società in cui vive. Le leggi della società le osserva o le infrange a seconda delle circostanze e della necessità. Ma non si abbandonerà mai al fantasticare, e al disordine.
I.: Non posso accettare che ci si senta giustificati da costumi e abitudini.
M.: La difficoltà sta nei nostri diversi punti di vista. Il tuo è quello del corpo-mente; il mio, quello del testimone. La differenza è fondamentale.
I.: La crudeltà è crudeltà.
M.: Nessuno ti obbliga a essere crudele.
I.: Trarre vantaggio dalla crudeltà altrui è ugualmente crudele.
M.: Se osservi la vita da vicino, constati che la crudeltà è ovunque, perché la vita si nutre della vita. Ma non deve, per questo, l'esser vivo farti sentire crudele. Hai cominciato una vita di crudeltà, infliggendo a tua madre dolori lancinanti. E fino all'ultimo, lotterai per il cibo, il vestiario, un riparo, per soddisfare i bisogni del corpo e metterlo al sicuro, in un mondo d'insicurezza e di morte. Dal punto di vista dell'animale, essere ucciso non è peggio di morire, ed è senz'altro preferibile alla malattia e al deperimento senile. La crudeltà sta nella motivazione, non nel fatto(1). Uccidere danneggia l'uccisore, non l'ucciso.
I.: D'accordo. In questo caso non si devono accettare i servigi di cacciatori e macellai.
M.: Chi pretende che li accetti?
I.: Voi li accettate.
M.: Questo sembra a te. Come sei svelto ad accusare, a pronunciare sentenze e a giustiziare! Perché incominci da me e non da te?
I.: Un uomo come voi dovrebbe dare l'esempio.
M.: Sei pronto a seguirlo? Io sono morto al mondo(2), non voglio niente, nemmeno vivere. Sii come sono io, fa' come me. Mi giudichi dalle abitudini e dal cibo, mentre io bado solo alle motivazioni. Se credi di essere il corpo e la mente, e agisci in conformità, sei reo della massima crudeltà: quella verso il tuo essere. Rispetto ad essa, le altre scompaiono(3).
I.: Vi rifugiate nella scusa che non siete il corpo. Tuttavia lo controllate e siete responsabile per tutto quello che fa. Concedere al corpo un'assoluta autonomia sarebbe da idioti, una vera follia!
M.: Calmati. Anch'io sono contro l'uccisione degli animali, per usarne la carne o la pelliccia, ma rifiuto di dare alla questione il primo posto. Essere vegetariani è una causa nobile, ma non è la più urgente; qualunque causa è meglio onorata dall'uomo che è ritornato alla fonte.
I.: Nell'ashram di Ramana Maharshi, sentivo la presenza di Bhagwan dappertutto, trasparente e fortissima.
M.: Hai avuto la fede necessaria. Quelli che credono in lui, lo vedranno sempre e ovunque. Tutto accade secondo la tua fede, e la fede è la forma del tuo desiderio.
Quando dico "io sono", non intendo un'entità distinta, il cui nucleo è il corpo; ma la totalità dell'essere, l'oceano della coscienza, l'universo del conoscere. Non desidero niente perché sono completo per sempre.
I.: Potete entrare in contatto con la vita interiore di altre persone?
M.: Io sono gli altri.
I.: Non intendo identità di essenza o sostanza, né somiglianza di forma. Intendo l'effettiva penetrazione nelle menti e nei cuori, e la partecipazione alle esperienze personali degli altri. Potete soffrire e gioire con me?
M.: Tutti gli esseri sono in me. Ma immettere nel cervello il contenuto di un altro cervello richiede un allenamento speciale. Non c'è nulla che non si ottenga con l'allenamento.
I.: Io non sono una vostra proiezione, né voi lo siete per me. Io esisto, non mi avete creato voi. Questa cruda filosofia dell'immaginazione e della proiezione non mi conquista. Mi private di ogni realtà. Chi è l'immagine di chi? Siete voi la mia immagine, o io la vostra? O sono un'immagine nella mia immagine! Qualcosa non funziona!
M.: Le parole tradiscono la loro vacuità. Il reale non si può descrivere, si può solo vivere. Non posso trovare parole migliori per esprimere ciò che so. Quello che dico può sembrare ridicolo(4). Ma ciò che le parole cercano di trasmettere è la più alta verità. Tutto è uno, comunque si giochi con le parole(5). E tutto è fatto per compiacere l'unica fonte e scopo dei desideri: l'"io sono(6) ".
I.: Alla radice del desiderio c'è il dolore. L'impulso dominante è fuggirlo.
M.: Qual è la radice del dolore? L'oblio di te. E quella del desiderio? La spinta a trovarti. Ogni creazione serve a se stessa e non si acquieta finché non ritorna a se stessa(7).
I.: Si verifica quando?
M.: Tutte le volte che lo desideri, tu ritorni, a te.
I.: E il mondo?
M.: Lo puoi prendere con te.
I.: Per giovare al mondo, devo attendere di essere perfetto?
M.: Aiutalo subito quanto più puoi. Non sarà un grande aiuto, ma lo sforzo ti farà crescere. Non c'è nulla di sbagliato nel tentare di aiutare il mondo.
I.: Ci sono stati uomini, gente qualunque, che l'hanno aiutato moltissimo.
M.: Quando per il mondo viene il tempo di essere aiutato, ad alcuni è largita la volontà, la saggezza e il potere di produrre grandi cambiamenti.



Tratto da Io sono Quello
Rizzoli Editore - Milano 1981, 82
Introdotto, curato e tradotto da Grazia Marchianò
Riprodotto su autorizzazione


Vedi Eckhart:
(E1 a pag. 70) Se il papa fosse abbattuto dalla mia mano, senza che ciò fosse avvenuto per mia volontà, mi accosterei all'altare e direi nondimeno messa!
Vedi Eckhart:
(E1 a pag. 99) Dio è morto, perché io muoia al mondo intero e a tutte le cose create.
Vedi Eckhart:
(E5, num. 480) La menzogna, come ogni peccato, procede dalla volontà propria di chi parla e di chi pecca. Cosa infatti è tanto proprio dell'uomo e presente nella sua volontà quanto la sua stessa volontà?
Vedi Eckhart:
(E2 a pag. 41) Chi non ne sa nulla, ride e si burla di me; ed io ho pietà di lui.
Vedi Eckhart:
(E1 a pag. 225) Questa conoscenza è senza tempo, senza spazio, senza qui ed ora. In questa vita tutte le cose sono una sola.
Vedi Margherita:
(MP, cap. 135) Per quest'Anima tutto è una cosa sola, senza perché.
Vedi Margherita:
(MP, cap. 136) È giusto che tutte le cose mi siano sottomesse, poiché sono state create per me.
Vedi Eckhart:
(E1 a pag. 153) Se mi si domandasse cosa cercano tutte le creature in ogni loro naturale tendenza e movimento, risponderei: la quiete.