Meister Eckhart
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Gott hat die Armen




Dio ha fatto i poveri per i ricchi ed i ricchi per i poveri. Prestate a Dio, egli vi restituirà. Alcuni dicono che credono in Dio, ma non credono Dio. È cosa più grande credere in Dio che credere Dio. Si crede che una persona, cui si prestano cinque scellini, li restituirà, ma tuttavia non si crede in questa persona. Se dunque un uomo crede in Dio, perché non crede che Dio gli restituirà ciò che gli si presta nei suoi poveri? Chi abbandona tutte le cose, riceverà il centuplo in cambio. Ma chi mira al centuplo non riceve niente, perché non lascia tutto, ma vuole avere il centuplo in cambio. Nostro Signore però promette il centuplo a quelli che abbandonano tutto. Se qualcuno lascia tutto, riceverà il centuplo e la vita eterna. Se però il beneficio di questo abbandono ricadesse sull'uomo, quello che avesse rinunciato per questo "perché", non avrebbe abbandonato tutto, e dunque non riceverebbe niente. Chi cerca qualcosa in Dio - scienza, conoscenza, devozione o che altro -, se lo trova, non trova Dio, anche se trova scienza, conoscenza, interiorità - cose che lodo affatto -; ma ciò non permane in lui. Se invece non cerca niente, trova Dio e tutte le cose in lui, ed esse permangono nell'uomo.
Non si deve cercare niente, né conoscenza né scienza, né interiorità né devozione né pace, ma soltanto la volontà di Dio. L'anima, che è come deve essere, non desidera che Dio le doni la sua intera divinità, perché sarebbe consolata da ciò tanto poco, quanto se Dio le donasse un moscerino. La conoscenza di Dio, senza la volontà di Dio è nulla. Nella volontà di Dio tutte le cose sono, e sono qualcosa, sono accette a Dio e perfette; fuori della volontà di Dio, tutte le cose sono nulla, non piacciono a Dio e sono imperfette(1). Un uomo non dovrebbe mai pregare per cose transitorie; ma se vuole pregare per qualcosa, deve domandare soltanto che sia fatta la volontà di Dio, e niente altro; ed allora ottiene tutto. Se invece prega per qualcos'altro, non ottiene nulla. In Dio non v'è altro che l'Uno, e l'Uno è indivisibile. Chi prende qualcosa di diverso dall'Uno, prende qualcosa di divisibile e non l'Uno. Dio è Uno, e se l'uomo cerca e tende a qualcos'altro, allora quello non è Dio, ma qualcosa di divisibile. Sia ciò pace o conoscenza, o che altro sia, fuori della volontà di Dio è in vista di se stesso, ed è nulla. Se si cerca soltanto la volontà di Dio si deve accettare quello che ci capita, o che ci viene manifestato, come un dono di Dio(2), e non stare a vedere e considerare se venga dalla natura o dalla grazia, o da dove o in qual modo: tutto ciò deve essere per noi indifferente. Allora uno è come deve essere; e si deve condurre una semplice vita cristiana, senza mirare ad una condotta particolare. Una cosa soltanto si deve ricevere da Dio, e quel che poi ci accade, lo si prenda come la cosa migliore per noi, senza timore di essere ostacolati, all'interno o all'esterno, da quel che ci capita(3); quel che si fa, è sempre sufficiente, se v'è in noi l'amore di Dio.
Quando capita a certe persone qualcosa da soffrire o da fare, esse dicono: "Se sapessi che questa è la volontà di Dio, lo sopporterei o farei volentieri ". Per Dio! È una ben strana domanda quando un malato chiede se è volontà di Dio che sia malato! Egli deve esser certo che è volontà di Dio, se è malato. Cosi è anche nelle altre cose. Perciò l'uomo deve accettare da Dio tutto quel che gli capita, in modo puro e semplice. Vi sono delle persone che, quando va loro bene interiormente o esteriormente, lodano Dio e confidano in lui, come alcuni dicono: "Ho dieci moggi di grano ed altrettanto vino quest'anno: confido pienamente in Dio". Davvero, dico io, hai piena fiducia, ma nel grano e nel vino!
L'anima è fatta per un bene così grande ed alto, che essa non può in alcun modo trovare riposo ed è sempre infelice, finché non giunge, sopra ogni modo, a quel bene eterno che è Dio, per il quale essa è fatta. Non vi giunge però con impeto, con la rigida ostinazione a fare questo e a lasciare quello, ma con la mitezza, in fedele umiltà e rinuncia a se stesso, nei confronti di tutto quello che capita. Non che l'uomo si metta in testa: farai questo assolutamente, costi quel che costi(4)! Questo è falso, perché in ciò egli afferma se stesso(5). Se gli capita qualcosa che lo affatica, lo turba e lo rende inquieto, ciò è di nuovo falso, perché anche in questo si afferma se stessi. Se gli giungesse una grande contrarietà, dovrebbe farsi condurre da Dio, chinarsi umilmente sotto di lui, ed accogliere da lui in mite confidenza tutto quel che gli avviene: questo sarebbe il giusto comportamento. A questo mira tutto ciò che si può consigliare e insegnare: che l'uomo si lasci condurre, e non abbia che Dio in vista, per quanto questo si possa presentare con molte e diverse parole(6).
Una coscienza bene ordinata sarà aiutata dal fatto di non prestare attenzione alle cose accidentali; occorre che l'uomo, ben raccolto in se stesso, abbandoni completamente a Dio il proprio volere, ed accetti qualsiasi cosa da Dio come identica: grazia o che altro sia, esteriore o interiore(7). Chi percepisce qualcosa in Dio, non vede Dio. Un uomo giusto non ha bisogno di Dio. Non ho bisogno di quello che possiedo(8). L'uomo giusto non serve niente, non fa caso ad alcuna cosa; egli ha Dio, e perciò non serve niente. Quanto Dio è elevato al di sopra dell'uomo, tanto è Dio più pronto a donare di quanto sia l'uomo pronto a ricevere. L'uomo non deve pensare di progredire in una vita buona per il fatto che digiuna molto o compie molte opere esteriori; un segno certo del suo progresso è, invece, l'avere maggiore amore per le cose eterne e maggiore avversione per quelle transitorie. Se un uomo avesse cento marchi e li desse per Dio e fondasse un convento, sarebbe una grossa cosa. Ma io dico: sarebbe molto maggiore e migliore cosa se li disprezzasse in sé per amor di Dio e li guardasse come un nulla. L'uomo deve rivolgere il proprio volere a Dio in ogni opera, ed avere negli occhi Dio solo. E così proceda, e non abbia timore, senza stare a considerare se così va bene per non compiere passi falsi. Infatti, se un pittore, dovendo dare il primo tratto di penna, considerasse tutti gli altri, non concluderebbe nulla. Se qualcuno dovesse recarsi in una città, e stesse a considerare come fare il primo passo, non concluderebbe nulla. Perciò l'uomo deve seguire la prima ispirazione e procedere avanti; allora giunge dove deve, e va bene così(9).




Tratto da Sermoni Tedeschi
A cura di Marco Vannini
Adelphi Edizioni - Milano 1985
Riprodotto su autorizzazione


Vedi Maharaj:
(I1 a pag. 81) Dio non crea una cosa perché serva a un'altra. Ognuna è fatta per il proprio bene, e perciò non interferisce. Utilizzi cose e persone per renderle dipendenti le une dalle altre, e per distruggere il mondo e te.
Vedi Maharaj:
(I2 a pag. 168) Affrontare tutte le vicissitudini della vita è una penitenza sufficiente! Non occorre che ti inventi altri guai. Affrontare gioiosamente qualunque cosa la vita ti porti, è tutta l'austerità che ti occorre.
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(I2 a pag. 178) Il karma, o destino, è l'espressione di una legge benefica: la tendenza universale è all'equilibrio, all'armonia e all'unità. In ogni momento, tutto ciò che accade ora, è per il meglio. Può sembrare brutto e doloroso, un patimento amaro e insensato; tuttavia, rispetto al passato e all'avvenire, è per il meglio, l'unica via d'uscita a una situazione infelice.
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(I2 a pag. 12) Se avessi detto "devo" essere libero, ne avrei fatto un ragionamento. Invece, inaspettatamente, senza sforzo, fui libero.
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(I2 a pag. 65) Naturalmente (se usi la volontà per controllare la mente, non farai che rafforzare l'io). Quando combatti, inviti alla lotta. Ma quando non resisti, non incontri alcuna resistenza. Se ti rifiuti di giocare, sei fuori del gioco.
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(I1 a pag. 170) Fa' ciò che ti senti di fare, senza essere prepotente con te stesso! La violenza potrà solo renderti duro e rigido. Non lottare con quelli che ti sembrano degli ostacoli sulla via. Osservali, indaga. Basta che tu ti interessi ad essi. Lascia che tutto, bene o male, accada. Ma non farti travolgere da ciò che accade.
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(I2 a pag. 143) Ogni maestro ha un metodo, che rispecchia quasi sempre sia l'insegnamento del suo guru, sia la via che egli ha personalmente intrapreso; e anche una particolare terminologia. Dentro questo schema, si fanno gli adattamenti intonati alla personalità del discepolo. Gli si dà piena libertà di pensiero e ricerca, e lo si stimola a interrogare il contenuto del cuore.
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(I2 a pag. 17) Quale che sia la situazione, se è accettata è piacevole; se no, è dolorosa. Non importa che cosa la rende accettabile: la causa può essere fisica, psicologica o di altra natura; ciò che conta è l'accettazione. Inversamente, la sofferenza deriva dalla non-accettazione.
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(I1 a pag. 142) Finché non sarai nel mio stato, avrai Creatori, Preservatori e Distruttori; ma quando sarai con me, conoscerai il Sé e rifletterai te stesso in tutto.
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(I2 a pag. 68) Ciò che possiedi veramente, non puoi perderlo.
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(I2 a pag. 132) Il tuo aver coscienza qui di quello che chiami trasmissione di sapienza, mostra che la sapienza non è stata ancora trasmessa. Quando ce l'hai, non ne sei cosciente. Non poni mente a ciò che è veramente tuo. Invece sei cosciente di ciò che non è né te né tuo. Tuo è il potere della percezione, non ciò che percepisci.
Vedi Maharaj:
(I2 a pag. 100) Prima di tutto convinciti che non sei la persona che credi, e che l'immaginazione ti suggerisce. Non hai padre né madre, non sei nato, non morirai. O credi a ciò che dico, o ci arrivi da te, studiando e indagando. La via della fede incondizionata è rapida, l'altra è lenta e sicura. Ambedue si collaudano con l'azione. Agisci secondo ciò che ritieni vero: per questa via arrivi alla verità.
Vedi Maharaj:
(I2 a pag. 119) Hai volontà ed energia a sufficienza per il primo passo. E ogni passo genererà l'energia sufficiente per il successivo. L'energia viene con la fiducia, e questa con l'esperienza.