Scitote, quia prope est regnum dei
Il nostro amato Signore dice qui: "Sappiate che il regno di Dio è vicino a voi". Sì, il regno di Dio è in noi, e san Paolo dice che la nostra salvezza è più vicina a noi di quel che crediamo. Dovete sapere in primo luogo come il regno di Dio è vicino a noi; in secondo luogo, quando il regno di Dio è vicino a noi. Perciò dobbiamo considerare con cura il significato. Se io fossi un re, ma senza saperlo io stesso, non sarei affatto un re. Se avessi invece la ferma fede di essere un re, e questa stessa opinione fosse creduta da tutti gli uomini insieme a me, ed io avessi per certo che tutti gli uomini lo credono, sarei davvero un re, e mia sarebbe tutta la ricchezza del re, e niente di essa mi mancherebbe. Queste tre cose sono necessarie, se devo essere un re. Se me ne mancasse anche soltanto una, non potrei essere re. Un maestro dice - e così anche i nostri migliori maestri - che la beatitudine sta nel fatto che l'uomo conosce e sa il bene più alto, che è Dio stesso. Io ho nell'anima una potenza che è assolutamente recettiva di Dio. Io sono certo, come del fatto di vivere, che niente mi è così vicino come Dio. Dio è a me più vicino, di quanto io lo sia a me stesso; il mio essere dipende dal fatto che Dio è a me vicino e presente. Lo è anche ad una pietra o al legno, ma essi non lo sanno. Se il legno sapesse di Dio, e conoscesse quanto egli è vicino, così come lo sa il più alto degli angeli, il legno sarebbe altrettanto beato quanto l'angelo più alto. Perciò l'uomo è più beato di una pietra o del legno perché egli conosce Dio e sa quanto Dio gli è vicino(1). Ed è beato quanto più conosce ciò, e quanto meno lo conosce, tanto meno è beato. Non è beato per il fatto che Dio è in lui e a lui così vicino e che egli ha Dio, ma per il fatto che egli conosce quanto Dio gli è vicino, e che egli sa di Dio. Un tale uomo saprà "che il regno di Dio è vicino".
Il profeta dice nel salterio: "Non dovete essere ignoranti come un mulo o un cavallo". Un'altra parola la dice il patriarca Giacobbe: "Veramente, Dio è in questo luogo, e io non lo sapevo". Si deve sapere di Dio, e riconoscere "che il regno di Dio è vicino".
Quando penso al regno di Dio, rimango spesso ammutolito per la sua grandezza. Perché il regno di Dio è Dio stesso con la sua intera ricchezza. Non è una piccola cosa il regno di Dio: se ci si rappresentassero tutti i mondi che Dio può creare, questo non è il regno di Dio! Sono solito dire talvolta una parola: l'anima, in cui il regno di Dio appare e che riconosce vicino a sé il regno di Dio, non ha bisogno di ascoltare prediche o insegnamenti: da quello ha già ricevuto insegnamento, e l'assicurazione della vita eterna. Chi sa e riconosce quanto vicino gli è il regno di Dio, può dire con Giacobbe: "Dio è in questo luogo, e io non lo sapevo", ma ora lo so.
Dio è ugualmente vicino in tutte le creature. Il sapiente dice: Dio ha steso le sue reti e le sue funi su tutte le creature, perché si possa trovarlo in ciascuna di esse e riconoscerlo, se solo si vuole percepirlo. Un maestro dice: conosce Dio rettamente chi lo riconosce in modo identico in tutte le cose. Io ho detto già una volta: che si serva Dio nel timore, è bene; che lo si serva per amore, è meglio; ma che l'uomo possa concepire l'amore nel timore, questa è la cosa migliore di tutte. Che un uomo abbia una vita tranquilla e quieta in Dio, è bene; che sopporti con pazienza una vita piena di affanni, è meglio; ma la cosa migliore di tutte è avere pace negli affanni. Un uomo va nel campo, dice la sua preghiera e conosce Dio; oppure è in chiesa e conosce Dio: se conosce meglio Dio per il fatto di trovarsi in un luogo tranquillo, ciò dipende dalla sua insufficienza, non da Dio; perché Dio è nello stesso modo in tutte le cose ed in tutti i luoghi, ed è pronto a donarsi nello stesso modo, per quanto dipende da lui; e conosce Dio rettamente chi lo riconosce come uguale.
San Bernardo dice: perché il mio occhio, e non il piede, conosce il cielo? Ciò deriva dal fatto che l'occhio è più simile al cielo del piede. Se dunque la mia anima deve conoscere Dio, deve essere celeste. Ma cos'è che porta l'anima a conoscere Dio in sé ed a sapere quanto è vicino? Fate attenzione! Il cielo non può ricevere alcuna impressione estranea: nessuna penosa necessità può impressionarlo e portarlo fuori dal suo corso. Così, anche l'anima, che deve conoscere Dio, deve essere così rafforzata e confermata in Dio, da non poter essere impressionata da niente, né speranza né timore, né gioia né afflizione, né amore né dolore, né alcuna altra cosa che possa portarla fuori del suo cammino. Il cielo è in tutti i suoi punti ugualmente lontano dalla terra. Così anche l'anima deve essere ugualmente lontana da tutte le cose terrene, in modo da non essere più vicina all'una che all'altra; essa deve mantenersi ugualmente distante nella gioia e nel dolore, nell'avere e nell'esser privo, o comunque sia: a tutto deve essere completamente morta, distaccata ed elevata al di sopra.
Il cielo è puro e chiaro, senza alcuna macchia, ad eccezione della luna. I maestri la chiamano la levatrice del cielo, l'astro più vicino alla terra. Il tempo e lo spazio non lo toccano. Tutte le cose corporee non hanno là alcun luogo. Non sta neppure nel tempo, il suo corso è incredibilmente veloce; i maestri dicono che è senza tempo, ma il tempo deriva dal suo corso. Niente ostacola l'anima nella conoscenza di Dio tanto quanto il tempo e lo spazio(2). Tempo e spazio sono parti, ma Dio è uno. Se dunque l'anima deve conoscere Dio, deve conoscerlo al di sopra dello spazio e del tempo, perché Dio non è questo né quello, come le molteplici cose terrene: Dio è uno(3).
Se l'anima deve vedere Dio, essa non può guardare alcuna cosa nel tempo; perché non può mai conoscere Dio fin tanto che le sono presenti il tempo e lo spazio, o altre rappresentazioni simili. Se l'occhio deve conoscere il colore, deve essere prima spoglio di ogni colore. Se l'anima deve conoscere Dio, essa non può avere nulla in comune con il nulla. Chi conosce Dio, sa che tutte le creature sono nulla(4). Se si pone una creatura di fronte all'altra, essa appare bella ed è qualcosa; ma se la si mette di fronte a Dio, essa non è nulla.
Io dico inoltre: se l'anima deve conoscere Dio, deve anche obliare se stessa e perdersi; perché non vede e conosce Dio, finché vede e conosce se stessa. Se invece si perde per amor di Dio e rinuncia a tutte le cose, allora ritrova se stessa in Dio. Mentre conosce Dio, conosce se stessa e tutte le cose, da cui si è separata, in modo perfetto in Dio(5). Se devo conoscere davvero il sommo bene o l'eterna bontà, devo conoscerla là dove essa è la bontà in sé, non dove è divisa. Se devo conoscere davvero l'essere, devo conoscerlo dove è l'essere in se stesso, ovvero in Dio; non dove è diviso, nelle creature.
In Dio soltanto è l'intero essere divino. In un uomo non è l'intera umanità, perché un uomo non è tutti gli uomini. Ma in Dio l'anima conosce l'intera umanità, e tutte le cose nel grado più alto, perché le conosce secondo l'essere(6).
Un uomo, che abiti in una casa ben dipinta, la conosce certo meglio di un altro, che non vi è mai stato e che, tuttavia, ne volesse parlare a lungo. Nello stesso modo io sono certo, come son certo di vivere e che Dio vive, che l'anima deve conoscere Dio al di sopra del tempo e dello spazio, se davvero deve conoscerlo(7). Una tale anima conosce Dio e sa quanto vicino è il suo regno, ovvero Dio con tutta la sua ricchezza. I maestri sollevano molte questioni nella scuola a proposito di come sia possibile che l'anima conosca Dio. Non deriva dalla giustizia o dal rigore di Dio il fatto che egli molto esiga dall'uomo; deriva dalla sua grande liberalità, perché egli vuole che l'anima si allarghi, per poter ricevere molto, e perché molto le possa dare.
Nessuno deve credere che sia difficile giungere a questo punto, per quanto suoni difficile e difficile sia all'inizio e nel distaccarsi e morire a tutte le cose. Ma quando si è un po' pratici, allora non v'è vita più facile, piacevole ed amabile(8). Dio è infatti molto premuroso di essere sempre accanto all'uomo, e lo istruisce per condurlo a sé, se quello vuole seguirlo. Mai un uomo ha desiderato qualcosa tanto quanto Dio desidera portare l'uomo a conoscerlo. Dio è sempre pronto; noi invece siamo poco pronti(9); Dio è vicino a noi; noi invece siamo lontani da lui; Dio è all'interno, noi invece siamo all'esterno; Dio è in noi in casa propria, ma noi siamo in un paese straniero.
Il profeta dice: "Dio conduce i giusti per uno stretto sentiero nell'ampia strada, perché giungano nell'ampiezza e nella larghezza"; che significa: nella vera libertà dello spirito, che è diventato un solo spirito con Dio.
Ci aiuti Dio, perché noi tutti lo seguiamo, in modo che egli ci porti in sé, dove lo conosciamo veramente. Amen.
Tratto da Sermoni Tedeschi
A cura di Marco Vannini
Adelphi Edizioni - Milano 1985
Riprodotto su autorizzazione
(I1 a pag. 38) Ogni granello di sabbia è Dio; saperlo è importante, ma è solo l'inizio.
(I2 a pag. 66) L'"io sono", il senso di essere una persona delimitata nel tempo e nello spazio, è il veleno. In un certo senso il tempo stesso è veleno. Tutte le cose vi finiscono e nuove nascono, che saranno a loro volta divorate. Non identificarti col tempo, non incalzare: "e poi, e poi?". Balza fuori e vedi come il tempo divora il mondo. Riconosci: "È nella natura del tempo porre fine a tutto. Così sia. Ma non mi riguarda. Non sono infiammabile, né ho bisogno di raccogliere il combustibile ".
(I1 a pag. 98) Il tempo e lo spazio sono mentali. Anche la legge di causa-effetto è un modo di pensare. In realtà tutto è qui e ora, unico. La molteplicità e la differenza sono solo nella mente.
Vedi Maharaj:
(I1 a pag. 117) La vera conoscenza di te, del sé che è in te, non è un conoscere. Non è qualcosa che trovi rovistando dappertutto. Nello spazio e nel tempo non la trovi.
Vedi Maharaj:
(I1 a pag. 160) La mente crea il tempo e lo spazio, e li suppone reali. Invece, è tutto qui, ora, anche se non lo vediamo. Davvero, tutto è in me e grazie a me. Non c'è altro. L'idea stessa di "altro" è disastrosa e infelice.
(I2 a pag. 42) In verità, "gli altri" non li aiuti per una ragione semplicissima: non esistono.
(I1 a pag. 143 )(Il saggio) è solitario e solo, ma è anche tutto e tutti. Non è nemmeno una creatura. È l'esseità di tutti gli esseri, e neppure quello. Le parole non si adattano. È ciò che è, il terreno su cui tutto cresce.
(I2 a pag. 43) Una volta capito che il falso ha bisogno di tempo e che ciò che richiede tempo è falso, sei più prossimo alla realtà, che è fuori del tempo, sempre ora. L'eternità nel tempo è pura iterazione, come il movimento di un orologio che scorre senza fine dal passato al futuro.
(I1 a pag. 30) Non è un'impresa difficile, né richiede gran tempo. La serietà è l'unica condizione per il successo.
Vedi Maharaj:
(I2 a pag. 43) Non è difficile, ma ci vuole distacco. È l'attaccamento al falso, che rende così ardua la visione del vero.