Meister Eckhart
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Ecce mitto angelum meum



Questo è scritto nel Vangelo e significa: "Vedete, io invio il mio angelo".
Bisogna innanzitutto sapere cosa è un angelo perché un testo dice che dobbiamo essere uguali agli angeli. Un maestro dice che l'angelo è un'immagine di Dio. Un altro dice che è formato secondo Dio. Un terzo dice che è un puro specchio, che possiede e porta in sé la somiglianza con la bontà divina e la purezza divina del silenzio e del mistero di Dio, per quanto è possibile. Uno dice che è una pura luce intellettuale, separata da tutte le cose materiali. Noi dobbiamo diventare simili a questi angeli. Ogni essere conoscente deve conoscere in una luce che è nel tempo, perché, qualsiasi cosa pensi, la penso in una luce situata nel tempo e temporale(1). L'angelo, invece, conosce in una luce che è al di sopra del tempo, ed eterna. Perciò egli conosce in un "ora" eterno, mentre l'uomo conosce in un "ora" temporale. L'"ora" temporale è il più piccolo di tutti. Togli questo "ora" temporale e tu sei dappertutto, e possiedi la totalità del tempo(2). Essere questo o quello non significa essere tutto, giacché, in quanto sono questo o quello, o in quanto possiedo questo o quello, in tanto io non sono tutto e non possiedo tutto; ma se tu togli il tuo esser questo o quello, o il tuo possedere questo o quello, tu sei tutto e tutto possiedi. Nello stesso modo, se non sei qui o là, sei dappertutto. Così dunque, se non sei questo né quello, sei tutto(3). L'angelo è ed agisce intellettualmente nel suo luogo, e costante è la sua contemplazione, il cui oggetto è l'essere intelligibile. Perciò il suo essere è tanto lontano da tutte le cose. È lontano da tutto quel che è molteplicità e numero.
Diciamo ancora qualcosa della parola pronunciata: "Io invio". Un testo tace la parola "io", un altro la dice. Il profeta dice: "Io invio il mio angelo", ma l'evangelista sopprime l'"io". Che significa l'omissione di "io" in un testo?
Significa innanzitutto che Dio è inesprimibile, innominabile, al di sopra di ogni parola nella purezza del suo fondo; che nessuna parola o asserzione può contenerlo, perché è inesprimibile per tutte le creature, ed indicibile. Un secondo significato è che l'anima è inesprimibile e indicibile, quando la si consideri nel suo proprio fondo, là dove è indicibile ed innominabile, tanto che nessuna parola può contenerla, perché essa è al di sopra di ogni nome e di ogni parola. Ecco perché la parola "io" è omessa, perché non v'è per essa né parola né asserzione. Un terzo significato è che Dio e l'anima sono talmente una sola cosa, che Dio non può avere alcuna proprietà o qualcosa che lo separi dall'anima, in modo tale che l'evangelista non può dire: "Io invio il mio angelo", perché, se dicesse "io", Dio sarebbe diverso dall'anima: se dicesse "io", indicherebbe qualcosa di diverso rispetto all'anima. Perciò è taciuta la parola "io", perché Dio e l'anima sono talmente una sola cosa, che Dio non può avere niente di proprio, che niente può essere detto di Dio che indichi una distinzione o una alterità.
D'altra parte, quando il testo dice "io", ciò significa innanzitutto l'essenza di Dio, che solo Dio è, perché tutte le cose sono in Dio e da Dio; fuori e senza di lui, niente è in verità, tutte le creature sono cosa meschina ed un puro nulla in rapporto a Dio. Perciò, quello che esse sono in verità, lo sono in Dio, e dunque Dio solo è, in verità. Così, la parola "io" indica l'essenza della verità divina, perché è l'attestazione di una essenza. È la prova che solo lui è. In secondo luogo, significa che non esiste separazione tra Dio e tutte le cose, perché Dio è in tutte le cose: è più intimo ad esse di quanto non lo siano a se stesse(4). Così, non esiste separazione tra Dio e tutte le cose. Nello stesso modo, non deve esistere separazione tra l'uomo e tutte le cose; ovvero, l'uomo non deve essere niente in se stesso, assolutamente distaccato da se stesso: così non esiste separazione tra Dio e tutte le cose. Nello stesso modo, non deve esistere separazione tra l'uomo e tutte le cose; ovvero, l'uomo non deve essere niente in se stesso, assolutamente distaccato da se stesso: così non esiste separazione tra lui e tutte le cose, ed è tutte le cose. Infatti, nella misura in cui non sei niente in te stesso, nella stessa misura sei tutte le cose, e non esiste separazione tra te e le cose. Perciò, nella misura in cui non sei separato da tutte le cose, in questa misura sei Dio e tutte le cose, perché la divinità di Dio consiste nel fatto che non v'è separazione tra lui e le cose(5). Dunque l'uomo, in cui non esiste separazione tra lui e le cose, coglie la divinità là dove Dio stesso la coglie. In terzo luogo, la parola "io" indica qualcosa della perfezione del nome "io", perché questo non è un vero nome; sta al posto di un nome e della perfezione del nome, ed indica una immutabilità ed intangibilità, e dunque vuol dire che Dio è immutabile ed intangibile, una eterna stabilità. In quarto luogo, significa la nuda purezza dell'essere divino, che non ha alcun essere accanto ad esso. Infatti la bontà, la saggezza, e tutto quel che si può dire di Dio, tutto questo è un essere-accanto al puro essere di Dio, ma questo essere-accanto rende estraneo l'essere. Così, la parola "io" indica la nuda purezza dell'essere di Dio, come in se stesso è, senza quell'essere-accanto che rende estraneo e lontano.
Parliamo ora, di nuovo, degli angeli, di cui ho detto prima che sono un'immagine di Dio, ed uno specchio che possiede in sé la somiglianza della bontà e della purezza del silenzio e del mistero di Dio, per quanto possibile. Noi dobbiamo essere simili agli angeli e dunque essere una immagine di Dio, perché egli ci ha creati a sua immagine. L'artefice che vuol fare un'immagine dell'uomo, non la fa di Corrado o di Enrico. Se facesse un'immagine di Corrado o di Enrico, non avrebbe l'intenzione di riprodurre l'essere umano, ma Corrado o Enrico. E se facesse un immagine di Corrado, la sua intenzione non sarebbe Enrico, perché, se ne fosse capace e lo potesse, riprodurrebbe assolutamente Corrado dal vero e assolutamente somigliante. Ora Dio ha completamente questa capacità e questo potere, e perciò ti ha fatto assolutamente simile a lui ed immagine di se stesso. Ma "simile a lui" indica qualcosa di estraneo e lontano, mentre tra Dio e l'uomo non v'è estraneità o lontananza. Perciò l'uomo non è simile a Dio, ma assolutamente identico e lo stesso che egli è, assolutamente(6).
Non so e non posso dire niente di più, e così termina questo sermone; ma un giorno pensavo, mentre stavo camminando, che l'uomo dovrebbe essere così completamente distaccato nella sua intenzione, da non dover pensare a niente e a nessuno, se non alla divinità in se stessa: né alla beatitudine, né a questo né a quello, se non a Dio solo in quanto Dio, ed alla divinità in sé, giacché ogni altra cosa cui pensi è un essere-accanto alla divinità. Togli perciò ogni essere-accanto alla divinità, e coglila nuda in se stessa.
Che Dio ci aiuti a giungervi. Amen.



Tratto da Sermoni Tedeschi
A cura di Marco Vannini
Adelphi Edizioni - Milano 1985
Riprodotto su autorizzazione


Vedi Maharaj:
(I1 a pag. 98) Il tempo e lo spazio sono mentali. Anche la legge di causa-effetto è un modo di pensare. In realtà tutto è qui e ora, unico. La molteplicità e la differenza sono solo nella mente.
Vedi Maharaj:
(I2 a pag. 181) Il senso del qui-ora è con te ovunque e sempre. Questo significa che non dipendi dallo spazio e dal tempo, che essi sono in te, non te in loro. La sensazione di finitezza dipende dall'identificazione con il corpo, limitato com'è nello spazio e nel tempo. Nella realtà sei infinito ed eterno.
Vedi Maharaj:
(I2 a pag. 74) Per situare un oggetto o un fatto, occorrono lo spazio e il tempo; ma ciò che è senza tempo e senza spazio resiste a ogni trattamento.
Vedi Maharaj:
(I1 a pag. 60) Il nostro atteggiamento usuale è di affermare "Sono questo". Prova a separare l'"io sono" dal "questo", e cerca di avvertire che significa essere, essere soltanto, senza "questo" o "quello".... e coglierai il tuo essere illimitato.
Vedi Maharaj:
(I1 a pag. 22) Smetti di immaginare che sei o che fai questo o quello, e scoprirai che la fonte e il fulcro di tutto è dentro di te. A quel punto amerai, e sarà un grande afflato, senza scelta, predilezione o attaccamento, la forza che rende tutte le cose care, e degne d'amore.
Vedi Maharaj:
(I1 a pag. 38) È la tua idea fissa di dover essere questo o quello, che ti acceca.
Vedi Maharaj:
(I1 a pag. 159) I tuoi problemi nascono dal fatto che ti sei definito e perciò limitato. Quando smetti di crederti "questo" o "quello", ogni conflitto cessa [...] Ti sei confinato nello spazio e nel tempo, compresso nella spanna di una vita e nel volume di un corpo, suscitando i conflitti della vita e della morte, del piacere e del dolore, della speranza e della paura. Non puoi sbarazzarti dei problemi, senza prima abbandonare le illusioni.
Vedi Maharaj:
(I1 a pag. 183) Il tuo fardello sono le false auto-identificazioni: abbandonale tutte.
Vedi Maharaj:
(I2 a pag. 43) Se cerchi la realtà, devi liberarti di tutti gli sfondi, le culture e i modelli di pensiero e sentimento. Persino dell'idea di essere uomo o donna, o di essere umano addirittura. L'oceano della vita contiene tutto, non solo ciò che è umano. Così, prima di tutto, abbandona ogni auto-identificazione, smetti di pensarti così e così, in un modo o nell'altro, come "questo" o "quello". Elimina l'interesse personale, non preoccuparti del tuo benessere, materiale o spirituale, abbandona ogni desiderio, basso o elevato, smetti di pensare ai risultati. Qui, ora, sei completo, non ti occorre nulla.
Vedi Maharaj:
(I1 a pag. 133) Basterà che tu tocchi la realtà dentro di te, e scoprirai che non faccio che descrivere ciò che ti è vicinissimo e diletto.
Vedi Maharaj:
(I2 a pag. 80) Immagini che la verità si lasci indicare e che ti si dica: "Guarda, eccola qui". Non è così. La verità non è il risultato di uno sforzo, o la fine di un percorso. È qui, ora, nella stessa tensione a cercarla. È più vicina di quanto non lo siano la mente e il corpo, più vicina dell'"io sono". Non la vedi perché guardi troppo in là, fuori del tuo fondo più riposto.
Vedi Maharaj:
(I1 a pag. 171) Non sono una persona nel tuo senso del termine, benché possa apparire a te come una persona. Sono quell'oceano infinito di ogni esistenza e conoscenza in cui tutto accade. Non c'è niente da cui mi senta separato, quindi sono tutto. Nessuna cosa è me, io perciò non sono nessuna cosa. Lo stesso potere che fa bruciare il fuoco e fluire l'acqua, germogliare i semi e crescere gli alberi, mi fa rispondere alle tue domande.
Vedi Maharaj:
(I1 a pag. 184) Presto scoprirai che la quiete e la felicità ti appartengono naturalmente, e che il cercarle come se dovessi raggiungerle, è ciò che ti turba. Lìmitati a evitarlo. Non cercare. Non potresti inseguire quello che già non hai. Sei Dio, la Realtà Suprema. All'inizio da' fiducia al maestro.