Nisargadatta Maharaj
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10. 6 Giugno 1970




I.: Sono pieno di desideri, e ci tengo a soddisfarli. Come posso ottenere ciò che voglio?
M.: Sei certo di meritarlo? In un modo o nell'altro, devi impegnarti per appagare i tuoi desideri. Mettici energia e attendi i risultati.
I.: Da dove prendo l'energia?
M.: Il desiderio stesso è energia.
I.: E perché ci sono dei desideri inappagati?
M.: Forse perché non sono stati abbastanza forti e tenaci.
I.: Sì, questo è il mio problema. Voglio le cose, ma sono pigro.
M.: Se il desiderio non è limpido e forte, non può prendere forma. Se poi i desideri sono in vista della tua privata soddisfazione, l'energia che dai loro è necessariamente limitata. Non può essere più di quella che hai.
I.: Eppure le persone comuni ottengono ciò che vogliono.
M.: Ma dopo aver desiderato molto, e molto a lungo. E anche le loro conquiste sono limitate.
I.: E i desideri non egoistici?
M.: Quando desideri il bene comune, tutto il mondo vuole con te. Fa' tuo il desiderio dell'umanità e agisci per esso. Lì non puoi fallire(1).
I.: L'umanità è opera di Dio, non mia. Io bado a me. Non ho il diritto di soddisfare i miei desideri? Posso garantire che non feriranno nessuno: sono legittimi. Sono giusti; perché non si avverano?
M.: I desideri sono giusti o sbagliati a seconda delle circostanze. Dipende da come li valuti. La distinzione tra giusto e ingiusto è solo umana.
I.: Con quali criteri si distingue? Come faccio a sapere quale dei miei desideri è giusto e quale no?
M.: Nel tuo caso, i desideri che portano al dolore sono sbagliati, e quelli che portano alla felicità, giusti. Ma non devi dimenticare il tuo prossimo. Il dolore e la felicità degli altri, contano.
I.: I risultati sono nel futuro. Come posso sapere come saranno?
M.: Usa la mente. Ricorda. Osserva. Non sei diverso dagli altri. La maggior parte delle loro esperienze sono anche le tue. Pensa con chiarezza e profondità, penetra nella struttura dei desideri e delle loro ramificazioni. Sono la parte più importante del tuo sistema mentale ed emotivo, e influenzano profondamente i tuoi atti. Non puoi abbandonare ciò che non conosci. Per superarti, devi conoscerti.
I.: Che significa conoscere se stessi? Che cosa esattamente vengo a conoscere?
M.: Tutto ciò che non sei.
I.: E non quello che sono?
M.: Ciò che sei, lo sei già. Conoscendo ciò che non sei, te ne liberi, e rimani nel tuo stato naturale. Tutto accade spontaneamente e senza sforzo.
I.: E che cosa scopro?
M.: Che non c'è niente da scoprire. Sei ciò che sei, e questo è tutto.
I.: Ma infine chi sono?
M.: L'ultima negazione di tutto ciò che non sei(2).
I.: Non capisco!
M.: È la tua idea fissa di dover essere questo o quello, che ti acceca(3).
I.: Come me ne libero?
M.: Se hai fiducia in me, credimi: tu sei la pura consapevolezza che illumina la coscienza, e il suo infinito appagamento. Perciò vivi in conformità. Oppure, se non mi credi, scava dentro di te con la domanda "Chi sono?", oppure concentra la mente sull'"io sono", che è essere puro e semplice.
I.: Da che dipende la mia fiducia in voi?
M.: Dal tuo scrutare nel cuore degli altri. Se non sai leggere nel mio, guarda nel tuo.
I.: Non mi riesce.
M.: Purìficati con una vita equilibrata e fruttuosa. Osserva i tuoi pensieri, sentimenti, parole e azioni. La tua visione si schiarirà.
I.: Non devo rinunciare subito a tutto, e fare il randagio?
M.: Non puoi rinunciare. Puoi materialmente abbandonare la tua casa e mettere in difficoltà la famiglia, ma gli attaccamenti sono nella mente(4), e non ti lasceranno fin quando non conoscerai la tua mente dentro e fuori. Per prima cosa conosci te stesso, tutto il resto seguirà.
I.: Ma se sono la realtà suprema - come dite - non ho già l'autoconoscenza?
M.: Certo che lo sei! Ma che parte di essa? Ogni granello di sabbia è Dio; saperlo è importante, ma è solo l'inizio(5).
I.: Vi credo: sono la realtà suprema. E poi?
M.: Te l'ho già detto. Scopri tutto ciò che non sei. Corpo, sentimenti, pensieri, idee, tempo, spazio, essere e non-essere "questo" o "quello" - niente di concreto o astratto che tu possa indicare - è te(6). Asserirlo, non serve. Puoi ripeterlo all'infinito senza che accada nulla. Invece, osserva senza intermissione, soprattutto la mente - momento per momento -, senza che nulla ti sfugga. Questa testimonianza è essenziale per separare il sé dal non-sé.
I.: La testimonianza, non è la mia vera natura?
M.: La testimonianza implica un testimone. Ancora in due!
I.: E che significa testimoniare il testimone: la consapevolezza della consapevolezza?
M.: Accostare parole non porta lontano. Va' dentro, e scopri ciò che non sei. Il resto non conta.



Tratto da Io sono Quello
Rizzoli Editore - Milano 1981, 82
Introdotto, curato e tradotto da Grazia Marchianò
Riprodotto su autorizzazione


Vedi Eckhart:
(E2 a pag. 71) Se volessi avere tanta volontà quanta il mondo intero ne ha, e se tale desiderio fosse abbastanza grande e totale, davvero io avrei questa volontà, perché io ho ciò che voglio avere.
Vedi Eckhart:
(E1 a pag. 42) L'Uno è una negazione della negazione. Tutte le creature portano in sé una negazione: l'una nega di essere l'altra. Un angelo nega di essere un altro. Dio invece ha una negazione della negazione; egli è Uno, e nega tutto il resto, perché niente è al di fuori di Dio.
Vedi Eckhart:
(E1 a pag. 232) Essere questo o quello non significa essere tutto, giacché, in quanto sono questo o quello, o in quanto possiedo questo o quello, in tanto io non sono tutto e non possiedo tutto; ma se tu togli il tuo esser questo o quello, o il tuo possedere questo o quello, tu sei tutto e tutto possiedi. Nello stesso modo, se non sei qui o là, sei dappertutto. Così dunque, se non sei questo né quello, sei tutto.
Vedi Eckhart:
(E2 a pag. 61 segg.) Devi cominciare da te stesso ed abbandonare te stesso. In verità, se non fuggi prima da te stesso, dovunque tu fugga troverai ostacoli ed inquietudine. Chi cerca la pace nelle cose esteriori, luoghi o modi, gente o opere, paese lontano o povertà o umiltà - qualsiasi cosa ciò sia, per quanto grande -, ciò non è niente e non dà pace. Chi cerca così cerca male: più si allontana e meno trova ciò che cerca; come chi ha perduto la strada, più si allontana e più si fuorvia. Allora come bisogna fare? Bisogna prima di tutto abbandonare se stessi: così si abbandonano tutte le cose. In verità, se un uomo abbandonasse un regno o il mondo intero e mantenesse se stesso, non avrebbe abbandonato proprio niente.
Vedi Eckhart:
(E1 a pag. 91) Una volta, non molto tempo fa, venne da me un uomo, e mi disse che aveva dato via grosse cose in averi, in possedimenti, allo scopo di salvare l'anima. Allora io pensai: quanto poco, e che cose insignificanti tu hai lasciato! È una cecità e una stoltezza, finché tu presti una qualche attenzione a quel che hai lasciato. Ma se ti sei distaccato da te stesso, tu sei davvero distaccato.
Vedi Eckhart:
(E1 a pag. 179) Il mio essere dipende dal fatto che Dio è a me vicino e presente. Lo è anche ad una pietra o al legno, ma essi non lo sanno. Se il legno sapesse di Dio, e conoscesse quanto egli è vicino, così come lo sa il più alto degli angeli, il legno sarebbe altrettanto beato quanto l'angelo più alto. Perciò l'uomo è più beato di una pietra o del legno perché egli conosce Dio e sa quanto Dio gli è vicino. Ed è beato quanto più conosce ciò, e quanto meno lo conosce, tanto meno è beato.
Vedi Eckhart:
(E2 a pag. 204) Tutte le cose sono uguali in Dio, e sono Dio stesso.
Vedi Eckhart:
(E1 a pag. 100) Io dico, come ho già detto spesso: dove l'anima ha il suo essere naturale, creato, non v'è verità.