17. 29 Giugno 1970
I.: Le più elevate facoltà della mente sono comprensione, intelligenza e intuizione. L'uomo ha tre corpi: fisico, mentale e causale (prana, mana, karana). Il primo riflette il suo essere; il mentale, il suo conoscere; e il causale, la sua creatività felice. E tutte sono forme della coscienza, pur sembrando qualitativamente distinte. L'intelligenza (buddhi) è il riflesso nella mente del potere di conoscenza (chit), e fa sì che la mente sia conoscibile. Quanto più viva l'intelligenza, tanto più ampia, approfondita e verace è la conoscenza. Conoscere gli oggetti, gli altri uomini e se stessi sono altrettante funzioni dell'intelligenza: la terza è la più importante e contiene le altre due. Misconoscere se stessi e il mondo, alimenta false idee e desideri che rinsaldano la schiavitù. Per liberarsi dai ceppi dell'illusione è necessaria una corretta comprensione di sé. Teoricamente, il sistema mi è chiaro ma, all'atto pratico, le mie risposte alle situazioni e alla gente sono immancabilmente stonate, e con le mie reazioni scorrette non faccio che accrescere la mia schiavitù. La vita è troppo veloce rispetto all'ottusità e alla lentezza della mente. Quando capisco è troppo tardi, e sono già incorso nei vecchi errori.
M.: Allora, qual è il problema?
I.: Mi serve una risposta alla vita che sia non solo intelligente ma anche lesta. E non può esserlo finché non è perfettamente spontanea. Come conquistare questa spontaneità?
M.: Lo specchio non può far nulla per attrarre il sole. Può solo conservarsi terso. Non appena la mente è pronta, il sole vi risplende.
I.: La luce è del sé o della mente?
M.: Di ambedue. Di per sé è senza causa e mutamento, ma è screziata dalla mente, via via che questa si muove e muta. È proprio come al cinema. La luce non è nella pellicola, ma questa colora la luce e, intercettandola, la fa apparire in movimento.
I.: Siete ora in uno stato di perfezione?
M.: Quando la mente è pura, la perfezione è il suo stato normale. Io sono al di là della mente. La consapevolezza è la mia natura, e da ultimo sono al di là dell'essere e del non-essere.
I.: La meditazione mi aiuterà a raggiungere la vostra condizione?
M.: Ti aiuterà a intercettare i tuoi lacci, ad allentarli, a scioglierli, e a mollare gli ormeggi. Quando ti sarai svincolato da ogni attaccamento, avrai fatto la tua parte. Il resto sarà fatto a te(1).
I.: Da chi?
M.: Dallo stesso potere che ti ha spinto così lontano, che ha indotto il tuo cuore a desiderare la verità e la tua mente a cercarla. È il medesimo potere che ti tiene in vita. Puoi chiamarlo Vita o il Supremo.
I.: È anche il potere che mi ucciderà, a tempo debito.
M.: Eri presente alla tua nascita? Lo sarai, alla tua morte? Trova colui che è sempre presente, e avrai risolto il problema di rispondere in modo spontaneo e perfetto.
I.: Attuare l'eterno, e rispondere in modo agile e appropriato agli eventi che cambiano, sono due questioni indipendenti l'una dall'altra. Voi tendete a sovrapporle. Perché?
M.: Attuare l'eterno è diventare l'Eterno, l'intero, l'universo con tutto ciò che contiene. Ogni evento è un effetto e un'espressione dell'intero, e in sostanziale armonia con esso. Ogni risposta dall'intero deve essere giusta, naturale e istantanea. Né può essere altrimenti, se è giusta. Una risposta in ritardo è una risposta sbagliata. Pensiero, sentimento e azione devono funzionare all'unisono.
I.: Come lo si ottiene?
M.: Te l'ho già detto. Trova colui che era presente alla tua nascita e che assisterà alla tua morte.
I.: Mio padre e mia madre?
M.: Sì, il tuo Padre-Madre, la fonte da cui sei venuto. Per risolvere il problema devi percorrerlo all'indietro sino all'origine. Ma ti servono i due solventi universali dell'indagine e dell'impassibilità.
Tratto da Io sono Quello
Rizzoli Editore - Milano 1981, 82
Introdotto, curato e tradotto da Grazia Marchianò
Riprodotto su autorizzazione
(E2 a pag. 205) Tutto sarebbe donato a chi rinunciasse a se stesso assolutamente, anche per un solo istante.