Meister Eckhart
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Alle gleichen Dinge




Tutte le cose simili si amano reciprocamente e si uniscono l'una con l'altra, e tutte le cose dissimiii si fuggono e si odiano reciprocamente. Un maestro dice che niente è così dissimile come il cielo e la terra. La terra si è accorta nella sua natura di essere lontana e dissimile dal cielo, e perciò è fuggita lontana dal cielo fino al luogo più basso, ed è immobile, per non avvicinarsi al cielo. Il cielo ha constatato nella sua natura che la terra lo ha fuggito ed ha preso il posto più basso. Perciò esso si effonde completamente nella terra in modo fecondo, ed i maestri credono che l'ampio e vasto cielo non tenga per sé neppure lo spazio di una punta di spillo, ma che invece si generi completamente nella terra, in modo fecondo. Perciò la terra si chiama la creatura più fertile tra tutte le cose temporali. Altrettanto dico io dell'uomo che si è annientato in se stesso, in Dio e in tutte le creature: quest'uomo ha preso il posto più basso, ed in tale uomo Dio deve effondersi completamente, altrimenti non è Dio(1). Lo dico nell'eterna e sempre perdurante verità: Dio deve effondersi completamente, in ogni uomo che sia distaccato da se stesso fino in fondo, secondo tutto il suo potere, in modo tale da non mantenere niente per sé, né nella sua vita, né nel suo essere, né nella sua natura, e neppure nella sua piena divinità: tutto questo Dio deve effonderlo in modo fecondo nell'uomo che si è abbandonato a Dio e che ha preso il posto più basso.
Mentre venivo qui oggi, meditavo sul modo di predicare a voi per poter essere compreso, e mi è venuto in mente un paragone. Se lo capite bene, comprenderete il senso proprio ed il fondamento del mio modo di vedere, sul quale ho sempre predicato. Il paragone aveva a che fare col mio occhio e col legno: se il mio occhio è aperto, è un occhio; se è chiuso, è lo stesso occhio. Reciprocamente niente si aggiunge o si toglie al legno nell'essere visto. Ma ora comprendetemi bene! Se accade che il mio occhio, uno e semplice in se stesso, sia aperto e rivolto con lo sguardo al legno, ciascuna delle due cose rimane quella che è, e tuttavia, nel compimento della visione, divengono a tal punto una cosa sola, che si può dire con verità occhio-legno, e il legno è il mio occhio. Se anche il legno fosse immateriale e puramente spirituale come la visione del mio occhio, si potrebbe dire effettivamente che, nel compimento della mia visione, il legno e il mio occhio si trovino in un solo essere(2). Se questo accade nelle cose corporali, quanto più deve valere per quelle spirituali!
Dovete sapere che il mio occhio ha maggiore comunanza con l'occhio di una pecora che è di là dal mare e che non ho mai visto, di quanta ne abbia con le mie orecchie, con le quali tuttavia sta in comunità di essere. Questo deriva dal fatto che l'occhio della pecora esercita la stessa attività del mio, e perciò attribuisco loro una maggiore comunanza nell'operare di quanta ne abbiano i miei occhi ed orecchi, dal momento che questi sono distinti nella loro operazione.
Ho parlato a volte di una luce che è nell'anima, increata e increabile(3). Ho cura di toccare sempre nelle mie prediche questa stessa luce. Essa coglie Dio immediatamente, nella sua nudità, senza niente che lo ricopra, come egli è in se stesso, e questo è il coglierlo nel compimento della generazione. Perciò posso dire in verità che questa luce ha più unità con Dio di quanta ne abbia con le potenze dell'anima, con le quali peraltro sta in unità di essere. Dovete infatti sapere che questa luce nell'essere della mia anima non è più nobile della più bassa o più rozza potenza, come l'udito o la vista, o altra potenza concernente la fame e la sete, il freddo ed il caldo; e questo è fondato sul fatto che l'essere è unitario. In quanto si prendano le potenze dell'anima nell'essere, esse sono tutt'uno ed ugualmente nobili; ma se si prendono nel loro operare, allora una è molto più nobile ed alta delle altre.
Perciò io dico: se l'uomo si distoglie da se stesso e da tutte le cose create - tanto tu fai questo, tanto sei unito e felice nella scintilla dell'anima, che non tocca mai né il tempo né lo spazio(4). Questa scintilla rifiuta tutte le creature, e non vuole altro che Dio nella sua nudità, come è in se stesso. Non le bastano né il Padre né il Figlio né lo Spirito santo, e neppure le tre Persone insieme, in quanto ciascuna permane nella sua particolarità(5). Io dico in verità che a questa luce non basta neppure l'unicità del fecondo seno della natura divina. Voglio dire ancora qualcosa di più, che suonerà ancor più stupefacente: dico nella eterna e sempre permanente verità che a questa luce non basta l'essere divino unico, impassibile, che non dà né riceve: essa vuole sapere da dove questo essere provenga(6); essa vuole penetrare nel semplice fondo, nel silenzioso deserto, dove mai ha gettato uno sguardo la distinzione, né Padre né Figlio né Spirito santo(7). Nella interiorità più profonda, dove nessuno è in patria, là trova soddisfazione questa luce, e là essa è in una interiorità più profonda di quanto sia presso se stessa. Infatti questo fondo è un semplice silenzio, immobile in se stesso; da questa immobilità vengono mosse tutte le cose e vengono accolte tutte quelle vite che vivono intellettualmente in se stesse(8).
Che Dio ci aiuti a vivere in questo modo secondo intelletto. Amen.




Tratto da Sermoni Tedeschi
A cura di Marco Vannini
Adelphi Edizioni - Milano 1985
Riprodotto su autorizzazione


Vedi Maharaj:
(I2 a pag. 43) Anche la pura sussistenza può esser di peso. Se scarti ogni motivazione egoistica appena la scorgi, non avrai bisogno di cercare la verità: sarà essa a trovarti.
Vedi Maharaj:
(I2 a pag. 12) Diciamo che via via che dirigo l'attenzione, divento quello che guardo, e ne assumo la coscienza. Divento l'interno testimone di ciò che guardo. Questa capacità di penetrare punti focali di coscienza diversi dal mio, la chiamo "amore".
Affermazione considerata eretica.
Vedi Maharaj:
(I2 a pag. 38) Distolta dalle sue apprensioni, la mente diventa quieta. Se non disturbi quella quiete e ci stai dentro, scopri che è pervasa da una luce e un amore che non hai mai conosciuto: e tuttavia riconosci all'istante che sono la tua vera natura.
Vedi Maharaj:
(I1 a pag. 194) Trova la scintilla di vita che permea i tessuti del tuo corpo, e sta' con essa. È l'unica realtà che il corpo abbia. Questa scintilla non muore perché è al di là del tempo.
Vedi Maharaj:
(I1 a pag. 148) Se resti immobile, solo osservando, ti avvedi di essere la luce dietro l'osservatore. La fonte della luce è oscura, la fonte della conoscenza è ignota. Solo la fonte è. Torna a quella fonte e dimora lì. Il suo luogo non è il cielo, o l'etere che tutto avvolge. Dio è tutto ciò che è grandioso e splendido; io non sono nulla, non ho, non faccio nulla. Eppure tutto promana da me: la fonte è me; io sono la radice, l'origine.
Vedi Maharaj:
(I2 a pag. 46) Individuale o universale che sia, la coscienza non è però la mia vera dimora, non è mia, né io sono in essa. Sono oltre, sebbene non sia facile descrivere uno stato né conscio né inconscio, ma che sta al di là. Non dico neppure: sono Dio o in Dio, perché Dio è il testimone, la luce e l'amore universale, e io sono persino al di là.
Vedi Maharaj:
(I1 a pag. 44) Ciò che è al di là dell'universo e della coscienza, e che li sostiene, è il Supremo, uno stato di assoluta stabilità e silenzio. Chiunque lo raggiunga, in esso dilegua. Le parole, la mente non lo sfiorano. Se lo chiami Dio o Parabrahman, sappi che sono nomi imposti dalla mente. È il senza-nome, non ha contenuto, è spontaneo e senza sforzo, oltre l'essere, al di là del non-essere.
Vedi Margherita:
(MP, cap. 138) Ora quest'Anima è nell'essere del suo primo essere che è il suo proprio essere, ed ha lasciato tre e fatto di due uno.
Vedi Maharaj:
(I2 a pag. 113) Amare e adorare un Dio è ancora ignoranza. La mia dimora è di là da ogni nozione, per eccelsa che sia.