13. 17 Giugno 1970
I.: Da come parlate, si direbbe che non siate del tutto consapevole di ciò che vi circonda. A noi invece apparite straordinariamente vigile e attivo. Non possiamo credere che siate in una sorta di ipnosi, senza memoria. Al contrario, sembrate di memoria eccellente. Quando dite che, per quanto vi riguarda, il mondo e i suoi contenuti non hanno esistenza, che cosa intendete?
M.: È questione di messa a fuoco. La vostra mente è affisata sul mondo, la mia sulla realtà. È come la luna di giorno: brilla il sole, e difficilmente la vedi. Oppure, osserva quando mangi: finché hai il cibo in bocca, ne sei cosciente; appena lo ingoi, non ci pensi più. Sarebbe un guaio averlo sempre in mente, finché lo elimini. La mente, in condizioni normali, dovrebbe stare sospesa: l'attività incessante è un fatto morboso. L'universo opera da sé, altro non so.
I.: Dunque il saggio sa ciò che fa solo quando vi volge la mente; altrimenti, l'azione sgorga da lui senza toccarlo.
M.: L'uomo comune non è cosciente del corpo come tale. Ha presenti le sensazioni, le emozioni e i pensieri. Ma anche questi, non appena sopraggiunge il distacco, si allontanano dal centro della coscienza, e avvengono spontaneamente e senza sforzo.
I.: Che c'è allora al centro della coscienza?
M.: Ciò cui non puoi dare un nome e una forma, perché è senza qualità e oltre la coscienza; potresti dire: un punto nella coscienza che sta al di là. Come un buco sulla carta, non è della carta, così lo stato supremo è nel vivo cuore della coscienza, e tuttavia al di là. È come un varco attraverso il quale la mente è inondata di luce. Il varco è solo un varco, non è la luce.
I.: Un varco è giusto il vuoto, assente.
M.: Sì. Dal punto di vista della mente non è che un'apertura attraverso la quale la luce della consapevolezza invade lo spazio mentale. La luce, di per sé, si può paragonare a una massa solida e omogenea di pura consapevolezza, libera dai modelli mentali di nome e forma.
I.: C'è un nesso tra lo spazio mentale e la vastità del Supremo?
M.: Il Supremo dà esistenza alla mente, e la mente al corpo.
I.: E oltre, che c'è?
M.: Ti porterò un esempio. Un venerabile yoghi, maestro di longevità, vecchio più di mill'anni, viene a insegnarmi la sua arte. I suoi primati li rispetto e li ammiro, ma al dunque non posso esimermi dal domandare: che te ne fai della longevità? Io sono oltre il tempo. La vita, anche quando è lunghissima, è solo un attimo, un sogno. Così, io sono al di là di tutti gli attributi. Nella mia luce, appaiono e scompaiono, ma non possono descrivermi. L'universo è tutti i nomi e le forme basate sulle qualità e le loro differenze, ma io sono oltre. Il mondo c'è perché io sono, io non sono il mondo.
I.: Ma siete nel mondo!
M.: Tu lo dici. Io so che c'è il mondo, che include questo corpo e questa mente, ma non sono "miei" più di altre menti o altri corpi. Sono lì, nel tempo e nello spazio, ma io sono senza spazio e senza tempo.
I.: Ma se tutto esiste nella vostra luce, non siete voi il creatore del mondo?
M.: Non sono né la potenzialità, né l'attuazione né l'attualità delle cose. Nella mia luce vanno e vengono come il pulviscolo nel raggio di sole. La luce illumina i puntini ma non ne dipende, né puoi dire che li crei, e neppure che li conosce.
I.: Io domando e voi rispondete. Siete cosciente della domanda e della risposta?
M.: In realtà, non ascolto e non rispondo. Domanda e risposta avvengono nel mondo degli eventi, non in me. Tutto semplicemente accade.
I.: Siete il testimone?
M.: Testimone significa: avvedersi. Pioveva, ora non più. Non mi sono bagnato. So che c'è stata la pioggia, non mi ha toccato. Ho giusto assistito al piovere.
I.: L'uomo pienamente realizzato, che ha raggiunto lo stato supremo, sembra che mangi, beva e faccia tutto normalmente. Ne è consapevole o no?
M.: Ciò in cui la coscienza accade - la mente o coscienza universale - noi lo chiamiamo coscienza eterica. Tutti gli oggetti della coscienza fanno l'universo. Ma ciò che è al di là dell'universo e della coscienza, e che li sostiene, è il Supremo, uno stato di assoluta stabilità e silenzio. Chiunque lo raggiunga, in esso dilegua. Le parole, la mente non lo sfiorano. Se lo chiami Dio o Parabrahman, sappi che sono nomi imposti dalla mente. È il senza-nome, non ha contenuto, è spontaneo e senza sforzo, oltre l'essere, al di là del non-essere(1).
I.: Ma è uno stato cosciente?
M.: Come l'universo è il corpo della mente, così la coscienza è il corpo del Supremo. Non è cosciente ma produce la coscienza.
I.: Nelle azioni quotidiane, il più è fatto meccanicamente. Sono consapevole del quadro generale, non dei dettagli. Via via che la coscienza si amplifica e approfondisce, i dettagli perdono risalto a vantaggio delle linee generali. Accade lo stesso al realizzato, o molto di più?
M.: Al livello della coscienza, sì; ma non nello stato supremo. Esso è un unico e compatto blocco di realtà. Per percepirlo e conoscerlo i sensi e la mente non servono.
I.: Questo è il modo in cui Dio governa.
M.: Dio non governa il mondo.
I.: E chi allora?
M.: Nessuno. Tutto accade da sé. Tu domandi e io rispondo. E mentre domandi, sai la risposta. È un gioco che si svolge nella coscienza. Tutte le divisioni sono illusorie. Puoi conoscere solo il falso. Il vero devi esserlo tu stesso(2).
I.: C'è la coscienza testimoniata e la coscienza testimoniante. La suprema è quest'ultima?
M.: C'è la persona e c'è il testimone, l'osservatore. Quando li vedi come un'unità e vai oltre, sei nel Supremo. Non puoi percepirlo, perché esso è ciò che rende possibile la percezione. È al di là dell'essere e del non-essere. Non è né lo specchio né l'immagine riflessa. È ciò che è: la realtà senza tempo, adamantina e saldissima.
I.: Il realizzato, è il testimone o il Supremo?
M.: È il supremo, naturalmente, ma può anche essere visto come il testimone universale.
I.: Rimane in lui la persona?
M.: Se credi di essere una persona, vedi persone ovunque. In realtà non ci sono persone, ma fasci di memorie e abitudini. Al momento della realizzazione, la persona cessa. Resta l'identità, che non è una persona perché appartiene alla realtà stessa. La persona non ha essere in sé; è il riflesso del testimone nella mente, l'"Io sono", il quale, a sua volta, è un modo dell'essere.
I.: Il Supremo è cosciente?
M.: Né cosciente, né incosciente. Lo so per esperienza.
I.: "Pragnanam Brahma" è la formula: questo "pragna" che cos'è?
M.: È la conoscenza non-autocosciente della vita stessa.
I.: Ossia l'energia, la forza vitale?
M.: L'energia è prima di tutto. Ogni cosa ha la sua forma di energia. La coscienza nello stato di veglia è altamente differenziata. Diminuisce nel sonno, si rarefà nel sonno profondo. Nel quarto stato è omogenea. Oltre il quarto, c'è l'ineffabile realtà monolitica, la dimora del realizzato.
I.: Mi sono tagliato una mano. La ferita è guarita. Per quale potere?
M.: Per il potere della vita.
I.: Di che si tratta?
M.: È la coscienza. Tutto è cosciente.
I.: Qual è la fonte della coscienza?
M.: La coscienza stessa è la fonte di tutto.
I.: Può esserci la vita senza la coscienza?
M.: No, né la coscienza senza la vita. Sono tutt'uno. In realtà solo il Supremo è. Tutto il resto è una questione di nome e forma. Finché persisti a credere che esiste solo ciò che ha nome e forma, il Supremo ti parrà non-esistente. Quando capirai che i nomi e le forme sono gusci privi di qualsiasi contenuto, e che la realtà è senza nome e senza forma(3), energia pura e luce della coscienza, sarai in pace, immerso nel silenzio di ciò che è.
I.: Se tempo e spazio sono illusori e voi siete oltre, ditemi per favore che tempo fa a Nuova York. È caldo, o piove?
M.: Come posso saperlo? Ci vorrebbe un allenamento apposito. O magari un viaggio fin lì. La certezza di essere oltre il tempo e lo spazio non comporta la dislocazione. Non mi interessa un'abilità di questo genere né vedo il motivo di sottopormi a uno speciale addestramento di yoga. Un momento fa, hai nominato Nuova York. Per me, è una parola. Perché dovrei saperne più del suono che ha? Ogni atomo è in sé un universo, complesso quanto lo stesso universo. Dovrei allora conoscerli uno per uno? Potrei anche, se mi allenassi.
I.: Nel domandare del tempo a Nuova York, ho commesso un errore. Lo riconoscete?
M.: Il mondo e la mente sono condizioni, modi dell'essere. Il Supremo non è uno stato in sé né lo stato di qualcos'altro, eppure tutti gli stati condizionati ne sono pervasi. È perfettamente acausato, autonomo e completo, oltre il tempo e lo spazio, la mente e la materia.
I.: Da quali segni lo deducete?
M.: È come il punto inesteso, senza traccia. Non c'è nulla per riconoscerlo. Va colto direttamente, senza ausili o approcci di sorta. Quando i nomi e le forme sono tutti abbandonati, il reale è con te. La molteplicità e la diversità sono un gioco della mente. La realtà è unica, ma non è qualcosa che si cerca.
I.: Se non lascia prove di sé, è inutile parlarne.
M.: Infatti. È oscura e profonda: mistero sopra mistero. Ma è, non puoi negarla, mentre il resto appare.
I.: È l'ignoto?
M.: È al di là del noto e dell'ignoto. Direi semmai che è il noto, nel senso che ove mai si conoscesse qualcosa, sarebbe Quello.
I.: Il silenzio è una sua qualità?
M.: Anche il silenzio è della mente. Tutti gli stati condizionati sono mentali.
I.: E il samadhi?
M.: La mente resa sola, la coscienza svuotata, sono il samadhi, quando non chiedi più nulla né al corpo né alla mente.
Tratto da Io sono Quello
Rizzoli Editore - Milano 1981, 82
Introdotto, curato e tradotto da Grazia Marchianò
Riprodotto su autorizzazione
(E1 a pag. 129) Ho parlato a volte di una luce che è nell'anima, increata ed increabile [...] Dico nella eterna e sempre permanente verità che a questa luce non basta l'essere divino unico, impassibile, che non dà né riceve: essa vuole sapere da dove questo essere provenga; essa vuole penetrare nel semplice fondo, nel silenzioso deserto, dove mai ha gettato uno sguardo la distinzione, né Padre né Figlio né Spirito santo. Nella interiorità più profonda, dove nessuno è in patria, là trova soddisfazione questa luce.
(E1 a pag. 138) Chi non comprende questo discorso, non affligga per ciò il suo cuore. Perché l'uomo non può comprendere questo discorso, finché non diventa uguale a questa verità.
Vedi Margherita:
(MP, cap. 100) Si crede veramente quando si è quel che si crede.