Nisargadatta Maharaj
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2. 9 Maggio 1970




I.: Maharaj, siete seduto di fronte a me, e io sono qui, ai vostri piedi. Qual'è la vera differenza tra noi?
M.: Non c'è una vera differenza.
I.: Eppure una ragione dev'esserci, se sono io che vengo da voi e non viceversa.
M.: Tu immagini delle differenze, per questo vieni qui in cerca di individui "superiori".
I.: Ma voi siete un essere superiore. Sostenete di conoscere la realtà, io no.
M.: Ho mai detto che tu non conosci, e perciò sei inferiore? Lascia che chi ha inventato distinzioni del genere, le provi. Non sostengo di sapere niente che tu non sappia; anzi, so molto meno di te.
I.: Le vostre parole sono sagge, la vostra condotta è nobile, la vostra grazia ha potere.
M.: Non so niente di tutto questo, e non vedo differenze tra te e me. La mia vita è una successione di fatti come la tua. Solo che sono distaccato, e vedo svolgersi il film per quello che è, un film che si svolge, mentre tu ti abbarbichi alle cose e ti muovi insieme ad esse.
I.: Che cosa vi ha reso così imperturbabile?
M.: Niente in particolare. È successo che diedi fiducia al mio maestro; mi disse che non sono altri che me stesso, e gli credetti. E poiché gli ho creduto, mi sono regolato in conseguenza. Smisi di tenere a ciò che non era né me né mio.
I.: Che cosa v'indusse a credere ciecamente nel maestro, mentre la fiducia che abbiamo noi, è solo a parole?
M.: Chi può dirlo? Accadde. Le cose accadono senza motivo, e alla fin fine, che importa chi si è? La tua alta stima di me è solo un'opinione, può cambiare da un momento all'altro. Perché dare importanza alle opinioni, anche alle proprie?
I.: Eppure siete diverso. La vostra mente sembra quieta e felice. E prodigi accadono intorno a voi.
M.: Non so niente dei prodigi, e mi sorprende che la natura ammetta eccezioni alle sue leggi, a meno che non si voglia sostenere che tutto è prodigioso. Per me, la verità è un'altra: c'è la coscienza, e tutto accade in essa. È un fatto, e ognuno può constatarlo da sé. Forse non sei abbastanza attento. Guarda bene e vedrai come me.
I.: Che cosa vedete?
M.: Quello che vedresti subito anche tu se correggessi il fuoco dell'attenzione. Non ti osservi abbastanza. La tua mente s'identifica con gli oggetti, le persone, le idee, ma mai con te stesso. Mettiti a fuoco, acquista coscienza dell'esistenza che è tua. Guarda come funzioni, esamina i moventi e gli effetti delle tue azioni. Scruta la prigione che ti sei costruito intorno, per inavvertenza. Constatando ciò che non sei, scoprirai chi sei. La via di ritorno a quello che sei, passa attraverso il rifiuto e la negazione. C'è una certezza: il reale è reale, non è un immaginario prodotto della mente. Persino l'"io sono" è discontinuo, pur essendo un indicatore prezioso: segnala dove cercare, non che cosa. Guardalo bene e vedrai che, non appena ti sarai persuaso di non poter dire niente di attendibile su di te tranne "Io sono", e che niente che tu possa indicare è te, lo stesso bisogno dell'"Io sono" verrà meno, e smetterai di verbalizzare ciò che sei. Devi liberarti della tendenza a definirti. Le definizioni valgono solo per il corpo e le sue espressioni. Se ti svincoli dall'ossessione del corpo, ritornerai spontaneamente al tuo stato naturale. L'unica differenza tra noi è che io sono consapevole del mio stato naturale, mentre tu sei confuso. Come l'oro dei gioielli non ha più pregio dell'oro in polvere altro che per il valore che la mente gli impone così noi, nell'essere, siamo identici, e solo l'apparenza ci fa diversi. Lo scopriamo se siamo seri, indagando, interrogandoci giorno dopo giorno, momento per momento, votando l'intera vita alla scoperta.



Tratto da Io sono Quello
Rizzoli Editore - Milano 1981, 82
Introdotto, curato e tradotto da Grazia Marchianò
Riprodotto su autorizzazione