Nisargadatta Maharaj
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8. 30 Maggio 1970




I.: Alcuni dicono che l'universo è stato creato; altri, che è esistito da sempre, e che subisce perenni trasformazioni. Secondo alcuni è soggetto a leggi eterne; altri negano perfino la causalità. Per certuni il mondo è reale; per altri è del tutto privo di essere.
M.: Di che mondo parli?
I.: Del mondo delle mie percezioni, ovviamente.
M.: Il mondo che puoi percepire è davvero piccolino e privato! Prendilo come un sogno, e falla finita.
I.: Come posso prenderlo per un sogno? Un sogno non dura.
M.: E quanto mai durerà il tuo piccolo mondo privato?
I.: Il mio piccolo mondo è ben una parte di quello totale.
M.: E l'idea di un mondo totale non è una parte del tuo personale? L'universo non viene a dirti che sei una sua parte. Sei tu che hai inventato una totalità che ti contenga come sua parte. In realtà conosci solo il tuo mondo privato, pieno zeppo delle tue immaginazioni e aspettative.
I.: Di certo la percezione non è immaginaria!
M.: Ah no? La percezione non è forse un riconoscimento? Puoi accorgerti di una cosa completamente ignota e nuova, ma non percepirla. La percezione comporta il ricordo.
I.: Lo ammetto, ma il ricordo non la rende un'illusione.
M.: Percezione, immaginazione, aspettativa, anticipazione, illusione, sono tutte fondate sulla memoria. Quasi non vi sono discrimini tra l'una e l'altra, è un continuo confondersi e travasarsi.
I.: Tuttavia la memoria esiste per provare la realtà del mio mondo.
M.: E quanto pensi di ricordare? Prova a ricostruire - a memoria - che cosa pensavi, dicevi e facevi il 30 del mese scorso.
I.: C'è un vuoto, lo so.
M.: Non è così grave. E d'altra parte, c'è un'altra memoria che è molto abbondante, quella inconscia. Dobbiamo a lei se il mondo in cui viviamo ci è tanto familiare.
I.: Il mondo in cui viviamo è parziale e soggettivo. Sia pure. Ma voi? In che genere di mondo vivete, voi?
M.: Il mio mondo è come il tuo. Vedo, odo, sento, penso, parlo e agisco in un mondo che percepisco come te. Per te è tutto, per me è quasi niente(1). Sapendo che il mondo è una parte di me, non gli bado più di quanto tu badi al cibo che hai mangiato. Mentre lo prepari e lo mastichi, è ancora separato da te, e l'hai presente; ma una volta ingoiato, non ci pensi più. Io ho ingoiato il mondo, e non ci penso più.
I.: Non diventate completamente irresponsabile?
M.: Come potrei? Come posso ferire ciò che è tutt'uno con me? Al contrario, se non penso al mondo, tutto ciò che farò gli gioverà. Come il corpo mette a posto inconsciamente se stesso, così io, senza tregua, metto a posto il mondo.
I.: Tuttavia siete consapevole dell'immane sofferenza del mondo?
M.: Sì, molto più di te.
I.: E che fate?
M.: Lo guardo con gli occhi di Dio e trovo che tutto va bene.
I.: Tutto va bene? E le guerre, lo sfruttamento, il conflitto perenne tra il cittadino e lo stato?
M.: Tutte queste sofferenze sono per mano d'uomo, e sta all'uomo porvi fine. Dio aiuta l'uomo mettendolo di fronte ai risultati delle sue azioni, e chiedendogli che l'equilibrio sia ripristinato. Il karma è la legge che opera per la giustizia, è la mano guaritrice di Dio.



Tratto da Io sono Quello
Rizzoli Editore - Milano 1981, 82
Introdotto, curato e tradotto da Grazia Marchianò
Riprodotto su autorizzazione


Vedi Eckhart:
(E2 a pag. 203) Come ho detto spesso, v'è nell'anima qualcosa di tanto legato a Dio da essere uno, e non unito. È uno, non ha niente in comune con nulla, e non ha niente in comune con il creato. Tutto quel che è creato è nulla. Ora, esso è lontano ed estraneo ad ogni cosa creata.